La lezione americana di Turco (Pd): “Milano non diventi l’Arizona d’Italia”
L’analisi della sconfitta del Vice Presidente del Consiglio Comunale di Milano: “Negli Usa ha vinto chi andava al McDonald, non coi vip. Il Pd a Milano deve proporre ai suoi corpi sociali scelte di sinistra, non solo parole”. L'intervista
Angelo Turco - Partito Democratico
La lezione americana di Turco (Pd): “Milano non diventi l’Arizona d’Italia”
“La lezione che possiamo trattare dall’America è fare attenzione alle tematiche concrete delle persone”. Angelo Turco, Vice Presidente del Consiglio Comunale di Milano, analizza con lucidità il voto americano, provando a trarre qualche insegnamento per il suo Partito democratico in vista delle elezioni comunali del 2027. “Harris ha perso in Arizona, dove negli ultimi quattro anni ha avuto i costi del mercato immobiliare sono esplosi. Tra chi sfilava coi vip e chi - in modo ipocrita- si faceva fare i video al McDonalds, ha vinto il secondo”. L’intervista.
Vice Presidente Turco, qual è la sua analisi della sconfitta?
Innanzitutto, una premessa. In Italia le elezioni americane vengono lette con scarsa conoscenza della geografia politica degli States. Traslare in Europa quello che succede negli Usa è rischioso. Quello che è certo è che la politica americana segue principi di rappresentanza molto forti. La composizione sociale del voto è molto netta. Al netto di ciò, si è sicuramente riproposta la sottovalutazione di Trump, come nel 2016. Tra chi sul palco faceva passare sfilate di vip di Hollywood e chi - in modo ipocrita, certamente - si faceva fare i video mentre fingeva di servire le patatine fritte al McDonalds, ha vinto il secondo. Ancora una volta, sarebbe servito meno snobismo e più attenzione al mondo reale.
Che lezione può trarre il Partito democratico milanese dalla débâcle di quello americano?
Uno degli stati che Harris ha perso è l’Arizona, dove la capitale Phoenix negli ultimi quattro anni ha conosciuto un forte aumento dei costi immobiliari. Espulsioni, impossibilità di accesso alla casa, indigenza hanno creato una sconfitta. Serve grande attenzione ai temi materiali delle persone, non bisogna farle sentire abbandonate. Vale a Phoenix, come a Milano.
Puntare a sinistra premierà i progressisti nella sfida coi conservatori?
Non è questione di posizionamento. “Liberale” o “progressista” sono categorie che non dicono nulla alle persone. A un milanese sapere se sei di “sinistra-sinistra” o riformista frega pochissimo. Il Pd, soprattutto a Milano, si deve spostare a sinistra non a parole, ma con politiche o soluzioni. Non fare convegni sul socialismo, ma dire che la sanità è pubblica, scuola, più case. In questo, l’America può tornare a essere utile. Bernie Sanders sottolinea da tempo come il Repubblicani non abbiano avuto paura di radicalizzarsi con Trump. Cosa che anche il Partito Democratico deve trovare il coraggio di fare.
Come si fa a far sì che l’elettorato scontento non guardi a destra?
La destra la si mette in crisi quando si è capaci di proporre all’opinione pubblica questioni popolari ed efficaci. In questi due anni, ad esempio, abbiamo visto Meloni in difficoltà sul salario minimo. Bisogna proporre cose che le persone possono capire ed apprezzare, sapendo che dall’altra parte sanno fare molto bene gli interessi dei corpi sociali di riferimento. Penso a balneari, taxi e lobby varie.
Quali sono i corpi sociali che la sinistra a Milano intende come propri?
Guardando il flusso dei voti cittadino, il Pd si mostra come un “partito piglia-tutto”, il che va bene se si vogliono vincere le elezioni. Serve però anche capire su chi puntare per la prossima tornata elettorale. Nel 2017 si chiuderà un capitolo quindicennale di rilancio di Milano, frutto delle giunte Pisapia e Sala, che la sinistra deve rivendicare con orgoglio. Dopo tanti anni di grigiore col centrodestra, la città si è affacciata al mondo, diventando un centro di attrazione internazionale. Dobbiamo rivendicare la modernità di Milano, consapevoli che la prossima pagina da scrivere sarà quella della gestione dei problemi che il rilancio di Milano ha portato con sé, su tutti casa e overtourism.
Le piacerebbe che a scrivere il prossimo capitolo fosse un sindaco civico o politico?
Prima del sindaco, dobbiamo capire a chi ci vogliamo rivolgere e in che maniera. Senza saltare alle conclusioni in maniera troppo semplicistica, ma tenendo conto che entrambe le soluzioni presentano pro e contro. Detto questo, forse è il momento di un sindaco politico, che però deve essere il punto apicale di un più ampio movimento.