Sanità, nuovo presidente di Aiop Lombardia: collaborazione pubblico-privato
Michele Nicchio, nuovo presidente di Aiop Lombardia, guarda alle sfide da affrontare: “Privato accreditato, prestazioni di qualità e presenza sui territori”
Sanità, il nuovo presidente di Aiop Lombardia Nicchio: “Fondamentale la collaborazione tra pubblico e privato”
Compresenza pubblico-privato, diffusione sul territorio, qualità. Questi sono gli obiettivi che si pone il nuovo presidente di Aiop Lombardia, Michele Nicchio. Mantovano, 42 anni, Nicchio è stato nominato ieri presidente dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata. Si tratta di 106 strutture presenti su tutto il territorio regionale, che offrono servizi sotto forma di privato accreditato e convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale. L’intervista ad Affaritaliani.it Milano.
Quali sono le sfide che si è posto di affrontare alla guida di Aiop Lombardia?
I temi che vorrei affrontare nel mio mandato da presidente, che durerà 4 anni, sono diversi. Per primo sicuramente occorre rilavorare sull’aspetto sanitario lombardo, in particolare sull’apporto del privato accreditato e convenzionato in Lombardia. Un tema su cui si fa una grande confusione è il messaggio per cui la Lombardia ha privatizzato la sanità e si può curare solo chi ha i soldi. È una prima cosa che intendiamo fare come Aiop è smontare questa tesi partendo da alcuni presupposti. Se si parla di privato bisogna fare chiarezza.
Come viene percepito il privato secondo lei?
Un conto è parlare dell’attività privata, a pagamento, per la quale i pazienti o tramite le assicurazioni pagano per un servizio. Per legge l’attività privata può essere erogata dai professionisti delle strutture private convenzionate e viene erogata anche con l’intramoenia nelle strutture pubbliche, dunque si può fare in entrambe le tipologie di strutture. Un conto è parlare della natura giuridica della struttura. In Lombardia come in tutta Italia sappiamo che le due gambe su cui si regge il sistema sanitario nazionale sono le strutture di diritto pubblico e quelle private convenzionate, all’interno delle quali vengono svolte le stesse attività ugualmente gratuite o con il pagamento del medesimo ticket per i cittadini. Un cittadino di Milano ad esempio può andare a fare una prestazione al Niguarda o al San Raffaele, non cambia nulla, il costo è sempre zero. Su questo invece tanti ci giocano e sembra che in questa Regione, dove c’è una percentuale abbastanza alta di privato accreditato, la struttura privata accreditata significa che paghi e se non hai i soldi non ti puoi curare. Non è vero. Delle 106 strutture di Aiop Lombardia, 103 sono convenzionate con il sistema sanitario nazionale e il privato accreditato di Regione rappresenta circa il 40% delle prestazioni erogate in Lombardia che sono erogate da privati convenzionati e accreditati.
Il privato, che ha questa presenza importante nella sanità lombarda, quali altri effetti ha sulle prestazioni e sui cittadini?
Offre anche un contributo in termini di qualità. In Lombardia su 19 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, gli IRCCS, 14 sono privati accreditati e questo è per noi motivi di vanto perché si parla di strutture di qualità e di riferimento anche nazionale e internazionale. Fanno anche ricerca su una miriade di campi. Abbiamo anche una diffusione capillare sul territorio. Ad Aiop aderiscono come associate sia strutture ospedaliere che residenziali, le rsa. In particolare in Lombardia le strutture residenziali tra Aiop e non Aiop sono più di 700, hanno dunque una diffusione importante sul territorio. Sono un punto di riferimento importante per il territorio. Ultimo aspetto importante è che il ruolo del privato è fondamentale in termini di efficienza perché, costando alle Regioni e allo Stato mediamente un 25% in meno delle strutture pubbliche, ha dato un contributo importante al mantenimento dell’equilibrio economico finanziario del bilancio regionale.
