Gorini (capogruppo Europa Verde): “Milano città 30 impossibile? Per noi no”

Più dialogo tra la task force e la consulta e una vera road map per la mobilità sostenibile. E su San Siro: “Se il Comune impone delle regole deve rispettarle"

Eleonora Bufoli
Tommaso Gorini
Milano

Gorini (capogruppo Europa Verde): “Milano città 30 impossibile? No”

“Noi non crediamo che sia impossibile, ci sono tanti esempi, non solo in giro per l’Italia ma anche per il mondo”. Per Tommaso Gorini, il nuovo capogruppo Europa Verde Sala sindaco, sentito da Affaritaliani.it Milano, rendere Milano una città a 30 km orari è possibile. Questo limite di velocità è diventato da poco obbligatorio nel centro urbano di Bologna, città amministrata da Matteo Lepore (Pd). La convinzione di Gorini non è condivisa dal sindaco Giuseppe Sala che ha bocciato il modello Bologna e ha definito “impossibile” applicarlo a Milano. Non servirebbe estendere un unico limite di velocità a tutta la città – secondo il primo cittadino - ma creare delle zone 30, da implementare grazie al lavoro della task force di esperti chiamati a trovare “formule giuste”.

Milano città 30, è possibile?
Certamente, come dimostrano altri casi anche fuori dall’Italia. Non solo città del Nord Europa, come Bruxelles e Amsterdam, ma anche città più vicine come Barcellona si stanno muovendo verso questa direzione. Noi crediamo che sia possibile implementarla anche a Milano. Da qui a dire che vale esattamente quello che ha fatto Bologna anche per Milano ce ne passi. Si può pensare un percorso che porti a un allargamento progressivo della città 30. Però quello che vorremmo vedere dall’amministrazione è una road map, un percorso chiaro, politico, considerando che abbiamo ancora tempo a disposizione per fare scelte politiche. Pensare una road map che ci porti a mettere in piedi anche a Milano questo modello, con i tempi e i modi di una città complessa e grande. E con un percorso di accompagnamento alla cittadinanza per far capire l’importanza di ridurre il limite. Anche qui a Milano è in corso da tempo una riflessione su città 30, noi ci siamo sempre messi in prima linea. Un anno fa abbiamo sottoscritto come maggioranza un ordine del giorno che chiedeva che anche a Milano si arrivasse alla città 30.

E il Comune cosa sta facendo?
Ha messo in campo il lavoro degli esperti della task force. È uno strumento importante, gli esperti servono ma serve anche un confronto tra la task force e la parte politica: basti pensare che Milano ha la consulta per la mobilità attiva e servirebbe un confronto tra i membri della task force e quelli della consulta. Serve un vero impegno politico e delle azioni da implementare, quelle della task force sono solo indicazioni.

Voi come gruppo cosa proponete?
Stiamo cercando di fare iniziative e azioni propedeutiche, come riportare a Milano un’iniziativa che era molto apprezzata dai cittadini e utile per far capire i danni di una città soffocata dalle auto: le domeniche a piedi. Ricordiamo che Milano ha il doppio delle auto per cittadino delle grandi metropoli europee con cui si confronta. C’è una parte di società civile che spinge per ripotare i temi della mobilità sostenibile al centro del dibattito politico. C’è anche una parte più restia e spaventata al cambiamento e dobbiamo essere capaci di spiegare le scelte e prenderci le nostre responsabilità politiche.

I cittadini sono molto attivi anche su un altro fronte: lo stadio Meazza. I residenti di San Siro, rappresentati dal Coordinamento Tutela Cintura Urbana di Milano-Parco Ovest lamentano che la giunta comunale non sta rispettando la sua stessa delibera: questa estate ci saranno sovrapposizioni tra i concerti allo stadio e ai due ippodromi La Maura e Snai San Siro, senza i due giorni di pausa tra gli eventi. Se il Comune non risponderà, dopo l’assemblea pubblica del prossimo 1 febbraio faranno ricorso al Tar.
È inoppugnabile quanto i cittadini lamentano: se il Comune impone delle regole deve essere in grado di farle rispettare. È una situazione che vivo in prima persona, sono tra i residenti e sono un rappresentante politico di questi gruppi di cittadini, so cosa significa concentrare tutti i concerti in quartieri residenziali e far arrivare le macchine che non si sa dove metterle. Stiamo lavorando per evitare almeno le sovrapposizioni nel rispetto di quei giorni. Consapevoli che non risolve il problema di concentrare tutti i concerti in questa area e il lavoro in prospettiva deve andare avanti, non coinvolgendo solo il Comune che ha margine limitato. Dal punto di vista organizzativo, la parte del leone è del comitato che fa capo alla Prefettura, che ha il diritto di stabilire le capienze per i concerti. Come amministrazione proviamo a confrontarci con una questione complessa dove le competenze sono spezzettate. Però ciò che il Comune può fare per farsi rispettare, lo deve fare. Noi crediamo che ci sia ancora margine per un intervento, speriamo che non si arrivi al ricorso al Tar. Faremo pressione perché si riesca a trovare una quadra.

Il prossimo 31 gennaio lo stadio Meazza sarà al centro della commissione consiliare per discutere del progetto di ristrutturazione.
Il progetto di ristrutturazione, con 300 milioni di euro e un quarto dei costi stimati per l’eventuale demolizione e ricostruzione, riconosce che questa può essere la quadra. Un anno fa nel dibattito pubblico avevamo portato questi elementi. Avevamo già chiesto che bisognava guardare oltre le squadre. L’errore del Comune è stato fin da allora quello di interfacciarsi solo con loro. Questo mette il Comune in una posizione di debolezza, obbligandolo a fare quello che vogliono le squadre.

Qual è il futuro del Meazza?
Chiediamo da tempo di fare un bando di gara internazionale aperto a manifestazioni di interesse di qualunque tipo, anche alle squadre ma non esclusivamente alle squadre in modo da aprire una vera competizione e capire se c’è un interesse per quella struttura. Ovviamente l’auspicio è che siano Milan e Inter a restare però siamo aperti a offerte migliori, a progetti che possano anche andare incontro anche alle necessità legittime del proprietario che è il Comune di Milano, evitando che lo stadio sia ostaggio solo delle squadre.

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