Scala: la Prima del Don Carlo svela il backstage del potere

A svelare i dettagli della Prima che il 7 dicembre inaugurerà la stagione con il Don Carlo di Giuseppe Verdi è il regista spagnolo Llui's Pasqual

Milano

Scala: la Prima del Don Carlo svela il backstage del potere

E' un'opera "emozionanete dal punto di vista musicale", portata in scena da un "cast glorioso", dal sapore Shakespeariano. "E' anti clericale, fa vedere il dietro le quinte del potere che e' tenuto dalla chiesa". A svelare i dettagli della Prima del teatro alla Scala di Milano che il 7 dicembre inaugurera' la stagione con il Don Carlo di Giuseppe Verdi e' il regista spagnolo Llui's Pasqual. Come ogni anno lo spettacolo sara' ripreso dalle telecamere di Rai Cultura e trasmesso in diretta televisiva su Rai1 e radiofonica su Radio3. La Prima sara' preceduta domenica 3 dicembre dall'Anteprima per gli Under30 e seguita fino al 2 gennaio da 7 rappresentazioni tutte esaurite. L'opera dei "primati", che ha inaugurato la Stagione nel 1868, 1878, 1912, 1926, 1968, 1977, 1992 e 2008, sara' diretta dal Direttore Musicale Riccardo Chailly sul podio dell'Orchestra del Teatro alla Scala con un cast che schiera Francesco Meli come Don Carlo, Anna Netrebko come Elisabetta di Valois, Michele Pertusi come Filippo II, Elna Garana come Principessa d'Eboli, Luca Salsi come Marchese di Posa e Ain Anger come Grande Inquisitore.

L'intreccio tra potere politico e religioso è una cosa pericolosa

"Quest'opera l'ho concepita come tragedia Shakespeariana - spiega il regista Pasqual -. Don Carloci svela il dietro le quinte del potere. Adesso siamo abituati con i social, ma nell'Ottocento non era cosi', nessuno aveva visto una regina in costume da bagno. Vedremo il back stage, con i personaggi che sono di una solitudine enorme. Ma non perche' la Spagna fosse triste, gli eventi lo sono". L'opera, come l'ha pensata il regista, svela i meccanismi del potere. "L'essere umano ha inventato due cose tremende: i nazionalismi e la religione, che ci stacca dalla conoscenza degli altri. E basta guardare cosa succede nel mondo per vedere i risultati di quello che questi due peccati originali producono". Sulla stessa linea il sovrintendente Dominique Meyer: "Basta aprire il giornale e leggere quello che succede nel Medio Oriente per capire che l'intreccio tra potere politico e religioso e' una cosa pericolosa".

Costumi allo stesso tempo storici e romantici 

Nel Don Carlo la trama e' complessa, i temi cari al compositore ci sono tutti, c'e' l'amicizia, il popolo sottomesso, i problemi tra padre e figlio. E ci sono personaggi con diverse sfaccettature. mettere tutto in scena non e' stato facile. Ma come spiega il regista "bisogna essere disposti a cambiare tutto perche' il materiale e' umano: ci sono i cantanti e la musica. Io mi sento come quello che mette il carbone nel forno per il capo macchinista del treno, che e' il maestro, e' lui che fara' sentire il respiro del compositore". Per un'opera del genere serviva un grande cast affiatato e sperimentato. Questa che a volte e' sembrata una "critica", l'avere spesso gli stessi cantanti alla Prima, come Netrebko (per la sesta volta), per il sovrintendente Meyer non lo e', e ha una spiegazione ovvia: "sono i migliori. Serviva un cast glorioso. Dunque, basta con le lamentele e godiamoci queste voci straordinarie. Anna e' una leonessa e Ilina una tigre". La regia valorizza i cantanti. "Li ho messi davanti, come in un primo piano del cinema - spiega Pasqual -, non volevo lasciarli sperduti in un grande spazio". In scena tanto nero, oro e alabastro. "Le persone pensano che il nero ci sia perche' la corte spagnola era chiusa, triste ma non e' cosi'. Il nero era un grande segno di ricchezza, se lo potevano permettere solo le persone ricchissime. Basta pensare ad Armani, usa il nero e nessuno pensa che faccia abiti tristi". I costumi dovevano essere nello stesso tempo storici e romantici e in questo e' riuscita Franca Squarciapino. "Lei fa dei costumi che sembrano storici, in realta' non lo sono, ma hanno il movimento della musica verdiana". Insieme ai costumi neri, in scena c'e' un'architettura di alabastro. "L'abbiamo scelto - spiega - perche' si porta dietro un odore di incenso, di chiesa, perche' io credo che alla fine chi vince e' il grande inquisitore".

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