Armi all'Ucraina, Italia immobile. Ultimo Paese Ue in termini di aiuti

A parole sostegno a Zelensky, ma nei fatti...

di Redazione
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La Germania ha dimostrato di essere più generosa di noi, donando due sistemi Patriot e preparandosi a venderne un terzo

 

L’Italia e il suo governo immobili negli aiuti all'Ucraina di Zelensky. Il 17 aprile tre missili russi hanno devastato un hotel nel centro storico di Chernihiv, città a solo centocinquanta chilometri dalla capitale. Quei diciassette morti e sessanta feriti si sarebbero potuti evitare se l’Ucraina avesse avuto un sistema aereo difensivo adeguato per contrastare i missili balistici russi, ha spiegato su Telegram il presidente Volodymir Zelenksy che chiede solo sette sistemi di difesa aerea. Non uno in meno. Ma i paesi Nato ne hanno almeno cento (così sostiene l’Alto Rappresentante Ue Josep Borrell) e in Russia sanno contare benissimo. Lo scrive il sito internet www.linkiesta.it.

L’Italia finora ne ha dato solo uno, il SAMP/T, ma in compartecipazione con la Francia che a differenza nostra ha anche fornito a Kiev un gran numero di missili terra-aria Aster 30, senza i quali usare quel sistema anti aereo sarebbe come giocare a biliardo con una corda al posto del bastone. Non solo: Parigi ha consegnato seicento bombe guidate Hammer, centinaia di veicoli blindati VAB e missili da crociera Scalp per non lasciare l'Ucraina senza rifornimento. L’esercito ucraino ha lanciato un appello a Francia e Italia per un altro SAMP/T rimasto inascoltato. Non solo il nostro governo non ha risposto, ma addirittura ha annunciato il ritiro di uno dei suoi cinque esemplari, quello che si trova in Slovacchia e che era stato portato oltre confine per sostituire il Patriot dispiegato dagli Stati Uniti in Ucraina nel 2022, subito dopo l’invasione russa. Una scelta incomprensibile che manda un segnale politico ambiguo agli alleati occidentali.

La Germania ha dimostrato di essere più generosa di noi, donando due sistemi Patriot e preparandosi a venderne un terzo. Anche Stati decisamente più piccoli per popolazione ed economia come Danimarca e Paesi Bassi hanno fatto la loro parte inviando sessantuno caccia F-16 in Ucraina (quarantadue Amsterdam, diciannove Copenaghen). Per non parlare degli Stati baltici: Estonia e Lituania hanno contribuito ciascuna con l’1,8 per cento del loro prodotto interno lordo agli aiuti all’Ucraina. La Lettonia “solo” l’1,5 per cento del suo Pil. Anche la Cechia nel suo piccolo ha mobilitato l’acquisto di ottocentomila proiettili acquistati da stati extra Ue per un valore di circa tre miliardi di euro. E l’Italia? Ferma. Immobile.

Il governo non ha partecipato neanche all’iniziativa della Cechia, che prevede solo lo stanziamento di fondi. «Se gli alleati si trovano a dover scegliere tra il raggiungimento degli obiettivi di capacità della Nato e la fornitura di maggiori aiuti all’Ucraina, il mio messaggio è chiaro: inviare più aiuti all’Ucraina», ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. Un messaggio che però non è stato ancora recepito dall’Italia.