Il piano ReArm Europe spacca il Pd, Maran: "Sbagliato pensare di stare alla finestra"
L'eurodeputato dem dopo la votazione che ha diviso il Pd: "Fase di cambiamenti epocali, il partito deve capire quale è la sua collocazione. Ma Schlein non è in discussione". L'intervista
Il piano ReArm Europe spacca il Pd, Maran: "Sbagliato pensare di stare alla finestra"
"Siamo in una fase di cambiamenti epocali, è normale avere impostazioni diverse" e quindi, anche per questo, "è indispensabile creare un luogo di confronto, ciò che è mancato prima di questa votazione". Pierfrancesco Maran è uno degli eurodeputati del Pd che ha votato a favore della risoluzione sul libro bianco della difesa della commissione europea che conterrà, tra le altre cose, anche il piano di riarmo. L'esponente dem, ad ogni modo, non mette in discussione la leadership di Elly Schlein: "Ma dobbiamo discutere e capire quale è la collocazione del Pd su questo progetto e verso la Commissione che abbiamo votato". Specie adesso, "con gli Usa che stanno cambiando orientamento. Non possiamo pensare che siano soltanto loro e la Nato a garantire la nostra sicurezza". L'intervista.
Maran, come si è arrivati a questa spaccatura?
Intanto va sottolineato che il voto riguardava una risoluzione sugli indirizzi anche per il libro bianco sulla difesa, certo dentro c'è anche il ReArm Europe ma ne è una parte. Siamo in una fase di sviluppo di questo piano. La grande novità è che finalmente l'Ue prova a lavorare verso una difesa comune. Il fatto che un calcio d'avvio sia stato dato da una risoluzione che ha visto i cinque gruppi politici europei principali sostenerla fortemente dice che questo sarà l'elemento su cui si misurerà la commissione von der Leyen. In questo quadro si prefigura anche il conflitto tra chi vuole una difesa comunitaria e chi difende l’attuale impostazione di 27 difese nazionali.
Lei è favorevole, ma Schlein distingue tra difesa europea e riarmo dei singoli Stati. Che ne pensa?
Credo che se uno fissa degli obiettivi a lungo termine, che speriamo siano anche un esercito europeo, deve avere presente il fatto che, visto lo stato di partenza, niente avviene dalla sera alla mattina. Ci devono essere dei passaggi e dei progressi. Io vorrei arrivare a una difesa effettivamente unica a livello europeo, ma, per quello che ho approfondito, negli ultimi due anni, l'83% degli armamenti acquistati viene da fuori l'Unione europea. Ce ne é di strada da fare e bisogna valutare se questo avvio, con tutti i miglioramenti possibili, ci mette nella direzione giusta, e io penso di sì, oppure se si vuol rimanere alla finestra con la scusa del 'serve qualcos'altro', con il rischio di dover scommettere sul fallimento di una sfida che non si è sostenuto in partenza.
Amareggiato che il suo partito sia rimasto alla finestra?
Sì, e non solamente dal Pd. Tutto il sistema politico italiano vuole, nei fatti, stare fuori da un progetto in cui gli altri credono diffusamente. Nei Socialisti questo è evidente, dove il voto a favore è stato a larghissima maggioranza. Ma pensiamo anche ai Verdi europei: la maggior parte di loro ha sostenuto questo percorso. Credo sia importante tenere ancorata l'Italia al fatto che questa è una strada in cui ci interessa essere protagonisti, specie in un momento in cui gli Usa stanno cambiando orientamento politico.
È più facile dire che i soldi devono andare a scuola e sanità e non alle armi…
Credo che ci sia una corsa continua ad attaccare e indebolire le scelte complesse da fare nella vita. È evidente che è più facile dire che le armi sono brutte e che sarebbe meglio investire in scuola e ospedali, cosa tra l'altro fatta dall'Europa, con una scelta senza precedenti, con il Pnrr. Ma la politica deve anche assumersi la responsabilità di coinvolgere e spiegare ai cittadini quelle che sono scelte un po' più articolate, cosa che in Italia non fa nessuno. Poi ci sono casi e casi. Per la Lega, per esempio, oltre al loro posizionamento all'estrema destra, pesano anche i filotrumpiani e i filorussi. Entrambi, sia Trump sia Putin, non hanno interesse ad avere un soggetto europeo forte.
Nel Pd c'è chi anche parlato di un nuovo congresso.
Siamo in una fase di cambiamenti epocali, è normale avere impostazioni diverse. Per questo è indispensabile creare luoghi discussione e di confronto, quello che è mancato prima di questa scelta. Nessuno mette in discussione la leadership di Elly Schlein e la questione non ruota attorno al dover ribadire chi è il leader di questo partito. Noi dobbiamo capire quale è la collocazione del Pd nel progetto Ue, anche rispetto alle altre famiglie socialiste, perché il Pd ha una storia di europeismo.
A tal proposito, dai Socialisti come sono stati visti i distinguo nel Pd?
C'è stato un certo stupore. L'astensione, oltre agli 11 italiani, è stata seguita solo da un irlandese, da un bulgaro e da uno sloveno. Come Pd, siamo la più grande delegazione del Pse e credo che sia un problema isolarsi. Io resto convinto che la linea giusta sia quella maggioritaria votata da tutti i Socialisti.
Come deve finire, secondo lei, tra Russia e Ucraina?
Con una pace duratura e con la garanzia che non verrà messa più a rischio la sicurezza dell'Ucraina e di tutti gli altri Paesi confinanti con la Russia. E questo è diverso da una tregua che consente semplicemente di riorganizzarsi. La Russia di Putin muove una guerra ogni cinque anni e questo schema lo ha già attuato in più di un'occasione. E poi c'è una cosa che ho notato al Parlamento europeo.
Ossia?
Una buona parte del continente, penso alla Germania, alla Polonia e ai Paesi baltici, vede il rischio reale che il proprio territorio venga invaso, al punto da doversi organizzare sia militarmente sia come struttura civile, è un pensiero trasversale di cui dobbiamo tenere conto, che riguarda anche noi che con loro condividiamo l'Europa. Anche per questo oggi ci sono le condizioni per avanzare verso una integrazione europea che sia della difesa. E speriamo in futuro anche della politica estera.