Ecco perché la consultazione su San Siro è un passaggio a vuoto. L'analisi

Stanche di attendere, Milan e Inter ingaggiano Bonomi. Un messaggio chiaro: lo stadio a Sesto si può fare. La replica di Milano? Una inutile consultazione

Fabio Massa
Stadio San Siro
Milano
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Ecco perché la consultazione su San Siro è un passaggio a vuoto. L'analisi

Facciamo un po' di ordine sulla questione San Siro, per grandissime linee. Una sorta di bigino minimo. Le squadre decidono che per rendere sostenibile la loro esistenza economica occorre uno stadio di proprietà. Roba normale. Fanno una valutazione e capiscono che ci vuole una struttura nuova con tutte le costruzioni di fianco. Perché? Perché gli stadi nuovi sono investimenti immobiliari. Vanno dal Comune, che in quel momento è pacifico: ogni anno le squadre gli versano 10 milioni di euro di canone e 10 milioni di euro in ristrutturazioni. Il Comune si agita, ovviamente. Toccare il Meazza? Succederà un casino. E infatti succede un casino. Le squadre provano a convincere che si tratta di un'operazione che fa bene a un quartiere degradato, ma si muovono diciamo non benissimo. Intanto si avvicinano le elezioni, e Beppe Sala congela più o meno tutto: troppo divisivo un Meazza sì Meazza no. Nel frattempo le squadre ricorrono alla Legge Stadi (sciagurata, e di impossibile attuazione) per saltare proprio il Comune. Ma la burocrazia vince sempre, e si finisce nel pantano.

Stadio, alla parola "dibattito" Milan e Inter perdono la pazienza

Passano i mesi, uno dopo l'altro, e intanto sale il nervosismo delle squadre, mentre i Verdi - che peraltro è il partito del sindaco - invocano il dibattito pubblico. Alla parola dibattito le squadre impazziscono di rabbia: ma come è possibile? C'è una legge che di fatto dovrebbe esautorare il Comune, ma non è così, e il Comune pure vuole perdere altro tempo facendo un dibattito pubblico che con tutta probabilità vedrà vincere il no al nuovo stadio perché in questi referendum vincono sempre i no? Allora Paolo Scaroni prende Beppe Bonomi da Milanosesto. L'arrivo del manager è significativo: Bonomi ha sviluppato l'area delle ex Falck, a Sesto San Giovanni. Tanto spazio, una fermata della metro, possibilità di fare palazzi e parcheggi e parco, amministrazione non amica ma amicissima. Il non detto è chiaro: quell'area è buona, e non è una minaccia. Se la prima scelta, ovvero San Siro, non va in porto, allora ricorriamo alla seconda che pure non è tanto seconda, è validissima. Ma intanto continua la questione della consultazione della città. E il sindaco alla fine dice che ci sarà, ma non sarà decisiva o vincolante. Che cosa vuol dire? Che i cittadini potrebbero dire di no allo Stadio e il Comune comunque dire sì? E allora che senso ha farla? O che i cittadini sono chiamati ad esprimersi su questioni "laterali" del progetto e non sul progetto in sè? E se così fosse, perché perdere tutto questo tempo per questioni "laterali"?

Stadio San Siro: errori delle squadre, ruggini politiche e burocrazia inaccettabile

La verità è che sulla vicenda dello Stadio, tra errori delle squadre (legge Stadi in primis), vecchie ruggini politiche (mica penserete che il verde Monguzzi rompe le scatole al verde Sala senza ragioni personali, vero?), lungaggini inaccettabili, si sta producendo un'immagine di Milano che non corrisponde alla sua essenza: pratica, efficace, intelligente.

fabio.massa@affaritaliani.it

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