La ribellione della ragione di Goya a Palazzo Reale

Il maestro spagnolo è stato straordinario anticipatore della contemporaneità soprattutto nella sua ricerca di un'arte come espressione di sé

di Gian Piero Rabuffi
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Francisco Goya a Palazzo Reale
Milano

La ribellione della ragione di Goya a Palazzo Reale

Dopo El Greco, Goya. Palazzo Reale di Milano celebra un altro straordinario artista iberico, protagonista e artefice del passaggio dalla modernità alla contemporaneità. "La ribellione della ragione" è il sottotitolo della mostra curata da  Victor Nieto Alcaide e visitabile sino al 3 marzo.

In cosa consiste il tratto principale della contemporaneità di Francisco Goya? L'elemento che l'esposizione milanese pare sottolineare con forza è il percorso di consapevolezza  compiuto dall'artista. Ovvero il graduale passaggio di Goya da un'arte per necessità, eseguita per compiacere la facoltosa committenza, rispettando i canoni imposti dalla tradizione, assicurandosi incarichi via via sempre più prestigiosi, ad un'arte rispondente alla propria genuina ispirazione, alle inclinazioni ed al gusto personali. Arte concepita per soddisfare se stesso, rispondendo ad una urgenza espressiva interiore. E per questo rivoluzionaria. Una rivoluzione della ragione, prima ancora che dello spirito, per un autore che fa propri i nascenti ideali illuministi.


Il sonno della ragione genera mostri (Caprichos) (particolare)

La ragione guida l'artista. La sua assenza genera mostri

Un apparente paradosso per colui che, dichiarando "Il sonno della ragione genera mostri", seguirà il proprio intuito per andare a rappresentare in maniera inedita e viscerale un mondo oscuro e demoniaco, popolato da creature da incubo. Febbricitanti fantasie? Visioni oniriche? Psicanalisi dell'inconscio ante-litteram? L'esuberanza immaginativa dello spagnolo rende plausibili tutte queste ipotesi. Ma l'orrore che Goya dipinge (o, più ancora, incide), anche quando sceglie di utilizzare creature irreali, è in tutto e per tutto umano, appartenente a questa terra. Eccolo dunque il predominio della ragione. Assieme alla lucida consapevolezza di affermare che è la sua assenza, in definitiva, a generare il male del mondo.

E difatti le immagini che sentiamo più vicine a noi, perché toccano corde drammaticamente universali, sono quelle della serie dei "Desastres de la guerra". Una crudissima narrazione di odio e violenza in cui spagnoli e francesi, aggressori e aggrediti, giusto e sbagliato sono contrapposizioni dualistiche che crollano per lasciare spazio ad una desolante verità: il male è ovunque. Nella sua interpretazione dei sanguinosi fatti della guerra d'indipendenza e dei devastanti effetti sulla popolazione civile, Goya è anche il primo artista a dipingere il conflitto con occhi contemporanei, da cronista. La trentesima stampa della serie, con l'interno di una casa ed i suoi abitanti travolti da una esplosione, ha già dentro di sé la “Guernica” di Picasso che sarebbe stata realizzata oltre un secolo dopo.  


Desastres de la guerra, 30

L'esuberante Goya dei "Caprichos"

Se questa è la potenza del Goya più illuminista, innegabile permane la suggestione esercitata anche da quei lavori che mescolano reale e allegorico, fantasia e commento sociale. Rimanendo in tema bellico, il dipinto “Il Colosso” (pur al centro di qualche recente disputa sulla sua attribuzione) ha impatto scenografico ed emotivo impareggiabili.


Il Colosso

Le fantasie dei "Caprichos", acqueforti e acquetinte, anticipano la corrosiva satira dei tempi moderni. Così come ritratti quali quello di Gaspar Melchor de Jovellanos manifestano una vicinanza psicologica dell'artista al soggetto ed al suo malinconico stato d'animo che prefigurano l'intero romanticismo.


Gaspar Melchor de Jovellanos (particolare)

Goya e la committenza: un rapporto contrastato

Quello che abbiamo sinteticamente tratteggiato sin qui è il Goya della maturità, giunto ormai al termine del percorso interiore che lo porta a ricercare spazi espressivi al di là delle committenze, conducendolo a soluzioni inedite che lo rendono capostipite pionieristico di molti linguaggi sviluppatisi poi nei successivi  due secoli. Ma si farebbe torto all'artista  spagnolo se si lasciasse che il fascino della produzione più privata mettesse troppo in ombra l'operato del Goya più istituzionale. Straordinario maestro e uomo del proprio tempo, talento cresciuto a contatto con la grande borghesia, i notabili della Chiesa, i reali di Spagna.


Maria Gabriela Palafox y Portocarrero (particolare)

Una parte rilevante dell'attività dell'artista, quella dei lavori eseguiti su committenza, che giustamente la mostra milanese non trascura. Menzioniamo ritratti che restituiscono un vivido affresco di un'epoca di transizione, come quelli di Carlo IV, di Maria Gabriela Palafox y Portocarrero, di Don Francisco Garcia de Echaburu.

E le vivacissime rappresentazioni di vita quotidiana che l'artista realizza come cartoni per gli arazzi della Reale Manifattura di Santa Barbara, destinati dunque a rallegrare le dimore di sovrani e nobiltà. I sei dipinti dedicati ai giochi dei bambini tradiscono, dietro la popolana ilarità delle scene rappresentate, lo sguardo dell'artista sulla estrema povertà dei piccoli protagonisti, spesso coinvolti in atti violenti e sopraffazioni che poco hanno del gioco e più hanno dell'impeto di sopravvivenza.  Immagini in questo paragonabili alle numerose scene incentrate sulla Corrida.


Bambini che giocano alla Corrida (particolare)

Concludiamo con un'opera di confine, "San Francisco Borgia assiste un moribondo", del 1788. Dipinto richiesto dai duchi di Osuna, conosciuti quando era pittore di corte. Il santo gesuita, antenato della duchessa, è impegnato in una autentica battaglia contro la perversione diabolica: il crocifisso che tiene in mano è l'arma con la quale combatte i demoni che già incombono per portare all'inferno l'anima del morente. Rara occasione di un lavoro su commissione - e per di più a tema sacro - nel quale tuttavia Goya ha campo aperto per una rappresentazione esuberante, onirica e fantastica. Le due anime dell'artista si trovano così fugacemente a dialogare, per poi lasciare spazio ad una successiva e sempre più risoluta scissione, che resterà il tratto distintivo della ribellione incarnata da Francisco Goya.


San Francesco Borgia assiste un morimondo (bozzetto) (particolare)