Antimafia, dalla Sx solo fango su Chiara Colosimo. L'ennesima polemica sulla diatriba con la magistratura

Il caso della presidente della Commissione Antimafia e lo zio pregiudicato ''a disposizione'' dei boss

di Vincenzo Caccioppoli
Politica

Scontro governo-magistratura e il caso Colosimo 

Sembra che le polemiche sulla giustizia siano diventate il tema centrale del dibattito politico, sempre più acceso, tra opposizione e maggioranza. La diatriba sull’accordo Italia- Albania non accenna a diminuire, con i giudici catanesi decisi nuovamente a mettere i bastoni tra le ruote a quello che appare un tentativo da parte del governo di trovare una qualche soluzione a un problema annoso, come quello della migrazione irregolare, e continua a creare attriti tra magistratura e governo. Ma anche la questione per la scelta del nuovo giudice della Consulta, ruolo che Meloni vorrebbe affidare a Francesco Saverio Marini, alimenta la tensione tra maggioranza e opposizione sul tema giustizia.

In Parlamento, quattro giorni fa, è arrivata la nona fumata nera, e anche dal Colle comincia a trasparire un po’ di nervosismo. Ora però la polemica sembra avere messo nel mirino la presidente della commissione antimafia, Chiara Colosimo, meloniana di ferro. Il Fatto quotidiano nei giorni scorsi è uscito con uno scoop sui presunti legami passati tra lo zio e il padre della Colosimo con esponenti della ndrangheta. Il movimento cinque stelle, evidentemente ancora turbato dalla batosta elettorale in Liguria e dalle lotte intestine tra il fondatore Beppe Grillo e il presidente Conte, ha chiesto le dimissioni della Colosimo, scrivendo ai presidenti delle camere, affinché il parlamento possa chiedere tutte le carte sui legami tra i parenti della presidente antimafia e i clan.

Il centro destra si è subito scagliato contro quella che oggettivamente appare una strumentalizzazione, per impedire che la commissione antimafia, come vorrebbe la maggioranza, escluda dai lavori Federico Cafiero de Raho e Roberto Scarpinato, ex giudici prestati alla politica nelle file del movimento cinque stelle. “Nulla può impedire a Colosimo di andare fino in fondo” è stato il commento a caldo del sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro.  

Ma al di là della polemica politica, occorre forse fare qualche riflessione ulteriore su questo modo di fare giornalismo, a partire proprio dai fatti. La questione che il Fatto riporta, come se fosse uno scoop, riguarda faccende di 15 anni fa, ampiamente citate dalla stampa di allora, come appunto scrive in una nota la stessa Colosimo “Tutto è già stato ampiamente raccontato dalla stampa» afferma, evidenziando come questa vicenda sia stata appunto già riportata più volte in passato. Colosimo chiarisce di “essersi distanziata dal parente ancor prima della condanna definitiva, non avendo mai condiviso i suoi percorsi e i suoi valori”. Ma al di là del valore dell'inchiesta giornalistica, lascia un pò perplessi il fatto che una persona debba pagare per le colpe dei parenti, con cui tra le altre cose avrebbe chiuso i rapporti da tempo. Perché, se vale questo principio, allora si cade nella barbarie che è proprio tipica della logica dei clan mafiosi e non del consesso civile.

E fa specie che a farlo, siano proprio coloro che, come il quotidiano diretto da Travaglio  e i cinque stelle, si proclamano da sempre  paladini della giustizia e della legalità. Sarebbe davvero pericoloso, infatti se, in nome della presunta superiorità morale della giustizia tout court, si cominciasse a rimestare, anche nelle vite personali di parenti ed affini, per screditare un personaggio politico. La parentela non la si sceglie e non è certo colpa della Colosimo, se il padre o lo zio abbiano avuto, in passato, rapporti con esponenti mafiosi. Lei deve essere giudicata per il suo operato e non perché è figlia o nipote di chicchessia. Come consigliere regionale di opposizione, Chiara Colosimo, è utile non dimenticarlo, ha scoperchiato il vaso di pandoro delle mascherine ordinate e mai ricevute dalla regione Lazio, guidata da Nicola Zingaretti. E sempre lei è stata protagonista di diverse denunce su sprechi e malversazioni all’interno della Regione stessa.

Ed è anche quella consigliera che ha sempre rinunciato ad alcuni privilegi, come l’auto blu, che sono invece da sempre un must per politici di ogni schieramento. Alcuni poi accusano la Colosimo di aver avuto rapporti di amicizia con il terrorista nero Luigi Ciavardini, ma anche questo appare assai strumentale, dal momento che la stessa Colosimo ha sempre negato qualsiasi rapporto di amicizia stretto con l’ex esponente del Nar, conosciuto durante una sua visita al carcere romano di Rebibbia, quando faceva parte come consigliere regionale di una associazione per il reintegro dei detenuti. Ma l’opposizione ora chiede la sua testa, perché la Colosimo minerebbe la credibilità dell'intera commissione antimafia. Una accusa che francamente appare sproporzionate, oltre che ingenerosa verso l'esponente di FdI.

La Colosimo, anche questo forse occorre ricordarlo a qualche smemorato, quando fa comodo a lui, è stato la consigliera che, nel maggio del 2022, ha presentato una mozione in Regione per permettere ad una delegazione di studenti del Lazio di partecipare alla commemorazione di Falcone e Borsellino, loro si veri eroi contro la mafia, che li ha eliminati nel 1992. Perché sul comportamento e la moralità di una persona contano i fatti e le azioni personali, e questo deve valere come principio assoluto.

 

 

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