Bruxelles, legame più stretto tra Ppe e Conservatori. Grazie a Fitto. Ecco perché

Giovedì 12 novembre l'audizione del commissario indicato da Giorgia Meloni

di Vincenzo Caccioppoli

Raffaele Fitto

Politica

I popolari hanno chiaramente fatto intendere che non accetterà nessun giochetto nei confronti del commissario meloniano


Raffaele Fitto, il commissario designato da Giorgia Meloni, sarà audito dalla commissione Regi e da altre cinque commissioni invitate ad assistere, il giorno giovedì 12 novembre come primo dei vicepresidenti della giornata. Il particolare che forse per qualcuno non dirà granché è invece di grande importanza strategica. E’ ormai risaputo che socialisti e verdi avrebbero una gran voglia di fare lo sgambetto al politico pugliese, non tanto per la persona in sè, che a Bruxelles è apprezzato da tutti, compreso i socialisti, ma per contestare la scelta di un vicepresidente esecutivo che non fa parte della maggioranza.

Ecco allora che nei difficili equilibri del Parlamento europeo la scelta di fare audire Fitto prima della socialista Ribeira, per esempio, è assai importante. I popolari, che sono il gruppo che comanda a Bruxelles, dall'alto della sua consistenza altamente maggioritaria al Pe, hanno chiaramente fatto intendere che non accetterà nessun giochetto nei confronti del commissario meloniano, che difende quasi alla stessa stregua di un suo rappresentante (d’altra parte Fitto ha militato per lungo tempo nei popolari, ed ha un rapporto strettissimo con Manfred Weber il presidente dei popolari).

In altre parole, Weber ha fatto intendere che in caso di voto contrario da parte dei socialisti contro Fitto, ci sarebbe stato identico trattamento nei confronti per esempio della spagnola Ribeira, che tra le altre cose è molto malvista proprio dai popolari, alla transizione energetica, stante le sue idee abbastanza integraliste sul tema ambiente. È chiaro quindi che nel caso Fitto fosse stato l’ultimo ad essere sentito, la possibilità di rivalersi sulla vicepresidente esecutiva socialista, sarebbe probabilmente risultata un'arma spuntata.

Nella conferenza dei capigruppo di giovedì 10 ottobre, a Strasburgo, che doveva appunto decidere sul calendario delle audizioni, il copresidente dell’Ecr Procaccini, che proprio da Fitto ha ereditato la carica, ha lavorato di fino per rintuzzare gli attacchi di sinistra e verdi, che pretendevano che Fitto fosse l’ultimo ad essere audito. Ma ha trovato, e questo è un fatto certamente rilevante, il fermo appoggio proprio dei popolari, portando a casa un risultato che non è certo solo di facciata. Questo particolare, infatti, dimostra ancora una volta come il chiaro intento di Giorgia Meloni (e dei suoi più fidi scudieri a Bruxelles, appunto Nicola Procaccini e Carlo Fidanza, capodelegazione Fdi al parlamento europeo) sta cominciando a sortire effetti.

È evidente, infatti, come i conservatori di cui è presidente proprio Giorgia Meloni, possano, all’interno di un Parlamento europeo e di una commissione a chiara trazione popolare, giocare il ruolo di ponte tra gli stessi popolari e il gruppo più a destra dell’emiciclo, cioè i patrioti. La strada è certamente lunga ed irta di ostacoli, basti pensare alla dura reprimenda che lo stesso Weber e la presidente Von der Leyen, hanno dedicato mercoledì scorso a Strasburgo al presidente ungherese Orban, che dei patrioti è stato il fondatore insieme alla Le Pen.

Ma intanto occorre adoperarsi per un riavvicinamento tra il suo gruppo e i popolari, cosa a cui proprio Raffaele Fitto aveva lavorato alacremente, quando era copresidente dell’Ecr. E il risultato ottenuto ieri nella conferenza dei capigruppo è la plastica dimostrazione che i popolari sono aperti al dialogo con i conservatori, e che questo potrebbe aprire delle crepe nella maggioranza che sostiene Von der Leyen.

I socialisti hanno reagito molto male alla decisione presa durante la conferenza dei presidenti, ma non hanno i numeri per poter proseguire nel loro muro contro muro con i popolari. Sanno benen che alla fine, ad uscire più malconci dal confronto rischierebbero di essere proprio loro. Non si aspettavano forse che i popolari avrebbero fatto così quadrato intorno al nome di Fitto.

E questo rappresenta oltre che un chiaro riconoscimento al valore del politico pugliese, anche un segnale di come nei popolari ci sia una decisa apertura verso un aperto confronto con i conservatori di Meloni. Nell'ultimo scorcio della passata legislatura conservatori e popolari (a cui in molti casi si sono uniti anche i liberali di renew) avevano già votato compatti su molti provvedimenti inerenti il Green deal europeo. Questo perché, al contrario di quello che accade nei governi nazionali, le maggioranze a Bruxelles sono un concetto piuttosto astratto, perché possono essere variabili.

Il nome di Fitto come commissario designato, oltre ad essere la scelta più logica e naturale che potesse fare Giorgia Meloni, visto il suo alto profilo, è anche quella forse più adatta per agevolare un nuovo corso dei rapporti tra il suo gruppo europeo e i popolari di Weber. Fu proprio Manfred Weber, in maniera anche forse un po’ 'irrituale, a fine agosto, a scendere a Roma, in una sorta di chiaro endorsement verso il candidato italiano alla commissione, che incontrò al ministero degli affari europei, prima di recarsi a Palazzo Chigi dalla premier.

Ecco perché proprio sul nome di Fitto si può concretizzare un nuovo corso nei rapporti tra i conservatori e i popolari. Ed è anche per questo forse che l’avvicendamento alla presidenza dell’Ecr, tra Meloni e il polacco Morawiecki,  che molti danno per gia decisa da mesi, non è stato ancora formalizzato. L’avversione di Donald Tusk, attuale premier polacco, e potente esponente dei popolari europei, per l’ex premier polacco, potrebbe inficiare la strategia meloniana.

Si vedrà se e come si evolveranno le cose, ma anche il fatto che Fitto avrà come vice presidente esecutivo, tra le altre cose, la supervisione sull’agricoltura, tema sempre  assai sensibile per i polacchi (non a caso l'ex commissario era proprio il polacco Janusz Wojciechowsky, del gruppo Ecr) potrebbe essere un ulteriore importante arma per convincere chi come Tusk, è forse il principale ostacolo verso il progetto di Meloni di creare un nuovo asse con i popolari europei, per cercare di cambiare gli assetti che governano ormai da anni il parlamento europeo.

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