In Lombardia c’è questo equilibrio economico?
Regione Lombardia ha un bilancio in ordine e questo equilibrio dà la possibilità di mantenere in toto la sua autonomia: su quello che la legge permette può muoversi in autonomia. Ad esempio, il nuovo tariffario nazionale che dovrebbe entrare in vigore ad aprile, anche se si sta discutendo un’ulteriore proroga, sta creando problemi perché andare ad abbassare ulteriormente tariffe vecchie di vent’anni che già oggi su diverse branche non permettono nemmeno di coprire i costi dei professionisti, è difficile. Lombardia avendo il bilancio in ordine può bilanciare con risorse proprie e calmierare l’impatto negativo.
Come procederà la vostra collaborazione con Regione?
Aiop ha due anime: ospedaliera e sociosanitaria. Vogliamo continuare a investire in collaborazione con la Regione nell’evoluzione del comparto sociosanitario. Regione già alla fine degli anni Novanta era stata la prima a introdurre le nuove rsa. Oggi l’obiettivo nostro è quello di provare a immaginare un’ulteriore evoluzione delle strutture socioassistenziali e residenziali in Regione che potrebbero alzare il livello qualitativo e gestire pazienti. Potrebbero fungere, vista la diffusione sul territorio, da presidio territoriale e valvola di sfogo nei confronti degli ospedali, che sono abbastanza ingolfati. Penso agli ospedali della comunità o alle case della salute: dare la possibilità di ospitare nuclei di questo genere anche nelle rsa potrebbe essere un appoggio anche alle strutture ospedaliere, così da liberare posti letto.
La sanità italiana sta facendo i conti con la carenza di personale. È un problema anche per voi?
La carenza di personale è il problema atavico della sanità italiana. È un problema diffuso anche in Europa. Le cause sono molteplici: la professione è meno attrattiva, le borse di studio erano troppo poche. L’innalzamento dei numeri delle borse di studio andrà a colmare questa carenza ma servono anni per raggiungere livelli sostenibili. Per fare un medico specializzato ci vogliono 10 anni. Abbiamo iniziato ad aumentare i numeri con la pandemia e arriveremo a numeri sostenibili solo nel 2030. Inoltre, a questo è collegato il problema delle liste d’attesa. Ci sono branche in cui abbiamo richiesta di professionisti ma non riusciamo a trovarli.
Quali sono i pazienti che si rivolgono alle vostre strutture? Sono lombardi o provengono anche da altre regioni?
Il grosso dell’attività è svolto per i cittadini regionali. Ma con Regione stiamo dialogando: vista la qualità dei servizi che offre, la Lombardia ha sempre avuto una mobilità importante da parte di pazienti che provengono da altre regioni. Questo flusso durante il periodo del Covid si è ridotto ma oggi, che ci siamo lasciati il periodo pandemico alle spalle, vorremmo ritornare a metterci a disposizione dei pazienti delle altre regioni. Vorremmo in realtà allargare il bacino di riferimento come hanno fatto prima di noi l’Inghilterra, la Germania, la Turchia, che sono riuscite a proporsi all’estero come Sistema-Paese. Obiettivi che vorremmo raggiungere sempre in collaborazione con le strutture di diritto pubblico lombardo. Quando un sistema funziona tutto, come quello lombardo, è a vantaggio di tutti e ognuno deve continuare a fare la propria parte.
Dunque, vorreste rivolgervi anche a pazienti di altri Paesi?
Vorremmo proporci all’estero perché non abbiamo nulla da invidiare a nessuno qualitativamente. Inoltre, attirare pazienti dall’estero significa attrarre investimenti da immettere sul territorio. Permettendo alle strutture di investire in macchinari e strumentazioni all’avanguardia e innovativi, è a beneficio di tutta la popolazione. Altre Nazioni che hanno lavorato prima di noi in chiesti termini hanno portato a casa risultati interessanti: ne vale la pena.