Gergiev e il sindaco di Milano: una questione filosofica aperta. Il commento

Il caso Gergiev e il dilemma: è meglio chiedere all'arte di schierarsi con la politica oppure di non essere parte delle contese politiche?

di Fabio Massa
Una scena de La Dama di Picche (ph. Brescia e Amisano, copyright Teatro alla Scala)
Milano
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Il sindaco Beppe Sala ha spiegato che se il direttore d'orchestra Valery Gergiev non pronuncerà parole chiare contro Putin e contro l'invasione russa il Teatro alla Scala interromperà immediatamente la collaborazione con lui. La questione è interessante. Da una parte c'è la richiesta da parte di un committente - perché questo Beppe Sala è, da un punto di vista anche formale, essendo il presidente della Fondazione del Teatro - di esprimere un atto di condanna rispetto all'invasione ingiustificata dell'Ucraina. Pare una cosa assolutamente giusta: in troppi, per tornare indietro al nazismo, si schierarono con il regime senza dotarsi di pensiero critico. Dunque, essendo quella di Putin una azione criminale, chi non la condanna è passibile di biasimo, e con chi non condanna i criminali non si lavora. Il pensiero ha una sua logica.

Dall'altra parte, però, se non avessimo avuto il mecenatismo degli imperatori, dei regimi totalitari (come la Chiesa e il suo potere temporale, tanto per dire una cosa disturbante), dei principi e dei sovrani, praticamente tutta la cultura non esisterebbe. Di più: anche nel mondo attuale, se non ci fosse il mecenatismo di ricchi controversi, di imprenditori anche con le mani coperte di sangue, di autocrati, molta dell'arte (in tutte le sue forme), non esisterebbe. Lo stesso Gergiev senza Putin non avrebbe potuto fare nulla, e citare Rostropovic non aiuta: contesti diversi, realtà diverse, portata diversa anche economica. Non ci scordiamo, peraltro, che per un Rostropovic l'Unione Sovietica ha prodotto centinaia di geni degli scacchi, delle arti, della scienza. Eppure era un regime dispotico.

Non c'è una soluzione, a questo dilemma. O si chiede all'arte di schierarsi con la politica, anche laddove sembra più semplice, come in questo caso, dove c'è un aggressore e un aggredito, dove c'è un potente che aggredisce un debole. Oppure si chiede all'arte di non essere parte delle contese politiche, e a volte di sfruttare la politica. E allora non si può chiedere di non lavorare per Papi (alcuni, nel cinque e seicento, erano davvero tremendi, eppure i grandi capolavori sono nati allora), per tiranni, per despoti. Come dicevo, non c'è soluzione a questo dilemma che - forse inconsapevolmente - Beppe Sala ha il merito di riproporci nell'attualità.

fabio.massa@affaritaliani.it