Regione Lombardia, Del Bono: "Non lasciamo l'autonomia in mano alla Lega"
"La sanità? Il problema non è il binomio pubblico-privato, ma il fatto che nella Lombardia profonda ci sono sempre meno servizi e risorse"
notiziatesto
Regione Lombardia, Del Bono: "Non lasciamo l'autonomia in mano alla Lega"
"Vorrei aprire un cantiere politico lungo cinque anni. L'autonomia? Dobbiamo avere una nostra visione, senza lasciarne la bandiera alla Lega sovranista e spompa. La sanità? Il problema non è il binomio pubblico-privato, ma il fatto che nella Lombardia profonda ci sono sempre meno servizi e risorse". Emilio Del Bono, vicepresidente del consiglio regionale, ex sindaco di Brescia e recordman di preferenze del Partito Democratico, traccia su Affaritaliani.it Milano la sua roadmap "per provare a riconquistare la Regione".
L'INTERVISTA
Emilio Del Bono, lei ha spiegato al Corriere di voler fare un laboratorio per la Regione. Certo che per fare un cantiere per cinque anni ci vuole una bella costanza...
Ci vuole quella determinazione tipica di chi ha uno sguardo lungo e una grande voglia di lavorare. Intanto però iniziamo a dire che è un dato di originalità. Di solito il centrosinistra lombardo improvvisa negli ultimi mesi prima delle elezioni una proposta programmatica e di taglio politico. Questa volta si vuole fare un lavoro diverso, costruendo dai territori sia una proposta programmatica sia un lavoro molto più intenso di quanto abbiamo fatto negli ultimi anni, dove siamo forti nelle città e invece debolissimi nei piccoli centri. La Regione è uno stato, e il tempo sembra lunghissimo ma in realtà non lo è.
Intanto da Gori a Majorino, cinque anni e una pandemia con annesso attacco concentrico a Regione hanno prodotto lo stesso identico divario, alle urne.
Il centrodestra ha costruito da anni un sistema di aziende che attutisce la responsabilità della politica e della giunta. Il compito che dobbiamo darci è quello di fare di più comprendere che le disfunzioni o le inadeguatezze hanno un reale collegamento con le scelte di bilancio e gli indirizzi che arrivano dalla maggioranza. Dobbiamo sapere che c'è un blocco elettorale e sociale che ha una diffidenza nei confronti del centrosinistra e un tendenziale orientamento di centrodestra. Dobbiamo provare a competere.Se abbiamo vinto nelle città, che sono state conquistate dalla qualità di governo di centrosinistra, possiamo fare la stessa cosa a livello più largo.
Anche lo slogan "sanità pubblica, sanità pubblica" pare non essere stato molto recepito...
Il tema non è gestore pubblico o gestore privato. E' il sistema che deve essere regolato in maniera equa. Ma in Lombardia non lo è. Il privato accreditato è diventato tendenzialmente urbano, dove ci sono economie di scala, e poco presente nei territori profondi. Quindi il sistema pubblico, che si deve occupare delle Lombardie lontane, ha sempre meno risorse. Il problema è nelle Lombardie che si stanno desertificando, territori che perdono popolazione perché perdono servizi e conseguentemente la persone si spostano. Il tema delle Lombardie diseguali è un tema su cui lavorare. Paradossalmente in queste Lombardie il centrodestra ha più consenso, ma noi dobbiamo farci sentire.
Parliamo del congresso: l'accordo unitario su Silvia Roggiani non è un po' una rinuncia al dibattito?
La preoccupazione è fondata ed è giusto che ci sia. Diciamo che abbiamo provato a cambiare approccio. Il congresso regionale si vota nei singoli circoli sui documenti, non ci sono assemblee provinciali con delegati quindi la dimensione del dibattito politico è difficile da sviluppare. Detto questo è importante spostare l'asse perché la preoccupazione era di fare un congresso fotocopia Bonaccini vs Schlein. Qui dovremmo avere percorso diverso, provando a costruire davvero il partito democratico lombardo. La capacità di marcare specificità territoriali è andata via via sparendo, indebolendosi. La Lombardia ha peculiarità: un partito che deve rappresentare questa terra deve costruire una sua proposta e una sua organizzazione. Meno ideologia e più ideali, per il centrosinistra. Questo lavoro che è stato fatto bene nelle città bisogna esportarlo in una dimensione più grande.
Parliamo dell'autonomia.
Nel documento che Roggiani depositerà sulla candidatura ci sarà una nota sulla nostra visione dell'autonomia. Perché dove non ci sono rischi sui servizi essenziali il fatto che si possano affidare competenze alle regioni e poi ai comuni e province dovrebbe vedere il Pd d'accordo. Tendenzialmente il Pd lombardo ha nel dna una forte difesa dei territori. Io non consegnerei mai la bandiera autonomista alla Lega spompata e ormai sovranista. E Fdi non riesce a gestire questa cosa perché è centralista. Dobbiamo incunearci, senza farci schiacciare. La sinistra volle le Regioni, e il Titolo V l'ha riformato il centrosinistra (con tutti i suoi limiti, beninteso), non possiamo consegnare questo tema ad altri.
Concludiamo sulle primarie. Davvero non le vuole per il candidato presidente?
