Milano e il diritto al bello nella pianificazione urbanistica
Urbanistica a Milano: forse il punto non è il diritto (sacrosanto) dei privati a trarre un guadagno dai loro investimenti. Ma la necessità di vigilare sulla qualità degli edifici. Come gli studentati del Villaggio Olimpico. Commento
Milano e il diritto al bello nella pianificazione urbanistica
ASCOLTA LA RUBRICA "PINOCCHIO" OGNI GIORNO SU RADIO LOMBARDIA (100.3), IN ONDA ALLE 19.15 DURANTE IL PROGRAMMA DI APPROFONDIMENTO "PANE AL PANE" E IN REPLICA IL GIORNO DOPO ALLE 6.45
L'altro giorno ha fatto scalpore la notizia che l'assessore all'Urbanistica del Comune di Milano abbia fatto - se pur parzialmente e con tutte le cautele - marcia indietro sulla "bontà" dell'operato della pubblica amministrazione nella vicenda che ha originato il Salva-Milano. E che abbia, de facto, dato una responsabilità ai costruttori che in certi casi hanno contribuito alle problematiche odierne perché volevano guadagnarci il più possibile.
Sì, il privato ha tutto il diritto di guadagnare
Ora, visto che l'argomento è di grande attualità, ci sono da dire alcune cose. La prima è che il privato non solo ha il diritto di guadagnare, ma la legge - quando ci sono gare pubbliche - addirittura impone che debba dimostrare di poter guadagnare per evitare dumping e offerte al ribasso. E quanto guadagna il privato? Teoricamente il massimo che gli è consentito nel rispetto delle leggi, delle norme e degli standard di mercato. Facciamo un esempio abnorme: se tutti vogliono una borraccia e sono disposti a pagarla un milione di euro, anche se costa un euro produrla, ed è consentito dalle leggi venderla a un milione, il privato guadagnerà 999.999 euro e nessuno può dire alcunché.
Una bruttezza è per sempre. E bisogna tenerne conto...
Torniamo all'urbanistica: altro è la qualità degli edifici. A me piacerebbe sapere se chi ha approvato il progetto degli studentati futuri del Villaggio Olimpico è un politico o un tecnico, perché sembrano partoriti dalla fantasia malata di uno che ha studiato alla scuola delle case popolari russe. Tra vent'anni, quando quel quartiere sembrerà la periferia degradata di un paese della Russia centrale, mi piacerà sapere associare il nome a chi l'ha partorito. Ma in questo il profitto dell'operatore c'entra davvero poco. Quello che c'entra è l'attitudine a preservare la bellezza presente e futura, in un posto - anche Milano - dove edificare nuovi edifici è molto semplice ma abbatterli pure quando fanno schifo, come si nota in questi anni, è assai più difficile. E dunque, una bruttezza è per sempre. E di questo bisogna tenerne conto.