Diabete, rivoluzionaria scoperta sulle cellule pancreatiche

Grazie alla rivoluzionaria scoperta dei ricercatori dell'Università Statale di Milano potranno essere messi a punto nuovi farmaci contro il diabete

Milano
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Diabete, ecco cosa porte alla morte delle cellule pancreatiche

Una ricerca sviluppata dai ricercatori del Centro di Ricerca Clinica Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi dell'Università Statale di Milano in collaborazione con altri centri tra cui l’Università di Pisa e la Harvard Medical School di Boston, con la professoressa Francesca D'Addio, docente di Endrocrinologia alla Statale, come primo autore, ha identificato un meccanismo determinante nella perdita di beta cellule in corso di diabete, scoprendo come disattivarlo farmacologicamente.  I risultati del lavoro sono stati appena pubblicati sulla rivista internazionale Nature Communications, una delle più prestigiose in ambito di medicina sperimentale con applicazione clinica.

Gli scienziati hanno individuato quale fattore determinante per la morte delle cellule pancreatiche il malfunzionamento della interazione tra due recettori - asse IGFBP3 e TMEM219 - scoprendo che il blocco farmacologico dell’asse è in grado di proteggere le beta cellule pancreatiche dalla morte cellulare e di prevenire l’insorgenza di diabete in modelli murini. Questo risultato è stato confermato dall’inibizione genetica selettiva di TMEM219 sulle beta cellule pancreatiche in vivo, che consente di preservare e proteggere la massa beta cellulare in corso di diabete. IGFBP3 si comporta quindi come una “betatossina” la cui produzione aumenta nella malattia diabetica ed è responsabile in parte della perdita di cellule beta insulino-secernenti.

Diabete, danni ed effetti sulle cellule pancreatiche

“Il nuovo asse che abbiamo individuato è in grado di controllare il destino delle cellule beta pancreatiche e modulare la loro sopravvivenza”, afferma Paolo Fiorina, docente di Endocrinologia alla Statale e direttore del Centro di Ricerca Internazionale sul Diabete di Tipo 1 presso il Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi. “Lo studio mostra come questo meccanismo attivato a livello del pancreas endocrino sia in grado di controllarne la funzione, soprattutto per quanto riguarda le cellule producenti insulina. La presenza di un aumento di IGFBP3 in circolo in pazienti affetti da malattia diabetica suggerisce che questo fattore possa funzionare come una tossina per la cellula beta pancreatica in corso di diabete, che interagendo con il recettore espresso sulla superficie delle beta cellule TMEM219 ne determina la morte.

Il malfunzionamento del segnale IGFBP3/TMEM219 porta quindi alla perdita di cellule beta che producono insulina e contribuisce quindi al danno beta cellulare che si sviluppa in corso di diabete. Infatti, l’inibizione genetica e farmacologica dell’asse in questione è in grado di preservare la massa beta cellulare, di prevenire l’apoptosi della beta cellula e l’insorgenza della malattia in vivo in modelli murini per lo studio della malattia diabetica. La possibilità di ristabilire il controllo dell’omeostasi beta cellulare e prevenire la perdita di beta cellule è di straordinaria importanza per i pazienti affetti da diabete, soprattutto coloro che soffrono di diabete di tipo 1 in cui la distruzione è massiva e rapida e costringe alla necessità di terapia con insulina”, continua il professor Fiorina.

Diabete, passi avanti per formulare nuovi farmaci

“Il blocco del danno indotto dall’attivazione dell’asse IGFBP3/TMEM219 rappresenta un’opzione terapeutica di grande rilevanza clinica nel mondo diabetologico e che ha le sue basi nello sviluppo farmacologico di composti volti ad inibire l’azione tossica di IGFBP3 sulla massa beta cellulare” aggiunge la professoressa D’Addio, ricercatrice al Centro di Ricerca Internazionale sul Diabete di Tipo 1 presso il Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche "L. Sacco".