Ma assolutamente sì che le voglio. E dico anche che chi farà il candidato presidente lo si deciderà tra quattro anni. Per ora, come ho detto, mi occupo del cantiere. Sui sistemi di scelta il Pd è chiaro: si prevedono le primarie tranne quando si trova l'accordo unitario. Quando parlavo delle primarie inutili mi riferivo a quelle per i parlamentari, poiché hanno già le preferenze con le quali confrontarsi. Sono invece giuste e utili per i parlamentari, che hanno invece le liste bloccate.
fabio.massa@affaritaliani.it
Regione Lombardia, Del Bono: "Non lasciamo l'autonomia in mano alla Lega"
"Vorrei aprire un cantiere politico lungo cinque anni. L'autonomia? Dobbiamo avere una nostra visione, senza lasciarne la bandiera alla Lega sovranista e spompa. La sanità? Il problema non è il binomio pubblico-privato, ma il fatto che nella Lombardia profonda ci sono sempre meno servizi e risorse". Emilio Del Bono, vicepresidente del consiglio regionale, ex sindaco di Brescia e recordman di preferenze del Partito Democratico, traccia su Affaritaliani.it Milano la sua roadmap "per provare a riconquistare la Regione".
L'INTERVISTA
Emilio Del Bono, lei ha spiegato al Corriere di voler fare un laboratorio per la Regione. Certo che per fare un cantiere per cinque anni ci vuole una bella costanza...
Ci vuole quella determinazione tipica di chi ha uno sguardo lungo e una grande voglia di lavorare. Intanto però iniziamo a dire che è un dato di originalità. Di solito il centrosinistra lombardo improvvisa negli ultimi mesi prima delle elezioni una proposta programmatica e di taglio politico. Questa volta si vuole fare un lavoro diverso, costruendo dai territori sia una proposta programmatica sia un lavoro molto più intenso di quanto abbiamo fatto negli ultimi anni, dove siamo forti nelle città e invece debolissimi nei piccoli centri. La Regione è uno stato, e il tempo sembra lunghissimo ma in realtà non lo è.
Intanto da Gori a Majorino, cinque anni e una pandemia con annesso attacco concentrico a Regione hanno prodotto lo stesso identico divario, alle urne.
Il centrodestra ha costruito da anni un sistema di aziende che attutisce la responsabilità della politica e della giunta. Il compito che dobbiamo darci è quello di fare di più comprendere che le disfunzioni o le inadeguatezze hanno un reale collegamento con le scelte di bilancio e gli indirizzi che arrivano dalla maggioranza. Dobbiamo sapere che c'è un blocco elettorale e sociale che ha una diffidenza nei confronti del centrosinistra e un tendenziale orientamento di centrodestra. Dobbiamo provare a competere.Se abbiamo vinto nelle città, che sono state conquistate dalla qualità di governo di centrosinistra, possiamo fare la stessa cosa a livello più largo.
Anche lo slogan "sanità pubblica, sanità pubblica" pare non essere stato molto recepito...
Il tema non è gestore pubblico o gestore privato. E' il sistema che deve essere regolato in maniera equa. Ma in Lombardia non lo è. Il privato accreditato è diventato tendenzialmente urbano, dove ci sono economie di scala, e poco presente nei territori profondi. Quindi il sistema pubblico, che si deve occupare delle Lombardie lontane, ha sempre meno risorse. Il problema è nelle Lombardie che si stanno desertificando, territori che perdono popolazione perché perdono servizi e conseguentemente la persone si spostano. Il tema delle Lombardie diseguali è un tema su cui lavorare. Paradossalmente in queste Lombardie il centrodestra ha più consenso, ma noi dobbiamo farci sentire.
Parliamo del congresso: l'accordo unitario su Silvia Roggiani non è un po' una rinuncia al dibattito?
La preoccupazione è fondata ed è giusto che ci sia. Diciamo che abbiamo provato a cambiare approccio. Il congresso regionale si vota nei singoli circoli sui documenti, non ci sono assemblee provinciali con delegati quindi la dimensione del dibattito politico è difficile da sviluppare. Detto questo è importante spostare l'asse perché la preoccupazione era di fare un congresso fotocopia Bonaccini vs Schlein. Qui dovremmo avere percorso diverso, provando a costruire davvero il partito democratico lombardo. La capacità di marcare specificità territoriali è andata via via sparendo, indebolendosi. La Lombardia ha peculiarità: un partito che deve rappresentare questa terra deve costruire una sua proposta e una sua organizzazione. Meno ideologia e più ideali, per il centrosinistra. Questo lavoro che è stato fatto bene nelle città bisogna esportarlo in una dimensione più grande.
Parliamo dell'autonomia.
Nel documento che Roggiani depositerà sulla candidatura ci sarà una nota sulla nostra visione dell'autonomia. Perché dove non ci sono rischi sui servizi essenziali il fatto che si possano affidare competenze alle regioni e poi ai comuni e province dovrebbe vedere il Pd d'accordo. Tendenzialmente il Pd lombardo ha nel dna una forte difesa dei territori. Io non consegnerei mai la bandiera autonomista alla Lega spompata e ormai sovranista. E Fdi non riesce a gestire questa cosa perché è centralista. Dobbiamo incunearci, senza farci schiacciare. La sinistra volle le Regioni, e il Titolo V l'ha riformato il centrosinistra (con tutti i suoi limiti, beninteso), non possiamo consegnare questo tema ad altri.
Concludiamo sulle primarie. Davvero non le vuole per il candidato presidente?
Ma assolutamente sì che le voglio. E dico anche che chi farà il candidato presidente lo si deciderà tra quattro anni. Per ora, come ho detto, mi occupo del cantiere. Sui sistemi di scelta il Pd è chiaro: si prevedono le primarie tranne quando si trova l'accordo unitario. Quando parlavo delle primarie inutili mi riferivo a quelle per i parlamentari, poiché hanno già le preferenze con le quali confrontarsi. Sono invece giuste e utili per i parlamentari, che hanno invece le liste bloccate.
fabio.massa@affaritaliani.it