Tre passi per costruire una “cosa” nuova a sinistra

Una “cosa nuova” nel centro-sinistra non potrà che essere civica, solidale e riformista. Ma va costruita sin da subito, dal basso. Come si dice spesso: se non ora quando? Il commento

Di Pier Vito Antoniazzi
Milano

Tre passi per costruire una “cosa” nuova a sinistra

Da più parti si lamenta che l’attuale composizione politica delle forze di opposizione di centro-sinistra sia inadeguata a contendere al centro-destra una possibile vittoria elettorale. Questo nonostante alle elezioni partecipi circa il 50% degli aventi diritto. Franceschini è arrivato a proporre di “marciare divisi” limitando al momento elettorale un accordo, quasi un accordo di desistenza/resistenza tipo quello che in Francia ha impedito alla Le Pen di avere la maggioranza. Salvo poi faticare anni per tenere insieme un governo.
Ma funzionerebbe in Italia un frontismo “antifascista”? E su quali culture e programmi politici poi si governerebbe?

Premesso che molte cose dipenderanno dalla legge elettorale (che è tradizione di questo Paese fare all’ultimo minuto, notte tempo… lasciando poco spazio alla riflessione) a me pare che la strada da costruire debba essere un’altra: cercare di dare risposta ai tanti disamorati da questa politica di bipolarismo “gridato”, guidata da logiche puramente di potere, evitando di nascondersi dietro vecchie e nuove bandiere simboliche (magari raccogliendo quelle cadute…) in cui gli elettori credono sempre meno.

La domanda di nuovo c’è. La domanda di politica pure. Lo si è visto ai contemporanei (seppure diversi) convegni di Comunità Democratica (18 gennaio scorso a Milano) e Libertà Eguale (18 gennaio ad Orvieto).
Vorrei provare allora a indicare tre passi  indispensabili per avviare un percorso che forse in pochi ora vedono ma che a mio avviso una volta avviato può diventare un’onda impetuosa.

Tre passi per un nuovo inizio

Primo passo.

Abbandonare il vizio dominante di questa epoca: il narcisismo (senza limitismo! direbbe il comico Francesco Salvi). Il narcisismo da vizio individuale e personale sta divenendo vizio collettivo e anche vizio dei collettivi. Ogni associazione, ogni gruppo politico accentua i distinguo, le insofferenze, la presunta identità. Ognuno si ritiene il migliore che non può mischiarsi agli altri. Ma questo è l’antitesi della buona politica. Occorre dialogare, cooperare, cercare ciò che unisce più di ciò che divide, costruire alleanze.. Se processi unitari veri prendono piede, saranno contagiosi.

Secondo passo.

L’unità deve partire dal basso non da accordi tra leader. Conosco benissimo l’importanza delle leadership in questa società della comunicazione. Ma un processo si avvia per il coinvolgimento reale delle persone, fuori da congressi e dalle manifestazioni tradizionali, là dove la democrazia si pratica effettivamente. Immagino unione di associazioni (formali e non), anche nella forma odierna di blog o dei gruppi social: uniti in battaglie comuni (per esempio tra breve il referendum difficile sulla cittadinanza).

Ma “il basso” è anche fatto di consiglieri di municipio e comunali, di sindaci. Aggregazioni, consultazioni permanenti tra loro e lavoro insieme sono esempi di buone pratiche che possono avviare una nuova stagione politica e una rinnovata credibilità e attrattività della politica.

Terzo passo.

Ogni cosa nuova ha una radice. Occorre un filone culturale e politico per costruire un profilo. E tra l’altro sarebbe ora che riprendesse il dialogo tra intellettuali e politica. La politica ha bisogno di intelligenza e gli intellettuali non possono considerare il loro impegno limitato all’Università o alla redazione di articoli su qualsivoglia (e pur autorevole) testata giornalistica, restando chiusi in una loro turris eburnea...

Il valore del civismo partecipativo e democratico

Sono convinto che esista un filone vivo della politica e che  lo abbiamo tutti da anni sotto ai nostri occhi: è il civismo partecipativo e democratico. Il civismo è impegno a tutela e sviluppo del proprio territorio, è partecipazione, è libertà da schieramenti preconcetti. Il civismo è la carta in più che in molte realtà ha consentito al centrosinistra di vincere (cito Verona, Vicenza, Monza e l’Umbria solo per richiamare alla memoria un fenomeno che è spesso rimosso). Il civismo non può essere un partito politico né locale né nazionale. Ma è un compagno di viaggio indispensabile di una politica nuova.

Citando Verona, Vicenza, Monza e l’Umbria ho citato dei casi in cui il civismo si è incontrato con la cultura della solidarietà di origine cristiana. Cattolici sono i vincitori delle sfide che ho citato e questo ha influenzato molto il voto. L’impegno in politica dei cristiani a partire dalla dottrina sociale della chiesa, dall’attenzione agli ultimi e ai penultimi, sta tornando in auge anche grazie all’impegno della Cei con l’iniziativa delle Settimane sociali di Trieste (3-7 luglio 2024)) per la promozione e sviluppo della partecipazione e della democrazia (che hanno visto la presenza di Mattarella, Francesco e Zuppi).

Infine non possiamo non considerare  l’approccio riformatore e volto al miglioramento delle condizioni di vita che caratterizza le posizioni di chi vuole impegnarsi in politica in questa fase di cambiamento.

Abbandonando rivoluzionarismi (storicamente fallimentari), massimalismi inconcludenti e stando alla larga da facili populismi, oggi si chiedono alla politica cambiamenti reali che coinvolgano la comunità ed il territorio, occorrono politiche nuove per rispondere ai problemi nuovi, alle nuove diseguaglianze, alla domanda di qualità della vita. Insomma una cosa nuova nel centro-sinistra non potrà che essere civica, solidale e riformista.

Cominciamo a costruirla ora, dal basso. Come si dice spesso: se non ora quando?

Pier Vito Antoniazzi - coordinatore Demos Milano

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