Caporalato: da Versace a Ferrè, dopo Armani e Dior: 13 big del lusso a rischio

I "grandi marchi" mostrano "una generalizzata carenza di modelli organizzativi" che "agevolano colposamente" il caporalato

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Dior Negozio
Milano

Caporalato: da Versace a Ferrè, dopo Armani e Dior: 13 big del lusso a rischio

Dopo Alviero Martini spa, Armani Operations e Manufactures Dior, sono almeno altri 13 i brand del lusso mondiale e del fast fashion che rischiano di finire nel mirino della Procura di Milano per non aver impedito il caporalato lungo le proprie filiere. È quanto emerge  - secondo quanto riporta l'agenzia LaPresse - dagli atti delle tre inchieste sugli opifici cinesi clandestini, situati in Brianza e nel milanese, condotte dal Nucleo ispettorato lavoro dei carabinieri di Milano e coordinate dai pubblici ministeri Paolo Storari e Luisa Baima Bollone, che hanno portato il tribunale di Milano a disporre l'amministrazione giudiziaria per i tre marchi. L'azienda "dove lavoravo - ha messo a verbale un testimone - assemblava cinture dei noti marchi Zara, Diesel, Hugo Boss, Hugo Boss Orange che è la prima linea della Hugo Boss, Trussardi, Versace, Tommy Hilfiger, Gianfranco Ferré, Dolce & Gabbana, Marlboro e Marlboro Classic, Replay, Levis".

Anche il direttore del prodotto di Alviero Martini spa, interrogato, ha confermato che non si tratta di episodi isolati. Lui si sarebbe affidato al fornitore cinese Crocolux di Trezzano sul Naviglio perché "è appaltatrice anche di numerosi marchi del lusso mondiale" e offre un "eccellente livello qualitativo". In quella azienda, il 25 maggio 2023 un 26enne originario del Bangladesh è morto schiacciato da una macchina per tagliare la pelle al suo "primo giorno di lavoro in nero" dopo "20 minuti". I pubblici ministeri già lo scrivono nella richiesta di commissariamento di fatto indicando il futuro delle indagini che sono solo all'inizio.
 

Caporalato: "generalizzata carenza di modelli organizzativi"

I "grandi marchi"  - continua LaPresse - mostrano "una generalizzata carenza di modelli organizzativi" che "agevolano colposamente" il caporalato. Fra gli investigatori c'è chi si augura che le aziende agiscano autonomamente e in via preventiva per sanare la situazione, ma potrebbe essere meno facile del previsto. La stessa Manufactures Dior, il ramo operativo italiano di produzione di articoli da viaggio, borse e pelletteria del brand d'alta moda commissariata per un anno lunedì, il 3 giugno 2024, quindi prima di finire in amministrazione giudiziaria, ha provato a correre ai ripari. Ai giudici del collegio Pendino-Cucciniello-Spagnolo Vigorita della sezione misure di prevenzione è pervenuta una "memoria con allegati" depositata al Tavolo Tecnico per il "contrasto del caporalato" nella moda istituito con le aziende presso la Prefettura di Milano dopo che le inchieste sono diventate di dominio pubblico. Nel documento vengono descritti nuovi "modelli organizzativi" avviati in proprio da Dior.

Frode fiscale con fatture per operazioni inesistenti

Iniziativa "apprezzabile", scrive il tribunale, ma che "necessita di essere validata" da giudici e dall'amministratore giudiziario, in particolare dopo che gli inquirenti hanno acceso i fari sullo sfruttamento, i dormitori abusivi per gli operai, igiene "sotto minimo etico", frodi fiscali-contributive lungo la filiera e dispositivi di sicurezza dei macchinari tessili spenti o manomessi. Nel frattempo, i carabinieri approfondiscono i profili del nuovo strumento 'scoperto' per abbattere il costo del lavoro: i distacchi schermati da società "ombra". Si tratta di un metodo con cui un'azienda assume formalmente gli operai, emette fatture nei confronti della committente e contemporaneamente distacca i lavoratori presso un'altra imprese dove materialmente lavorano. Gli "oneri retributivi, contributivi e assicurativi" rimangono in capo alla prima società che non li versa a Inps e Inail, così il lavoratore costa meno. L'ipotesi di reato è frode fiscale con fatture per operazioni inesistenti, come già contestate dalla Procura di Milano nel settore della logistica, grande distribuzione e istituti di vigilanza, portando anche a sequestri preventivi per circa mezzo miliardo di euro negli ultimi anni.