Autonomia e giustizia, FdI rinnega la storia del Msi di Almirante

Edmondo Cirielli il 15 gennaio 2014 presentava una proposta di legge costituzionale per abolire le Regioni

di Abelardo Golia
Giorgio Almirante -
Politica

Ora FdI propugna l’abolizione del reato di “abuso d’Ufficio” ma dimentica la marcia degli 80.000 “guanti bianchi” organizzata dal Msi a Roma nel 1993

 

Il sistema regionale venne approvato nel 1970 con i voti in Parlamento di democristiani, socialisti, repubblicani, socialdemocratici e comunisti. Solo Giorgio Almirante, storico Segretario del M.S.I., si oppose con forza e determinazione alla sua istituzione, profetizzando che le Regioni sarebbero, probabilmente, divenute il luogo di formazione di una classe politica deleteria, incolta e di bassissimo livello, sviluppandosi nelle fameliche clientele regionali basate sulla corruzione, sul voto di scambio e sui gruppi di potere costituiti dal capo e dal Cerchio magico di servi e faccendieri che gli avrebbero ruotato intorno (come dice la Voce Cosentina del 20 aprile 2024).

In questi giorni, Fratelli d’Italia (che nel simbolo mantiene la stessa Fiamma Tricolore del M.S.I.) approva con entusiasmo l’Autonomia Differenziata, con la quale le Regioni amplieranno ancor più i loro poteri e saranno autonomi centri di spesa (absit iniuria verbis): chissà che ne direbbe Almirante.

Nello stesso contesto storico, il partito di maggioranza (sempre Fratelli d’Italia che nel simbolo mantiene la stessa Fiamma Tricolore del M.S.I.), si allinea ai fautori della separazione delle carriere dei magistrati e della creazione di una Alta Corte Disciplinare (in cui non vale la separazione delle carriere: una aporia tutta garantista che svela le reali ragioni -punitive- della riforma), e propugna l’abolizione sia del reato di “abuso d’Ufficio” sia dell'inconferibilità di incarichi negli enti locali per chi sia stato condannato per reati contro la Pubblica Amministrazione.

Eppure, nel dicembre 1993, il M.S.I.  organizzò la marcia degli 80.000 “guanti bianchi” a Roma da piazza della Repubblica a piazza S.S. Apostoli, passando per piazza Venezia, “per protestare contro la corruzione che le indagini della Procura milanese stava svelando nel corpo malato della Repubblica”.

Come dice Gianfranco Alessandrini, uno degli organizzatori, “Eravamo alla fine del ’92. Il terrorismo era stato sconfitto, ma ecco che a metà febbraio scoppia il caso Mani Pulite con il p.m. Di Pietro che chiede ed ottiene l’arresto di Mario Chiesa, presidente socialista del Pio Albergo Trivulzio. Ed io, lasciato il CC del Msi-Dn, pur da semplice cittadino, dopo aver verificato attentamente la completa estraneità del mio partito, ad ogni livello, alla consorteria spartitoria di allora, elaborai in sette giorni una mia proposta, certo provocatoria tuttavia con aspettative di grande effetto mediatico… Incaricai all’istante la ditta produttrice di articoli pubblicitari G.K. di Petritoli di consegnarmi nel più breve tempo possibile i guanti bianchi simbolo della purezza politica del M.S.I. Mani Pulite? Solo noi missini allora siamo degni di indossare guanti bianchi!... La nostra marcia a sostegno della Giustizia che stava strappando la maschera ai tanti corrotti di Stato fu un trionfo!”

In effetti, allo scoppio di Tangentopoli, il M.S.I. condusse un'energica campagna contro il Pentapartito e i cosiddetti «ladri di regime», dichiarando aperto appoggio ai P.M. e ai Giudici di Mani Pulite e presentandosi con lo slogan «Ogni voto una picconata» alla campagna elettorale del 1992. Il M.S.I. lombardo presentò, addirittura, una mozione al consiglio regionale della Lombardia in favore del P.M. Antonio Di Pietro e dei suoi colleghi impegnati nelle indagini sulle tangenti. «Possiamo dire che l’inchiesta di Mani Pulite non ha trovato tangenti nei confronti di un solo partito. E sapete qual è questo partito? Il Movimento sociale di Giorgio Almirante». Antonio Di Pietro a tutt’oggi risponde così a Myrta Merlino, conduttrice de L’Aria che tira su La7, rievocando gli anni di Tangentopoli.

Nello stesso anno 1992, domenica 19 luglio, viene assassinato il magistrato Paolo Borsellino, eroico Giudice Istruttore e poi P.M. antimafia (le carriere non erano ancora separate) e cinque agenti della scorta. Lo stesso Paolo Borsellino che, da adolescente, si iscrisse alla Giovane Italia, l’associazione studentesca del M.S.I. (che successivamente divenne Fronte della Gioventù), e poi, nel 1959, da matricola universitaria, al FUAN (Fronte Universitario di Azione Nazionale) palermitano, divenendone dirigente e membro dell’Esecutivo provinciale.
Chissà che ne direbbe Borsellino delle riforme attuali.
Di tutto ciò dovrebbero avere memoria molti attuali parlamentari di Fratelli d’Italia quali Edmondo Cirielli che il 15 gennaio 2014 presentava una proposta di legge costituzionale per abolire le Regioni, Riccardo De Corato che riforniva la Procura di Milano di esposti contro la corruzione e il malaffare, Ignazio La Russa che guidava le fiaccolate pro Mani Pulite.
Certo non possono e, probabilmente, non vogliono ricordarlo certi “nuovi acquisti” come, per esempio, Alfredo Antoniozzi -ex D.C. ed ex F.I.- condannato dalla Corte dei Conti per la vicenda “Affittopoli 2018”; o come Stefano Giovanni Maullu -ex F.I. condannato a 1 anno e 6 mesi di reclusione dal tribunale di Milano per peculato poi prescritto. 
Così va la Storia: si può passare dal canto degli Amici del Vento “La fedeltà a una terra, la fedeltà a un amore, son cose troppo grandi” a quello di Fiorella Mannoia “Come si cambia per non morire”.

 

 

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