Cosa si muove nel mondo cattolico-democratico. Da Milano un nuovo percorso?

L'area cattolica che si orienta verso il centro sinistra è in fermento. Ci sono le elezioni di Milano nel 2027 ma anche una nuova voglia di protagonismo a livello nazionale

Di Pier Vito Antoniazzi
Duomo di Milano
Milano

Cosa si muove nel mondo cattolico-democratico. Da Milano un nuovo percorso?

L’area cattolica che si orienta verso il centro sinistra è in fermento e per questa ragione gode di una notevole attenzione della stampa (e forse dell’opinione pubblica). Prima un dibattito (piuttosto campato in aria) su una possibile “Margherita 2” e su un possibile leader “federatore” (fino a rievocare Rutelli). Poi a luglio le “settimane sociali della Chiesa” a Trieste (che esistono dal 1907 e hanno avuto 50 edizioni, senza aver mai suscitato una tale eco sui media) con la partecipazione di Mattarella, del cardinale Zuppi e del Papa. Ora l’enfasi su un possibile ruolo di Ernesto Maria Ruffini, dimissionario dalla Agenzia delle Entrate e “benedetto” da Prodi e da Mattarella. E infine un convegno a Milano promosso da Graziano Del Rio per lanciare un nuovo soggetto cultural-politico denominato “Comunità Democratica”.

L'augurio del Santo Padre: "Vi auguro di essere artigiani di democrazia"

Che succede? Come interpretare? Quali strade si intendono percorrere? Forse non lo hanno chiaro nemmeno i promotori, ma provo a fare qualche ipotesi. Il successo del convegno di Trieste non è legato solo alla necessità di riempire le cronache politiche nei mesi estivi. La presenza di Mattarella, i discorsi del Card. Zuppi e di Papa Francesco su “l’amore politico”, la necessità dell’impegno dei cristiani in politica e nelle istituzioni, l’enfasi sulla partecipazione, la democrazia, la Costituzione hanno dato l’idea che sia in atto una svolta rispetto al distacco dalla politica praticata imposto dalla CEI del cardinal Ruini.

Il Santo Padre ha concluso il suo discorso ai partecipanti al termine del convegno con un augurio originale: “Vi auguro di essere artigiani di democrazia e testimoni coraggiosi di partecipazione”. Molto scalpore hanno destato poi gli incontri avvenuti durante la settimana di Trieste tra numerosi partecipanti impegnati nelle istituzioni locali (in modo politico trasversale, anche se con prevalenza di esponenti di centro sinistra). La domanda della stampa sul senso dell’iniziativa è stata riscontrata dal portavoce della conferenza con un neutrale: “Si sono autoconvocati”. (come a dire “né aderire, né sabotare!”).

In realtà il “nuovo corso” della CEI si era espresso in “piccoli” cambiamenti “dal basso” rivelatisi più significativi di quanto previsto. Alle Diocesi era stata data indicazione di formare delegazioni con il 50% di donne ed il 30% di giovani. Molte sono state in difficoltà ma non hanno potuto sottrarsi alla regola, pena la non partecipazione. Non tutte le diocesi hanno invitato persone con ruoli istituzionali (non lo ha fatto la Diocesi Ambrosiana per esempio, i cui politici presenti sono venuti a proprie spese e di propria iniziativa). In secondo luogo si è imposto un tempo massimo per gli interventi: 5 minuti (ai Vescovi come a giovani sconosciuti…).

Tutto ciò ha reso il dibattito più democratico, vivace, meno rituale e ingessato. L’iniziativa del 18 gennaio a Milano cerca di incanalare questo spirito. Anche nella scelta del nome di “Comunità” che era una delle visioni proposte dal Cardinale Zuppi come indirizzo “creare relazioni, vivere la solidarietà, far prevalere il noi sull’io per il bene comune del Paese”. L’iniziativa di Milano è dunque azzeccata nei tempi e nello spirito del tempo.

