Griffiths (ex Seat) seduce Elkann e il board USA: è lui il possibile outsider per guidare Stellantis

Dopo le dimissioni di Carlos Tavares, Stellantis accelera sul nuovo CEO: Filosa in testa, Griffiths insegue. Spunta anche un profilo USA.

Auto e Motori

La partita per la successione di Carlos Tavares alla guida di Stellantis entra nel vivo.

A quattro mesi dalle inattese dimissioni del manager portoghese, avvenute lo scorso 1° dicembre, il colosso automobilistico nato dalla fusione tra PSA e FCA stringe il cerchio attorno al nome del prossimo Chief Executive Officer. Tra pressioni degli azionisti, logiche interne complesse e visioni strategiche differenti, il nodo resta da sciogliere. Ma i giochi, secondo fonti interne vicine al dossier, sarebbero ormai prossimi alla conclusione.

A oggi, il nome più forte sul tavolo resta quello dell’italiano Antonio Filosa, attuale Chief Operating Officer dell’area Americas e responsabile globale della qualità. Una figura solida, interna all’organizzazione, rispettata da entrambe le anime del gruppo – europea e americana – e che gode di un credito crescente anche tra gli investitori istituzionali. "Filosa ha tutte le carte in regola per garantire continuità e una visione strategica coerente con i grandi cambiamenti che Stellantis sta affrontando", fa sapere una fonte confidenziale vicina al dossier.

Ma c’è un passaggio, avvenuto lontano dai riflettori, che ha cambiato le carte in tavola.come riporta La Tribuna de Automaciòn, un vero e proprio cortocircuito interno, che secondo alcune fonti vicine al dossier avrebbe assunto i tratti di una "crisi di governo" latente all’interno dell’establishment Stellantis. Un gioco di pressioni, equilibri precari e conversazioni riservatissime, tra figure molto vicine a Wayne Griffiths e ambienti altrettanto prossimi a John Elkann, che avrebbero spinto il presidente del gruppo ad assumere in prima persona la gestione del Comitato Esecutivo, dopo l’uscita improvvisa di Carlos Tavares.

A monte ci sarebbero stati alcuni scambi informali, descritti da chi li conosce come “molto più che sondaggi”, tra esponenti della sponda americana del gruppo e interlocutori interni al vecchio team Seat-Cupra, ancora legati a Griffiths da relazioni di stima e vecchie alleanze professionali. In quelle ore – racconta chi ha seguito da vicino la vicenda – si sarebbe consumato un confronto strategico tra due visioni del futuro di Stellantis, con il manager britannico visto da una parte del board come la figura giusta per rompere certi equilibri consolidati e rilanciare il gruppo con un profilo manageriale più aggressivo, dinamico e sensibile alla cultura di prodotto.

Questo scambio di dossier, analisi e contatti “a bassa visibilità” avrebbe spinto Elkann a muoversi in prima persona. Non per contrastare Griffiths, ma per prendere le redini di un processo che stava sfuggendo di mano ai vertici europei. La nomina ad interim alla guida del Comitato Esecutivo è stata solo il primo passo: da quel momento, la strategia è cambiata, il baricentro si è spostato e la candidatura di Griffiths, da outsider, è diventata uno dei dossier più osservati in assoluto.

Il legame tra Griffiths e alcuni ambienti americani della galassia Stellanis è noto da tempo – raccontano fonti vicine alla struttura – e non è un caso che proprio questi attori stiano ancora oggi spingendo per la sua nomina. La loro tesi è chiara: con l’uscita di Tavares, il gruppo ha l’occasione storica di reinventarsi, e nessuno meglio di un profilo trasversale, con visione internazionale e una sensibilità “prodotto-centrica”, può traghettare Stellantis in una nuova fase.

Non solo: i segnali che portano a Griffiths si sarebbero intensificati proprio dopo alcuni scambi tra dirigenti VX Seat e advisor americani e non solo molto vicini ad ambienti Elkann. Segnali che avrebbero convinto il presidente di Stellantis ad aprire formalmente il confronto, incontrando direttamente Griffiths. Un incontro che però, per quanto cordiale, avrebbe rivelato divergenze strutturali su alcuni temi chiave, portando a una momentanea frenata.

Eppure, la macchina era ormai in moto. Se oggi il nome di Wayne Griffiths è ancora in corsa – e lo è con forza – è proprio per quella spinta trasversale arrivata dagli USA, figlia di relazioni personali, ma anche del riconoscimento, da parte di una parte del board, che la leadership futura dovrà parlare un linguaggio nuovo. Meno istituzionale, più diretto. Meno compromissorio, più orientato al rischio.

Griffiths, intanto, osserva. Non si espone. Ma la sua frase su LinkedIn – “Il meglio deve ancora venire” – continua a circolare nei corridoi giusti. Forse, più che un auspicio, è una promessa.Nessun riferimento esplicito a Stellantis, ma un chiaro segnale di apertura verso nuove sfide.

Un altro nome che è circolato con insistenza – e che resta in corsa, seppur con minori probabilità – è quello di un manager statunitense con background tech, probabilmente proveniente da realtà della Silicon Valley come HP. Un profilo ancora avvolto nel riserbo, scelto da uno dei cacciatori di teste coinvolti da Stellantis. La sua esperienza nell’ambito software e nei servizi digitali rappresenterebbe un’opzione strategica interessante in un momento in cui il settore automotive è sempre più proiettato verso l’elettrificazione, l’intelligenza artificiale e la guida autonoma.

Nel frattempo, altri papabili sembrano essersi chiamati fuori. Luca de Meo, oggi al timone di Renault, ha declinato l’invito, preferendo consolidare il proprio lavoro con l’Alleanza e con il progetto Ampere. Lo stesso Jean-Philippe Imparato, oggi numero due in Europa, ha smentito ogni intenzione di candidarsi pubblicamente lo scorso gennaio, affermando: “Non sono la persona che costruirà Stellantis per il 2040”.

Dunque, il quadro si restringe. I vertici del gruppo, secondo quanto trapela, vorrebbero chiudere la partita prima della fine del primo semestre, al massimo entro giugno. Una scadenza realistica, anche alla luce dell’urgenza di dare al mercato un segnale chiaro dopo l’uscita di scena di una figura di peso come Tavares, artefice della fusione e protagonista del rilancio globale dei marchi ex PSA e FCA.

Antonio Filosa appare oggi come l’uomo giusto al momento giusto. Nato a Napoli, cresciuto professionalmente in FCA, è stato protagonista del rilancio del brand Jeep in Sud America, poi ha gestito con determinazione le attività in Brasile, e oggi guida l’area più redditizia del gruppo, quella americana. Conosce perfettamente la doppia anima europea e statunitense di Stellantis, ha un approccio manageriale pragmatico, ed è considerato una figura capace di dialogare tanto con la politica quanto con i mercati finanziari.

In un momento in cui Stellantis deve affrontare sfide complesse come la transizione all’elettrico, la competizione con i nuovi attori del settore (su tutti Tesla e BYD), il rafforzamento della presenza in India e il delicato equilibrio industriale in Europa, la scelta del nuovo CEO non sarà solo una nomina. Sarà un messaggio.

Un messaggio che dirà molto del futuro del gruppo, del suo DNA e della direzione che Elkann & Co. intendono dare all’intera architettura strategica di Stellantis nei prossimi 10 anni.

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