Carol Maltesi, i giudici di Milano: uccisa perché donna
Da da 30 anni all'ergastolo la condanna per Davide Fontana, bancario 45enne che uccise l'ex fidanzata 26enne a Rescaldina
Carol Maltesi, i giudici di Milano: uccisa perché donna
Carol Maltesi è stata "uccisa per un costante filo rosso, quasi un denominatore comune di delitti omologhi e della stessa indole: perché non era un uomo ma una donna", punita con "intento vendicativo" perché cercava "la sua indipendenza, economica e personale". Lo scrive la Corte d'Assise d'appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui, il 21 febbraio, ha portato da 30 anni all'ergastolo la condanna per Davide Fontana, bancario 45enne che l'11 gennaio 2022 uccise l'ex fidanzata 26enne a Rescaldina. Una "barbarie" in cui i giudici di secondo grado hanno riconosciuto le aggravanti della premeditazione e della crudeltà.
Caso Maltesi, i giudici: ormai troppe perizie psichiatriche
In "tutti i casi giudiziari che si connotano per ferocia, gratuità dell'efferatezza, inumanità dell'azione", o quando "quest'ultima sembra sfuggire all'universo logico" e alla "comprensione degli eventi umani", è "divenuta consuetudine disporre perizia psichiatrica" e il "caso Fontana-Maltesi", che si è distinto "per la barbarie impiegata" nell'omicidio e nell'occultamento del cadavere, "non poteva sfuggire a siffatto costume processuale". E' l'osservazione critica contenuta nelle quasi 100 pagine delle motivazioni della Corte d'Assise d'appello di Milano della sentenza con cui è stato condannato Fontana. I giudici fanno notare che ormai nei processi si dispongono perizie per valutare eventuali vizi di mente "non solo quando siano palesi" i "sintomi di un disturbo psichico", per "doverosamente" procedere ad "un accertamento diagnostico" e non "infliggere la reclusione" ad un "malato psichico". Ormai le perizie vengono effettuate, si legge ancora, in tutti quei "casi nei quali appaiono insufficienti ed inadeguate le risposte razionali e, dunque, sembrano sempre inappropriate le risposte sanzionatorie". Il "risultato" nel processo a Fontana "è stata la piena capacità di intendere e di volere" dell'imputato, "a tal punto scontata da non essere posta in discussione (clinica)".