Parigi e la Francia celebrano l'Arte Povera
Alla Bourse de Commerce chiude in questi giorni una grande retrospettiva sull'avanguardia italiana, che ne ha evidenziato gli elementi di assoluta rottura ed attualità
Arte Povera: la mostra a Parigi
Parigi e la Francia celebrano l'Arte Povera
L'Arte Povera celebrata alla Bourse de Commerce, templio del miliardario François Pinault. L'ironico paradosso non è sfuggito agli osservatori parigini della grande retrospettiva parigina che volge al termine in questi giorni, con protagoniste duecentocinquanta opere, tra le quali molte appartenenti alla collezione privata del facoltosissimo imprenditore e filantropo. "Si può rimanerne commossi o irritati: alla fine, il mercato ingloba tutto, persino ciò che inizialmente sembra sfuggirgli", ha commentato Le Monde. Ma l'ambiziosa rassegna curata da Carolyn Christov-Bakargiev, massima conoscitrice del movimento sviluppatosi in Italia tra il 1967 ed il 1972 sotto la regia di Germano Celant, ha tra i suoi meriti la capacità di aggiornare l'attualità delle opere di Merz, Pascali, Kounellis, Boetti e gli altri. Come? Ponendole sotto una luce nuova che consente di superare le contingenze storiche, sociali, culturali e politiche dentro le quali tali innovativi lavori furono concepiti. Per raccontare piuttosto la loro essenza atemporale ed universale. Ed evidenziare la loro capacità - talvolta implicita - di influenzare una ampia parte dell'arte degli anni successivi.
I tredici artisti italiani in mostra a Parigi: un paesaggio da attraversare
Cuore dell'esposizione è la rotonda centrale, trasformata dall'architetto giapponese Tadao Ando per richiamare il celebre Deposito d’Arte Italiana Presente, luogo che Carolyn Christov-Bakargiev ben conosce dagli anni della sua direzione del Museo del Castello di Rivoli. Qui il visitatore è immediatamente immerso nell'opera dei tredici principali protagonisti dell’Arte Povera: Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Giovanni Anselmo, Luciano Fabro, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini e Gilberto Zorio. E da qui si diramano quindi i percorsi personali, sui quali si innesta un duplice dialogo. Il primo: quello con figure, movimenti, epoche o materiali che maggiormente influenzarono l'Arte Povera. Ed ecco quindi Giorgio De Chirico posto in risonanza con Paolini, Malevich per Kounellis e una pittura d’icona di Sano di Pietro per Marisa Merz. Il secondo: gli spazi interstiziali sono occupati da opere di artisti contemporanei debitori degli italiani, come Theaster Gates, D. Harding, Otobong Nkanga e Grazia Toderi. Per qualche critico un allestimento dispersivo e disorientante. Viceversa, la mostra intenzionalmente si configura come un paesaggio da attraversare. Un luogo da esplorare ed in cui immergersi, con le opere a contrassegnarne il percorso.
L'Arte Povera e l'"invenzione" dell'installazione
E qui giungiamo al primo forte richiamo che giunge dall'esposizione parigina. L'avanguardia italiana è stata la prima a imporre l'installazione come prassi artistica, con creazioni che coinvolgono lo spettatore all'interno dell'opera stessa. Arte Povera ma non pauperistica. La scelta di valorizzare materiali e tecniche semplici nasce dal preciso intento di spezzare l'egemonia statunitense, opponendo un’economia di mezzi alla deriva mercantile e scintillante della Pop Art. Diceva Celant: "L’importante era corrodere, incidere, rompere. Tentare una decomposizione del regime culturale imposto". Nel fare questo, gli esponenti dell'Arte Povera si sono mossi con audacia e provocatorietà. Senza tuttavia perdere il filo del dialogo con altre esperienze che si smarcavano dalle logiche della Pop Art. Lo stesso Minimalismo statunitense ed europeo. Ma anche Fluxus e Rauschenberg, senza dimenticare il fondamentale precedente di Dada. C'è però negli artisti italiani qualcosa in più. Una consapevolezza non solo politica e sociale. Ma anche esistenziale. Che ammanta le loro opere di una inedita energia poetica e spirituale.
Ed ecco così nascere visioni e immagini che a Parigi si giustappongono suggestivamente, come una mitragliatrice color kaki, un corpo acefalo in marmo, una superficie di prato sintetico su cui poggia un tubo coperto di ghiaccio, due Veneri nude, una figura allungata fatta di sfere di terra impastata, décolleté in filo di rame, un lunghissimo tubo di neon bianco che spunta da balle di paglia. La predilezione per elementi naturali e rurali è solo la logica conseguenza di queso approccio. La paglia di Mario Merz, i tronchi e i rami d’albero di Giuseppe Penone, la lana grezza di Jannis Kounellis, la brina di Pier Paolo Calzolari. Ed ancora terra, patate, insalata, acqua, carbone, alberi, corpi viventi di animali e umani. Ma l'Arte Povera è interessata anche a manufatti e materiali urbani come oggetti trovati nei ferramenta, lastre in acciaio inox, lingotti di piombo, lampadine, travi di legno, tubi al neon.
L'Arte Povera, i materiali, il flusso della vita
Commenta Carolyn Christov-Bakargiev: "Le loro opere attivano flussi di energia fisica e chimica, se non addirittura psichica, evocando nozioni di memoria ed emozioni per coinvolgere gli spettatori”. E questo è un altro aspetto che l'esposizione parigina sottolinea con forza. L'attenzione non va tanto rivolta ai materiali. Ma alla loro capacità di trasformarsi. E questa fluidità evolutiva infonde vita all'opera. Suggerendo una comprensione fenomenologica dell'esistenza come processo in costante cambiamento. In questa prospettiva emerge un altro aspetto di straordinaria attualità dell'Arte Povera: Il panta rei non è infatti solo un concetto personale e privato. Ma una rivelazione legata al mondo in cui viviamo.
Gli avanguardisti italiani guardano infatti tanto ai fenomeni della natura quanto a quelli indotti dalle nuove tecnologie sempre più energivore. Se Kounellis è quasi lirico quando fa bruciare gas attraverso un ugello in un fiore d'acciaio grezzo creando un fuoco pulito e controllato, le macchine termiche di Zorio colpiscono a fondo nel loro essere eloquente rappresentazione dello spreco di energia della società capitalista. Opere concepite in un'epoca in cui l'attuale sensibilità nei confronti del cambiamento climatico era ancora molto di là da venire. E del resto anche la celeberrima Venere degli stracci di Pistoletto continua ancora oggi a parlarci emblematicamente del consumismo che rischia di soffocarci, oltre che di ottundere il nostro giudizio.
L'engagement del pubblico nella dimensione più sociale e politica dell'Arte Povera resta sotto questi aspetti assolutamente rilevante, come confermato dalla mostra parigina.