Afghanistan, Scavuzzo: pronti all'accoglienza profughi, ma no fughe in avanti
'Concentrare tutta l'emergenza in un punto non è neanche sostenibile. Per rispondere all'emergenza abbiamo capito che bisogna essere in tanti''
Afghanistan, Scavuzzo: pronti all'accoglienza profughi, ma no fughe in avanti
Dalle associazioni del terzo settore, fino ai privati cittadini, passando per gli esercizi commerciali e le parrocchie: sono tante le realtà milanesi che vedendo ciò che sta accadendo in Afghanistan si sono rese disponibili per accogliere l'eventuale ondata di profughi. In assenza di proiezioni certe su quelle che saranno le dimensioni del fenomeno, la vicesindaco Anna Afghanistan si sta occupando di coordinare le varie disponibilità e di ''costruire il terreno qui in città per riuscire a dare la risposta che siamo in grado di dare al meglio delle nostre possibilità'', ma - avverte in un'intervista all'Adnkronos - ''evidentemente non si può pensare che sia la città di Milano che in Italia si occupa dell'accoglienza degli afghani''. ''Qualora l'Italia desse una disponibilità all'accoglienza dei profughi abbiamo già detto che noi siamo della partita, ma aspettiamo delle istruzioni generali'', spiega Scavuzzo, circoscrivendo la disponibilità di Milano ''all'interno di uno schema'', in cui ''ci stiamo attrezzando e stiamo organizzando quella che è la nostra rete di servizi per fare le nostra parte''.
Attenzione però a non fare ''voli pindarici e fughe in avanti, lavoriamo in squadra e siamo pronti a fare la nostra parte'', anche perché ''concentrare tutta l'emergenza in un punto non è neanche sostenibile. Per rispondere all'emergenza abbiamo capito che bisogna essere in tanti''.
I numeri non si conoscono (''in questo momento - sottolinea la vicesindaco - non so dire se ci prepariamo ad accogliere 35 profughi o 3.500 e quindi se saranno necessarie delle palestre con delle brandine della Protezione civile oppure se avremo bisogno di avere delle accoglienze strutturate), ma le questioni da affrontare sono molteplici. ''Sulla base dell'esperienza che abbiamo maturato in questo ultimo anno e mezzo stiamo valutando anche la risposta dal punto di vista dell'approvvigionamento del cibo, oltre che della gestione delle strutture in cui si farà l'accoglienza'', spiega Scavuzzo, assicurando che ''grazie a un tessuto sociale fatto di famiglie, di esercizi commerciali, di associazioni, di comitati, di parrocchie, di terzo settore organizzato in città abbiamo tanti soggetti attivi e bisognerà capire come verranno ingaggiati''. C'è poi da affrontare una questione di diritto, che ha conseguenze pratiche sul tipo di strutture da attivare: ''Bisogna vedere se li incanaliamo come asilanti o rifugiati politici. Sono questioni che spero non verranno considerate solamente in coda, perché non sono irrilevanti per chi sta pianificando l'accoglienza: che tipo di documenti assegneremo, che tipo di assistenza sanitaria? C'è anche un tema di quarantena e sicuramente ci saranno minori non accompagnati''.
Milano senza ''buttare via l'esperienza degli anni scorsi'', non ha intenzione - dice la vicesindaco - di ''agitarsi per fare la prima della classe'', ma è ''ben disponibile a fare la propria parte in un sistema di accoglienza nazionale coordinato''. Anche nel caso venissero attivati corridoi umanitari, per i quali ''la disponibilità migliore che possiamo dare, al di là di un'adesione a una riflessione, è nella risposta pragmatica di collaborazione''.