Il meraviglioso paradosso di El Greco in mostra a Milano

Il primo grande pittore spagnolo della modernità, nato a Creta e formatosi in Italia: artista in anticipo rispetto al suo tempo. La mostra a Palazzo Reale

di Gian Piero Rabuffi
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Milano

Il meraviglioso paradosso di El Greco in mostra a Milano

Una cometa "sorta dall'oriente mediterraneo, passata su Venezia e su Roma, e venuta ad incagliarsi misteriosa sul cielo di Toledo". Così Roberto Longhi nel 1930 sintetizzava la singolare parabola umana ed artistica di Dominikos Theotokòpulos detto El Greco, il primo grandissimo pittore spagnolo della modernità. Un artista eclettico, onnivoro, un paradosso impossibile da incasellare, visionario ed anticipatore, capace di maturare un linguaggio espressivo potente e assolutamente personale, frutto della sapiente e vorace assimilazione di ogni suggestione che le tappe di un percorso di vita singolare e non banale gli offrirono. Ed ancora, un suggestivo esempio di come ambizioni personali, confronti e scontri, battute d'arresto e delusioni professionali possano costituire l'accidentato e necessario percorso verso la più alta e piena espressione del proprio talento.

El Greco e gli anni italiani: la mostra a Palazzo Reale di Milano

Palazzo Reale di Milano rende dunque omaggio ad El Greco con una mostra visitabile sino all'11 febbraio, a cura di Juan Antonio Garcìa Castro e Palma Martìnez-Burgos Garcìa. Una esposizione ambiziosa che fa luce in particolare sul decennio italiano dell'artista e sull'importanza di tale periodo per i trentasette successivi anni spagnoli. Un percorso espositivo che evidenzia la sorprendente originalità e contemporaneità dell'artista, rifuggendo tuttavia qualsiasi facile chiave di lettura "letteraria" per i tratti più distintivi della sua pittura.


Maddalena penitente (1585-1590)

Distorsioni spaziali e formali,  asimmetrie,  figure allungate, arditi accostamenti cromatici, talmente in anticipo rispetto alla liberazione di tali esuberanze espressive agli inizi del Novecento che in passato per giustificarle si ricorse a fantasiose spiegazioni come presunti difetti della vista di El Greco, se non addirittura intenzioni esoteriche o autentica follia.

E, del resto, l'occasione unica di ammirare riuniti nelle sale milanesi capolavori come il Battesimo di Cristo, l'Incoronazione della Vergine, San Martino e il Mendicante, la Veronica con il Volto Santo non fa che confermare questo senso di vertiginosa euforia dinanzi ad un artista che per certe soluzioni adottate appare avanti secoli rispetto al suo tempo. "Yo soy El Greco", si firmava talvolta il campione spagnolo della contemporaneità Pablo Picasso, le cui "Les demoiselles d'Avignon", opera che tiene a battesimo tutto il ventesimo secolo in arte, nacque dalla profonda suggestione esercitata da "Il quinto sigillo dell'apocalisse" del Maestro di Candia. Precursore di un antinaturalismo che apparterrà tanto al cubismo quanto all'espressionismo.


San Martino e il mendicante (1597-1599)

Eppure di El Greco si può anche affermare il contrario con altrettanto fondamento: egli fu artista fortemente motivato a radicarsi  ed affermarsi nel proprio tempo. Principale alfiere della Controriforma in pittura, la scelta dei suoi soggetti fu sempre accuratamente ortodossa. E se alcuni dettagli gli causarono pure alcune incomprensioni (il seno scoperto della Vergine che allatta il bambino nella Sacra Famiglia con sant'Anna del 1590), la loro origine non è da ricercarsi in una volontà di provocare e scandalizzare, bensì di suggerire tramite citazione dotta e sincretica riferimenti e stilemi del passato. Quello di El Greco è un caso estremamente emblematico in cui il percorso professionale e le ambizioni (e frustrazioni) dell'uomo si riflettono cristallinamente negli sviluppi e gli esiti della sua arte.

