Sindrome di Asperger, un limite ma anche un dono
18 febbraio giornata della sindrome di Asperger.A colloquio con l’esperto
Sindrome di Asperger, una malattia ancora poco conosciuta
Sono circa 300 mila i casi diagnosticati di Asperger in Italia, ma il problema riguarda almeno 1,5 milioni di adulti. La sindrome di Asperger, raccontano i freddi testi di medicina, è una disabilità del neurosviluppo che influisce sulla capacità di interagire e comunicare efficacemente con le persone. I trattamenti possono aiutare a gestire le condizioni per le quali non è nota una cura. Non richiede esame di laboratorio o risonanza. Può durare anni o essere permanente ed è più frequente negli uomini. La storia familiare può aumentare le probabilità di contrarla. La sindrome, effettivamente poco conosciuta, sarà ricordata il prossimo 18 febbraio nella giornata mondiale.
Sindrome di Asperger, tanti personaggi famosi di epoche diverse con la sindrome di Asperger
Tanti i personaggi famosi del passato affetti dalla sindrome di Asperger, dal genio del giallo Alfred Hitchcock, all’icona della pop art Andy Warhol, a Charles Dickinson, all’irraggiungibile musicista austriaco Wolfgang Amadeus Mozart, a Virginia Woolf, Nikola Tesla, Albert Einstein, Abraham Lincoln. Tutti personaggi appartenenti ad epoche storiche differenti, ma che hanno dettato il corso degli eventi e della cultura di intere nazioni.
Sindrome di Asperger, la parola alla psicologa Silvia Riboldi
Ne parliamo con la psicologa e psicoterapeuta Silvia Riboldi, consulente del portale Formazione Infanzia di Mustela. Dottoressa esiste ,per la sindrome di Asperger ,una terapia univoca? “Non esiste una terapia univoca, per la cura della sindrome di Asperger, in quanto ogni soggetto presenta delle peculiarità differenti, ma è possibile acquisire delle strategie specifiche e personali per far fronte alle difficoltà che questa sindrome comporta”. Da dove è nato il termine di Asperger? “Il termine fu coniato dalla psichiatra britannica Lorna Wing in una rivista medica risalente al 1981 in onore di Hans Asperger, uno psichiatra e pediatra austriaco. Oggi, la sindrome di Asperger non è tecnicamente più una diagnosi a sé stante: dal 2013 è stata inserita come sottocategoria del disturbo dello spettro autistico (ASD) nel libro di salute mentale “The Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5)”. I sintomi dell’Asperger, seppur difficili da riconoscere, si manifestano già dai primi anni di vita del bambino”.
Sindrome di Asperger, le principali caratteristiche che si evidenziano nei soggetti
Quali sono le caratteristiche principali che evidenziano i soggetti con la sindrome? “Il soggetto è dotato di un buon funzionamento cognitivo, spesso caratterizzato da un alto quoziente intellettivo. Le difficoltà si riversano nei rapporti sociali, nelle abilità comunicative e nella capacità di adattamento in contesti sociali che il soggetto non riconosce come familiari”. Quali i limiti più riconoscibili? “La poca empatia, l’ipersensibilità sensoriale (indossano solo alcuni tessuti, sono infastiditi dai suoni acuti e prediligono solo alcuni alimenti), la bassa elasticità di pensiero (tutto è bianco o nero, non esistono vie di mezzo) e lo sviluppo di fissazioni particolari, sono alcuni dei principali sintomi”.
Sindrome di Asperger, i rapporti sociali di chi ha la sindrome
E questa situazione cosa comporta nei rapporti sociali? “Ne consegue la difficoltà ad interagire con i propri coetanei, soprattutto per i bambini. Istituzioni come la famiglia e la scuola giocano un ruolo fondamentale nell’integrazione dell’individuo all’interno della società. Più che un’educazione al comportamento, i ragazzi devono ricevere un’educazione alle emozioni: avere una teoria della mente significa riuscire ad attribuire stati mentali, credenze, emozioni, desideri, intenzioni e pensieri, a sé e agli altri per spiegare e prevedere la messa in atto di comportamenti. Con le giuste attenzioni, il bambino può imparare a controllare alcune delle sfide sociali e di comunicazione che si trova ad affrontare ogni giorno, a considerare questo disturbo come un dono innato e non come un limite alla realizzazione personale”.