Parreschi (Applied Strategies): sostenibilità. Ecco gli errori dell'Ue
Dopo le proteste degli agricoltori europei sembra essere mutato il sentiment strategico della UE riguardo le politiche di sostenibilità. L'intervista a Parresch
Parreschi (Applied Strategies): sostenibilità. Ecco gli errori dell'Ue
“La transizione verso la sostenibilità non può che progredire in modo graduale, condiviso dai vari interlocutori, senza inutili forzature normative e senza inseguire utopie ambientaliste ispirate da politici demagoghi”. Anche a seguito delle recenti proteste degli agricoltori europei sembra essere mutato sentiment strategico della UE riguardo le politiche di sostenibilità. A tale riguardo chiediamo l’opinione dell’avvocato Gianluca Parreschi, corporate sustainability strategist e socio della start-up milanese “Applied Strategies” Società Benefit specializzata in consulenza strategica in materia di sostenibilità ESG.
Avvocato, ci volevano i trattori per ottenere un cambio di rotta riguardo le politiche green da parte della UE?
Le legittime proteste degli agricoltori europei sono la punta dell’ iceberg di insofferenza ed insoddisfazione, ancora inespresse, delle categorie produttive rispetto ad alcune scelte strategiche e regolamentari della UE effettuate sotto l’ influenza dell’ ex commissario per il clima e il green deal Frans Timmermans.
Ci spieghi in dettaglio…
Da più parti e sempre finora in modo pacato e responsabile si sta facendo notare alla Presidente Von Der Leyen e ai commissari che le scelte in materia di sostenibilità, che ricomprende anche l’ area green, prese sotto l’ effetto ipnotico dell’ ambientalismo radicale e politicamente orientato del Commissario Timmermans si sono rivelate inefficaci prima di tutto sotto il profilo ambientale nonché dannose sul piano economico, peraltro confermando le previsioni di molti addetti ai lavori tra cui anche del sottoscritto.
Dunque siamo agli inizi di un ripensamento strategico delle politiche comunitarie in materia di sostenibilità ?
E’ molto difficile fare previsioni al riguardo, ritengo che il percorso verso la sostenibilità sia irreversibile e fondamentalmente rappresenti un’ opportunità di rinnovamento e di sviluppo per il sistema economico ma…
Ma?
Se a dettare l’agenda normativa e strategica della UE in tema di Sostenibilità saranno ancora personaggi fortemente ideologizzati ed avulsi dalla realtà economica come ad esempio l’ ex Commissario Timmermans non ci dovremmo sorprendere se ci saranno altre proteste tipo quelle degli agricoltori da parte di altre categorie, magari non in piazza ma nelle stanze dei bottoni; con il senno di poi la politica si sta accorgendo che fissare eccessivi obblighi di tutela ambientale a carico delle euro-imprese favorisce la concorrenza sleale parte delle imprese extra-ue esenti da tali impegni, causando contrazione occupazionale, quando invece la tutela del lavoro è uno degli obbiettivi principali, precisamente il n. 8, dell’ Agenda Onu 2030 per un economia sostenibile;
Mi sembra di capire che in realtà riguardo la sostenibilità nulla è come sembra.
La Sostenibilità, come detto più volte, è un tema complesso e molto vasto basti pensare che la sostenibilità è definita da 17 obiettivi e da 169 sotto-obiettivi, di conseguenza è molto facile cadere volontariamente o inconsapevolmente in errore, tale per cui si pensa di fare bene mentre in realtà si causa un danno enorme all’ ambiente o al tessuto sociale-economico senza nemmeno alcun plusvalore etico di ritorno;
Vi sono segni tangibili di tale inversione di rotta?
Credo che mutamenti rilevanti di strategia UE potranno derivare dall’ esito delle imminenti elezioni europee; tuttavia posso fare un primo esempio significativo: la Germania ha deciso di stoppare la proposta di direttiva UE di Corporate Sustainability Due Diligence ispirata al Bangladesh Accord, che ricordo brevemente è l’ accordo privato sottoscritto dalle imprese e dai sindacati in Bangladesh prevendente specifiche tutele dei lavoratori onde evitare il ripetersi di tragedie tipo il crollo nel 2013 del complesso manifatturiero del Rana Plaza ove perirono purtroppo 1129 operai e ne rimasero feriti oltre 2000.
Questo perché secondo lei?
In estrema sintesi la proposta di direttiva suddetta prevede onerosi obblighi finalizzati alla tutela dei rischi ambientali e dei diritti umani a carico delle grandi imprese con oltre 500 addetti e oltre 150 milioni di fatturato oltre alle imprese con 250 addetti e fatturato di 40 milioni a patto che il fatturato derivi per il 50% da settori ritenuti ad altro rischio ambientale come il tessile, l’ estrattivo e ultimo non a caso l’ agricoltura; detti obblighi sarebbero poi estesi anche alle aziende di paesi terzi con giro d’ affari UE di oltre 150 milioni; anche il governo italiano allineandosi alla Germania ha sostanzialmente messo in stand by tale proposta in quanto è evidente il rischio di effetto boomerang in danno delle imprese italiane come è accaduto in passato e come gli agricoltori hanno avuto modo di far constatare con tanto di marcia indietro della commissione per quanto riguarda, ad esempio, il divieto ritirato dell’ utilizzo dei fitofarmaci che altro non sono che un modo forbito per definire i considetti pesticidi chimici; personalmente ritengo tale proposta, nella sua attuale formulazione, come potenzialmente controproducente per le aziende italiane senza tenere conto delle difficoltà di imporre ad aziende extra-UE l’ applicazione di disposizioni regolamentari che hanno valore vincolante solo in ambito UE.
Vede delle vie di uscita da questo empasse?
Certamente per ogni problema esiste quantomeno una soluzione, ebbene la transizione verso la sostenibilità, che sottolineo coniuga il consumo responsabile con la crescita e lo sviluppo, non può che progredire in modo graduale, condiviso dai vari interlocutori, senza inutili forzature normative e senza inseguire utopie ambientaliste ispirate da politici demagoghi che non hanno idea di che cosa sia il duro lavoro.