Fine vita in Lombardia: il centrodestra blocca la legge regionale, Gallera (FI) si sgancia e vota con l’opposizione: "Liberale e non mi nascondo’”

La commissione respinge la proposta dell’associazione Coscioni: per la maggioranza è materia statale, non regionale

Milano

Fine vita in Lombardia: il centrodestra blocca la legge regionale, Gallera (FI) si sgancia e vota con l’opposizione: "Liberale e mon mi nascondo’”

Il progetto di legge sul fine vita in Lombardia, presentato dall’associazione Luca Coscioni, ha trovato un brusco stop in commissione. Con la maggioranza del centrodestra che ha votato contro, è stato approvato un parere negativo che attribuisce la competenza esclusiva allo Stato, precludendo quindi alla Regione la possibilità di legiferare in materia. Il relatore di maggioranza, Matteo Forte (Fratelli d’Italia), ha sostenuto che la questione superi l’autorità regionale, per cui sarà avanzata in aula una “questione pregiudiziale di incostituzionalità”. In questo modo, la proposta potrebbe essere archiviata senza dibattito, una decisione che ha scatenato le reazioni dell’opposizione.

Una voce dissidente all’interno del centrodestra è stata quella di Giulio Gallera, consigliere di Forza Italia, che ha deciso di votare a favore del provvedimento insieme alle opposizioni: “Sono un liberale e non mi nascondo – ha affermato Gallera – in una questione così importante credo si debba dare ascolto alle persone, non evitare la discussione”. La proposta si concentrava sulla regolamentazione regionale delle procedure sanitarie per garantire tempi certi e procedure sicure alle persone in condizioni irreversibili, desiderose di accedere al suicidio assistito, un diritto riconosciuto dalla Corte costituzionale. Tuttavia, la maggioranza non ha ritenuto di avere competenza per intervenire.

L’opposizione accusa: "Scelta che tradisce la sofferenza dei cittadini"

Il Partito Democratico, attraverso la voce della consigliera Carmela Rozza, ha espresso forte disappunto per l’esito della votazione. “Il Pd ha fatto di tutto per unire diverse sensibilità, cercando di migliorare la proposta dell’associazione Coscioni e arrivare a una legge che tuteli chi soffre – ha dichiarato Rozza – ma il centrodestra ha scelto di non decidere, preferendo mettere la testa sotto la sabbia. Hanno rinunciato a prendere una posizione per paura di divisioni interne, lasciando così sole le persone che vivono situazioni disperate, senza offrire loro la possibilità di autodeterminarsi sul fine vita”.

A criticare l’azione della maggioranza è anche Emilio Del Bono, vice presidente del consiglio regionale per il Pd, che ha ribadito come la Regione sia perfettamente competente in materia di sanità. “La Consulta è stata chiara: tocca al servizio sanitario nazionale, e dunque alle Regioni, garantire l’accesso al suicidio assistito per le persone che soddisfano precisi requisiti – ha spiegato Del Bono – noi abbiamo cercato di aggiungere ulteriori garanzie, proponendo emendamenti che limitassero il provvedimento ai maggiorenni e offrissero ai medici la possibilità di obiezione di coscienza, ma la maggioranza ha respinto tutto”.

Cappato a Fontana: “Non volti le spalle al Diritto di partecipazione”

Anche Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Coscioni, ha preso una posizione decisa, rivolgendo un appello al presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana: “Mi auguro che il presidente Fontana voglia essere coerente con quanto dichiarato in passato – ha affermato Cappato – non abbiamo mai preteso che la giunta lombarda sostenesse la nostra proposta, ma ci era sembrato di percepire la volontà di Fontana di non ignorare la sofferenza di questi pazienti e i rischi legali in cui incorrono medici e familiari. Fontana faccia da garante per i diritti di partecipazione e si impegni a sostenere un dibattito sul merito della proposta”.

Per Cappato, l’argomentazione della mancanza di competenza regionale è “palesemente infondata”, ricordando che “sono stati gli stessi direttori sanitari di Regione Lombardia a definire delle linee guida per affrontare questa delicata questione”. E aggiunge che l’associazione Coscioni ha già collaborato con altre Regioni, dimostrando che l’intervento è possibile anche a livello locale. “Fontana potrebbe difendere l’autonomia sanitaria della Lombardia e garantire i diritti dei cittadini a una partecipazione attiva e informata”, ha concluso Cappato.

Il Patto Civico: “Una maggioranza che volta le spalle ai diritti”

Secondo Michela Palestra e Luca Paladini, consiglieri del Patto Civico, la decisione del centrodestra è una “scelta ipocrita” che ignora “un diritto sancito dalla Corte costituzionale”. “Dopo decenni di lotte per l’autonomia regionale, oggi la maggioranza abdica al proprio ruolo senza nemmeno entrare nel merito della proposta, lasciando le persone sole, in balia di incertezze legali e senza un supporto istituzionale”, ha affermato Palestra.

Anche Nicola Di Marco, capogruppo del Movimento 5 Stelle, ha insistito sul dovere dei consiglieri di rispondere ai cittadini. “Abbiamo il dovere di non voltare le spalle, non solo a chi ha firmato la legge, ma anche a chi, nella sofferenza, attende risposte chiare”, ha dichiarato Di Marco. “Come rappresentanti istituzionali abbiamo la possibilità di essere migliori dei partiti che rappresentiamo. È il momento di assumerci questa responsabilità”.

I requisiti del suicidio assistito e la situazione in Lombardia

L’accesso al suicidio assistito è regolato in Italia dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale, che stabilisce quattro condizioni necessarie: irreversibilità della patologia, sofferenza fisica o psicologica ritenuta intollerabile dal paziente, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e capacità del paziente di prendere decisioni consapevoli. Nel 2024 la Consulta ha chiarito che anche l’assistenza fornita da caregiver può rientrare nel concetto di sostegno vitale, rafforzando il ruolo del sistema sanitario regionale in queste decisioni. In Lombardia, secondo quanto riportato in commissione, il sistema sanitario regionale impiega attualmente circa 90 giorni per verificare le condizioni dei pazienti, un processo che la proposta di legge puntava a ridurre a 20 giorni, offrendo così un supporto tempestivo e definito per i pazienti.

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