El Greco: da Creta a Madrid, passando per Venezia e Roma

Nasce in un Mediterraneo orientale che all'epoca è sia Grecia che Venezia. A Creta, colonia veneziana con un ricco e influente passato bizantino, Theotokòpulos si forma - probabilmente da autodidatta - a contatto con le botteghe delle icone ortodosse e con i "madonneri" che dipingevano alla maniera greca. Ma vuole di più. Vuole Venezia. E vi si trasferisce avviando in brevissimo tempo una prodigiosa - e non priva di contraddizioni - evoluzione della propria pittura, che si apre al colore ed alla luce dei Bassano, di Tintoretto, di Tiziano e di Giovanni Bellini. Si ripensa artista tardorinascimentale e occidentale, perfezionando le anatomie, infondendo vita alle figure, impadronendosi della tecnica prospettica. Ma ambisce a qualcosa di ancora diverso. La meta in cui trovare commissioni e fama all'altezza delle sue ambizioni è Roma. Qui entra in contatto con il gran cardinale Alessandro Farnese e ne scopre e ammira la collezione di statue classiche. Ed è ancora freschissimo il segno lasciato da Michelangelo, da poco scomparso.


Battesimo di Cristo (1608 circa - 1621)

Suggestione da cui El Greco non sfugge assimilandone in particolare  il monumentale trattamento anatomico. Ma non riesce a divenirne l'erede nelle grazie dell'establishment romano: si giunge alla rottura con Farnese,  al giudizio sorprendentemente ruvido sul Buonarotti ("un brav'uomo che non sapeva dipingere"), al naufragare del temerario proposito di convincere papa Pio V a lasciargli ridipingere l'affresco della Sistina secondo canoni e dettami più aderenti alla nuova dottrina cattolica della Controriforma. Ad El Greco non resta che rivolgersi a un Paese più in sintonia con la sue profonde convinzioni spirituali: la Spagna. Ma anche con un monarca colto e appassionato d'arte come Filippo II non scatta la scintilla: le sue opere non incontrano il pieno gusto del sovrano e sfumano i due grandi sogni di essere nominato pittore della Cattedrale di Toledo e di decorare l'Escorial.

Toledo, la piena manifestazione della grandezza di El Greco

Le due brucianti sconfitte professionali di Roma e Madrid sono ciò che rende possibile l'autentico sbocciare della piena maturità artistica di El Greco, che trova a Toledo la sua giusta dimensione. In un relativo isolamento nel quale la stima di un ristretto gruppo di estimatori gli consente di esprimere appieno - e persino di esaltare e radicalizzare - la sua originalità creativa. L'aderenza alle esigenze devozionali della committenza è totale e questo concede ad El Greco credito sufficiente per sperimentare e approfondire liberamente quella sintesi pittorica inedita e dirompente che altrove era stata percepita come "eccentrica". E nascono capolavori in serie come la Spoliazione di Cristo, Madonna con il Bambino e le sante Martina e Agnese, i già citati Battesimo di Cristo o l'Incoronazione della Vergine. Colore veneziano, volumi romani, visionarietà grechiana trovano il loro perfetto dialogo in composizioni audaci per formato e concezione. Ed ancora i ritratti di notabili castigliani e di personaggi evangelici: San Sebastiano, Maddalena penitente, San Pietro in lacrime, Cristo che porta la croce.


Cristo agonizzante con Toledo sullo sfondo (1604-1614)

Se sarà solo il Novecento a  poter comprendere pienamente la portata rivoluzionaria di certe soluzioni formali di El Greco, per secoli la sua influenza nei confronti dei discendenti spagnoli ed europei sarà invece determinata in particolare dall'inconfondibile pathos che caratterizza i suoi personaggi. Una comunicatività emotiva ed espressiva anche naturalmente  funzionale a veicolare il messaggio devozionale. Ma che trova eloquente rappresentazione nell'opera che chiude il percorso della mostra milanese, il Laocoonte dipinto negli ultimi anni della sua vita. Esempio raro di soggetto laico, ispirato dal recente ritrovamento a Roma del gruppo marmoreo che tanto scalpore suscitò tra i contemporanei.

Nella visione di El Greco la strenua e mortale lotta del sacerdote troiano e dei suoi figli contro i serpenti marini inviati da Atena è una battaglia ancora più disperante poichè vissuta in solitudine da ognuno dei tre personaggi. Sullo sfondo una Toledo a tinte acide minacciata dall'arrivo del cavallo di legno in un'atmosfera sospesa e quasi metafisica. Opera autenticamente senza tempo, che riconduce l'artista alle sue origini ed allo stesso tempo getta un ponte verso un futuro di soluzioni espressive che si sarebbe dischiuso solo secoli a venire.


Laocoonte (1610-1614)