La (surreale) confessione del killer: "Giulia uccisa per non farla soffrire"
Senago, Alessandro Impagnatiello ai pm: "Lei si era già ferita al collo". Poi i messaggi quando era già morta: "Baby dove sei? Ci stiamo preoccupando tutti"
La confessione (inverosimile) del killer: "Ho ucciso Giulia per non farla soffrire"
"Ho ucciso Giulia per non farla soffrire": questa l'inverosimile versione fornita ai pm da Alessandro Impagnatiello, reo confesso del femminicidio della compagna al settimo mese di gravidanza. Durante la confessione il barman avrebbe spiegato che la 20enne si sarebbe procurata dei tagli sulle braccia da sola, con il coltello con cui stava cucinando. ''Mi diceva che non voleva più vivere'', ha spiegato Impagniatiello all'aggiunta Letizia Mannella e la pm Alessia Menegazzo, come emerge dal decreto di fermo. Nel quel il killer, ''ha dimostrato di essere in grado di mentire ripetutamente e di cambiare più volte versione dei fatti''.
Agli inquirenti Impagnatiello ha raccontato quindi che la compagna ''si era già inferta qualche colpo all'altezza del collo'', come riferisce Ansa e allora ''per non farla soffrire, le ho inferto anche io tre o quattro colpi all'altezza del collo''. A quel punto la donna, incinta di 7 mesi, sarebbe ''stremata a terra e io le dicevo che era finita e che doveva riposarsi''. Durante l'accoltellamento, durato - a quanto riferisce l'uomo - ''pochi minuti'', Giulia avrebbe ''tentato di divincolarsi in maniera debole'' e senza urlare.
Le pm: "Impagnatiello, spicccata capacità manipolatoria e ingannatrice"
Per i pm Impagnatiello ha mostrato una "spiccata capacità manipolatoria e ingannatrice". Per lui l'accusa è di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, ma anche dai "futili motivi" e dalla "crudeltà", di occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza senza consenso. Negli atti, tra l'altro, numerose sono le incongruenze nella versione raccontata dall'uomo quando Giulia Tramontano risultava scomparsa, rispetto alle telecamere di sorveglianza analizzate dagli investigatori. Immagini che lo riprendono, ad esempio, verso le 7 del mattino di domenica 28 maggio mentre esce di casa con "due involucri" con dentro "materiale compatibile con un mucchio di vestiti".
Secondo la ricostruzione, ha prima accoltellato la compagna e poi ha cercato di bruciare il cadavere nella vasca da bagno, quindi lo ha avvolto in sacchi di plastica e teli che aveva in casa. Dall'appartamento lo ha trascinato passando anche sulle scale della palazzina fino alla sua macchina, scena ripresa dalle telecamere. Ha poi abbandonato il corpo in un'intercapedine di un box di una palazzina in via Monte Rosa, a circa mezzo chilometro da casa a Senago, nel Milanese.
La vicina di casa a Sengao: "Vista una quantità ingente di cenere dalla porta di ingresso"
Una vicina di casa di Alessandro Impagnatiello ha raccontato agli inquirenti di aver visto nel pomeriggio di domenica 28 maggio "una quantità ingente di cenere provenire dalla porta d'ingresso dell'appartamento" dell'uomo, "continuare sulle scale del condominio sino al box" della coppia. E' un altro degli elementi agli atti dell'inchiesta.
I messaggi a Giulia dopo averla uccisa: "Baby dove sei? Ci stiamo preoccupando tutti"
Ed emergono altri dettagli che raccontano la messinscena poi messa in atto dal killer. Che nel pomeriggio di domenica, dopo aver già ucciso Giulia la sera prima, le mandava messaggi sul suo telefono con scritto "baby dove sei? Ci stiamo preoccupando tutti". E il giorno dopo: "Dicci solo che sei fuggita in qualche paese lontano". Nel verbale della sua confessione si leggono frasi gelide come "non sono riuscito nell'intenzione di ridurre il corpo in cenere". E ancora: "Quando io faccio la denuncia di scomparsa il cadavere di Giulia era nel box". E al pm che gli chiede "non ha temuto che i carabinieri aprissero il box?", lui ha risposto: "Forse speravo lo facessero".
Lunedì avrebbe spostato, a suo dire, "il corpo dal box alla cantina". Martedì, ha detto ancora, "porto la macchina nel box e carico il corpo nel bagagliaio" dove, stando al suo racconto, sarebbe rimasto fino alla notte successiva, prima di essere gettato in un buco vicino a dei box. Prima, ha messo a verbale l'uomo, "ho comunque usato la macchina andandoci in giro con il cadavere nel bagagliaio". Ha detto di aver gettato il "telefono di Giulia in un tombino", così come il bancomat, mentre il passaporto di lei lo avrebbe bruciato.
I pm: "Anche l'amante ha temuto di subire la medesima sorte"
Ha sostenuto di non aver chiesto aiuto ad alcuno: "Forse mia mamma ha dubitato, ma per 30 anni non ho dato mai motivo che potessi mai fare una cosa simile". Tra le esigenze cautelari contestate il pericolo di inquinamento probatorio (riuscì a "falsificare" anche un test di paternità), quello di fuga, anche perché nei giorni dopo l'omicidio faceva ricerche per acquistare uno "zaino da trekking" per una "fuga veloce". E infine il pericolo di reiterazione per la sua "pericolosità sociale" e per la "crudeltà" di aver ucciso con "premeditazione" anche il "figlio che ella portava in grembo". Anche l'amante, scrivono i pm, aveva "timore" di lui: non voleva "subire la medesima sorte" di Giulia.