Unicredit, il Pd contro l'assalto a BancoBpm. Meglio Mps. Stessa posizioni della Lega ma per ragioni diverse. Inside
Che cosa pensano al Nazareno del risiko bancario
Pd contro le concentrazioni e per la pluralità del mercato
La questione è delicata e le parole vengono utilizzate dosandole bene. Ma basta conoscere i politici e leggere tra le righe per capire quale sia la posizione. Il caso è quello dell'offerta "ostile" di Unicredit su BancoBpm che ha messo in fibrillazione per l'ennesima volta il governo. La Lega chiede, pretende, l'intervento di Bankitalia parlando dell'istituto guidato da Andrea Orcel come di una "banca straniera", tanto che il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha paventato il Golden Power, anche se al Mef stanno ancora valutando bene se ci sono gli estremi per una mossa del genere in quanto Unicredit è in parte italiana e in parte no.
Ma al di là di questo aspetto, con Forza Italia che invece parla di "mercato che va lasciato libero" e quindi ok a Orcel e Giorgia Meloni che con prudenza studia il dossier, interessante è la posizione del Partito Democratico. I Dem, paradossalmente, in questa vicenda, a differenza di quanto accaduto sul canone Rai, sono più vicini al Carroccio che non al partito guidato dal vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Ma mentre per la Lega è una questione di italianità, di difesa del progetto di terzo polo bancario - dopo IntesaSanpaolo e Unicredit - tutto nazionale, in una sorta di sovranismo declinato in chiave finanziaria, per il Pd il punto è un altro. Antonio Misiani, responsabile economico della segreteria che quindi rappresenta il pensiero di Elly Schlein, ha parlato dell'Ops di Unicredit su BancoBpm come di un'operazione da "valutare" e che comunque "solleva parecchi interrogativi".
Il primo è certamente quello degli esuberi perché, come è sempre avvenuto, in caso di fusione ci sono tagli al personale e in questo caso si parla addirittura di un taglio di circa 7mila lavoratori. Ma dietro gli esuberi c'è il concetto chiave per il Pd che si lega proprio alla difesa dei posti di lavoro che è quello della pluralità del mercato e del contrasto al tentativo di concentrazioni e di 'trust' cioè cartelli di oligopoli che dominano il mercato e impongono le loro regole.
Questo per il Pd è un principio che vale in tutti i settori dell'economia, dalle telecomunicazioni all'energia, ma a maggior ragione per il sistema bancario e anche per quello assicurativo. Nella logica dei Dem se Unicredit acquisisce Banco Bpm diventa il terzo istituto europeo e di fatto in Italia ci sarebbero (quasi) soltanto IntesaSanpaolo e la banca di Orcel. Una concentrazione che non solo porta agli esuberi e ai tagli del personale ma anche a una sorta di inquinamento del mercato e della libera concorrenza.
"Lo Stato deve comunque controllare il mercato e tutelare i cittadini", spiegano dal Pd, facendo l'esempio di Milano ma che vale anche per le altre grandi città. Nel capoluogo lombardo ci sono molti istituti di credito e c'è molta concorrenza quindi una migliore offerta come l'apertura delle banche anche il sabato mattina. Nei paesini più piccoli spesso c'è solo IntesaSanpaolo e Unicredit e i servizi per i cittadini/clienti si riducono fortemente con un danno specie per le persone più anziane che non sanno utilizzare i nuovi servizi di banking online spesso con le app sul cellulare.
Quindi i dubbi e il sostanziale no del Pd all'operazione di Orcel, preferendo il terzo polo italiano tra BancoBpm e Monte dei Paschi di Siena, ha queste motivazioni politiche, economiche e culturali. In sostanza è la posizione della Lega e di Matteo Salvini ma con motivazioni differenti.
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