Milano resta ancora senza cardinale (e non potrà nominare il successore di Francesco)

Papa Bergoglio esclude nuovamente l'arcivescovo Delpini dalla nomina a cardinale. Il rapporto tra il pontefice venuto dalla fine del mondo e la diocesi ambrosiana. Che resta fondamentale

di Andrea Muratore
Mario Delpini
Milano

Milano resta ancora senza cardinale (e non potrà nominare il successore di Francesco)

Milano resta senza porpora. Anche nell’decimo concistoro di Papa Francesco non c’è spazio per l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, che resta il primo titolare della diocesi che fu di Sant’Ambrogio a non esser nominato cardinale dai tempi di Luigi Nazari di Calabiana, titolare della cattedra del Duomo dal 1867 alla morte nel 1893. 120 anni dopo Papa Francesco non considera, nemmeno in questo caso, Milano per il “collegio elettorale” che deciderà il suo successore e che ha plasmato in maniera profonda. Sono di nomina di Jorge Mario Bergoglio circa tre quarti dei cardinali oggi in carica e su 142 nominati ben 113 non hanno ancora superato gli ottant’anni di età e potranno votare in un futuro conclave.

Francesco guarda alle periferie, alla profondità geografica più che a quella storica. Milano, in compagnia di altre importanti cattedre come Lione e New York resta senza cardinale, mentre vengono promosse altre sedi: da Agrigento a Siena, passando per Como, il cui vescovo Oscar Cantoni è l’unico a rappresentare la Lombardia, precedendo in quest’ottica anche le più numerose sedi di Bergamo e Brescia.

Milano, “capitale” del rito ambrosiano, sede influente nella Chiesa cattolica

Milano, “capitale” del rito ambrosiano, è storicamente sede influente nella Chiesa cattolica. La città, del resto, tuttora si definisce orgogliosamente “ambrosiana”. Molti vivono come un declassamento agli occhi di Francesco del cristianesimo milanese, da sempre orgoglioso nel suo considerarsi complementare, e non immediatamente subalterno, a Roma.

Delpini, poi, è su molti punti di vista un attento dialogante con il mondo di Bergoglio, con la dottrina sociale della Chiesa plasmata dal pontefice, con l’idea della Chiesa accogliente “ospedale da campo” più intransigente nel voler plasmare il mondo attorno a sé che rigorosamente dottrinaria. E poi, ricordano molti osservatori, Francesco non ha lesinato nella sua ricerca nelle periferie per il collegio cardinalizio: dal primo concistoro del 2014, sono stati scelti vescovi dal Ruanda e dalla Mongolia, sono stati nominati il primo indigeno latinoamericano, il primo esponente della Chiesa cattolica scandinava dai tempi di Martin Lutero, il primo vescovo della città indiana di Goa, in cui la sede episcopale nacque nel 1533 ai tempi della colonizzazione portoghese, più cardinali provenienti da angoli remoti del pianeta come Brunei, Papua Nuova Guinea, Capo Verde, Sud Sudan.

Francesco si conferma pontefice venuto dalla fine del mondo

Cosa mostra questo? Un primato della profondità spaziale su quella temporale. Il pontefice venuto dalla “fine del mondo” interpreta presente in altri continenti, da Papa post-europeo non subalterno all’idea di una primazia del Vecchio Continente nella Chiesa, il cuore pulsante della cristianità. Leggere il segno dei tempi significa oggi prendere atto del fatto che la Chiesa potrà rilanciarsi solo guardando alle periferie esistenziali del mondo e dando loro voce.

Renato Farina su Korazym ha scritto che Francesco "in nessun modo è mosso dalla volontà di ferire o da qualsivoglia rancore. Semplicemente il Pontefice regnante ha deciso di rompere con la prassi del ventesimo secolo, che legava strettamente la porpora all’importanza storica o quantitativa della cattedra. Egli ha la suprema potestà di mettersi al fianco come primi collaboratori quanti ritiene possano essergli d’aiuto nel governo della Chiesa universale. Non è una discriminazione quella subita da Milano e dal suo arcivescovo, numerose diocesi fino a Benedetto XVI ritenute cardinalizie per prassi, in Italia e nel mondo, risultano sacrificate nelle preferenze di papa Bergoglio.

Esempi oltre a Milano, in Italia: Venezia, Napoli, Palermo non sono state benedette dalla porpora; nel mondo: Parigi, Berlino, Lima". L’applicazione istituzionale del principio di Gesù, "andate e fate discepoli tutti i popoli" (Mt 28, 19) e di quanto scritto da San Paolo nella Lettera ai Galati, "voi siete uno in Gesù Cristo" (Gal 3, 28) è per Francesco la chiamata alla responsabilità, da parte del pontefice argentino, di chi nella Chiesa ha avuto meno voce.

Ma il peso di Milano non è diminuito

Mentre al contempo, non per questo, il peso di piazze come Milano è diminuito nel novero della Chiesa universale. Nel 2017 Papa Francesco, visitando Milano, ricordò: “Milan riceve con il coeur in man”. Un messaggio per il ruolo che, oggigiorno, come avanguardia Milano può svolgere nel contesto ecclesiale italiano e globale. La Chiesa di Milano guida una diocesi-laboratorio di grandi sfide del contesto moderno: il passaggio dalla società post-industriale a quella dell’economia dei servizi; l’accoglienza degli stranieri e degli emarginati; le nuove disuguaglianze e le fragilità date dalle problematiche sociali come abbandono e solitudine; la sfida per la Chiesa di mantenere solidi i suoi principi, punti d’aggregazione e corpi intermedi in un mondo sempre più liquido; la sfida del futuro della Fede in un mondo secolarizzato e dell’applicazione della dottrina sociale nel tempio dell’economia e della finanza.

Per la Chiesa ambrosiana, questo significa guardarsi dentro, in una rinnovata introspezione: Delpini non avrà la porpora, ma il suo lavoro è principalmente all’ombra della Madonnina. La Chiesa che fu di San Carlo Borromeo, il santo trascinatore della Controriforma e campione della fede in tempi incerti, è oggi quella del beato e prossimo Santo Carlo Acutis, il ragazzo dei tempi moderni elevato agli altari dopo la prematura morte e portatore di una fede autentica inserita nel quadro della modernità. Il compito, non meno ambizioso che quello di partecipare ai lavori del collegio cardinalizio, è dare un futuro alla Chiesa ambrosiana in un mondo che cambia: Milano può contare sul radicamento dei suoi oratori, della tenuta delle istituzioni di cattolici non ordinati che applicano la dottrina sociale (dalle Acli all’Azione Cattolica), sulla rete sociale di organi come Pane Quotidiano e la Caritas Ambrosiana, sul ruolo costruttivo dell’Arcidiocesi per continuare a essere pietra angolare della città. E questa è la grande sfida da vincere per Milano. Una battaglia che vale la pena combattere.

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