L'area cattolica del Pd nuove farsi sentire anche sul piano nazionale

Resta una ambiguità che forse è nelle cose. Un primo comunicato di annuncio dell’iniziativa parlava di “dentro e fuori il PD” facendo pensare a una ipotesi di “cosa bianca”. In realtà il nome “Comunità Democratica” rimanda a una componente piuttosto interna al PD. È comprensibile che l’area cattolica nel PD, dopo un inizio di complementarietà (Bindi, Letta, Franceschini)e una stagione di leadership con Matteo Renzi, cerchi di farsi sentire anche come componente che vuol essere riconosciuta non solo nelle elezioni locali (specie le più difficoltose, in cui “riesce a fare la differenza” come Verona, Vicenza, Monza, o l’Umbria) ma anche sul piano nazionale.

Il convegno (fortemente voluto e promosso dagli esponenti di area lombardi) però oltre allo sfoggio di amministratori locali (come a dire “Ci siamo”) ha il merito di aprire a altri interlocutori come Paolo Ciani, segretario di Demos (che sta fuori e dentro il PD, con una autonomia reale capace di sostenere con successo Tarquinio alle elezioni europee) o Emiliano Manfredonia (recentemente rieletto Presidente nazionale Acli) o ancora come intellettuali “di visione” del calibro di Elena Granata e Leonardo Becchetti.

Non mancano due padri nobili come Pier Luigi Castagnetti e Romano Prodi e la nuova “stella” Ernesto Maria Ruffini. Insomma, la voglia di pesare nel PD non esclude l’attenzione a ciò che si muove nella società italiana e implica la ricerca di strade efficaci per parlare al Paese e riportare alla fiducia e alla speranza miriadi di elettori, delusi da una politica a volte afona e a volte urlatrice ma comunque distante dal paese reale, più spesso rivolta al passato, a raccogliere bandiere cadute, anziché essere desiderosa di proporre innovazione sociale. Non va dimenticata la concorrenza della destra che raccoglie nel mondo cattolico (anche politico) più di quanto si crede.

Verso le elezioni milanesi del 2027: il Pd punterà nuovamente su un papa straniero?

Molti politici (o loro figli e nipoti) di formazione democristiana stanno oggi comodamente in Fratelli d’Italia. Ma può il PD da solo portare al voto e sottrarre al fascino del centro destra “vincente” gli elettori che non credono in questo bipolarismo muscolare? Ma il “partire da Milano”, dove tra due anni si vota e al momento Sala non è ricandidabile, riporta al dilemma della leadership. Da più di venti anni il centrosinistra sceglie come candidato “un papa straniero” ovvero non un rappresentante del principale partito (DS prima, PD dopo).

Sarà la volta del PD? O si preferirà un candidato civico “di alto profilo” magari con annessa lista del sindaco? Il mondo cattolico sarà della partita? Ma il tema principale per i cattolici, specialmente da quando non esiste più la “scuola” della democrazia cristiana, è comprendere come passare dal sociale al politico.  Manca la capacità di esprimere proposte convincenti nuove e di saperle fare avanzare con un mix di forza, alleanze, consenso. Cioè la capacità di pesare politicamente. Comunità Democratica saprà “egemonizzare” (almeno su qualche proposta) il centrosinistra?

Le quattro sfide all'orizzonte

Quattro sfide potrebbero essere imminenti. Quella sul diritto di cittadinanza che potrebbe andare a referendum (esito del quesito a febbraio) ma che forse avrebbe bisogno di una mediazione positiva per migliaia di “nuovi italiani”. Si intesteranno questa battaglia Forza Italia e Marina Berlusconi? Quella della proposta di legge della Cisl (già approvata in commissione) sulla partecipazione dei lavoratori alle scelte aziendali. Ci troveremo con una legge sulla partecipazione dei lavoratori alle scelte aziendali approvata da un governo di centrodestra? Non vorremmo proprio rivivere la storia dello statuto dei lavoratori che il PCI non votò perché proveniente da un ministro socialista. La sfida dei salari, che passa dal reddito minimo, ma anche da un riconoscimento di contrattazioni locali e da nuove forme di welfare. Infine l’autonomia differenziata che può determinare una mobilitazione nel paese, anche nelle chiese locali e che può segnare una cesura tra governo Meloni e opinione pubblica.

Di Pier Vito Antoniazzi – segretario DEMOS Milano

 

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