C'è il Pd dietro i dubbi Ue su Fitto? Pare di sì. Ma è una strategia senza ratio

Perché i socialisti europei frenano sul commissario italiano

di Vincenzo Caccioppoli 

Raffaele Fitto

Politica

Probabilmente si arriverà a un compromesso, ma... L'analisi

Con una dichiarazione dai toni aspri e ruvidi, così come è nelle corde del personaggio, la presidente dei socialisti europei,  Iratxe García Perez "Portare proattivamente l'Ecr nel cuore della Commissione sarebbe la ricetta per perdere il sostegno dei progressisti", ha detto senza mezzi termini la presidente dei Socialisti & Democratici, che quasi nessuno anche all’interno dello stesso gruppo riesce a spiegare per quale motivo occupi ancora quella carica, ma tant'è. Ma qualche giorno fa anche la presidente del gruppo di Renew Valerie Hayer, nel corso dell'incontro con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, ha espresso "preoccupazione per la nomina di Raffaele Fitto".

Forse è anche per questo che Ursula von der Leyen, che avrebbe dovuto presentare la sua squadra domani alla conferenza dei presidenti del Parlamento europeo, ha deciso di spostare il tutto la prossima settimana a Strasburgo. La motivazione ufficiale è che il governo sloveno ha informato la Commissione che venerdì il Parlamento di Lubiana esprimerà il proprio parere sulla candidata proposta per la carica di commissario della nazione e che solo dopo questa fase la nomina sarà completa e ufficiale.

E’ indubbio che le affermazioni dei due esponenti di spicco di socialisti e liberali, che hanno votato per la rielezione della Von der Leyen, certamente hanno reso più tortuoso il cammino di Raffaele Fitto, verso quello che pareva un super ruolo condito da una vicepresidenza esecutiva. Un ruolo importante per il paese e su cui Giorgia Meloni sta lavorando alacremente da mesi. Tutto sembrava ormai deciso, dopo la missione, a sorpresa di Manfred Weber a Roma, a fine agosto, servita per tranquillizzare il governo italiano sul pieno appoggio dei popolari europei alla nomina di peso per Raffaele Fitto.

D’altra parte, il politico pugliese, nato a Maglie 55 anni fa, è una cambiale in bianco per il governo italiano a Bruxelles. in poco più di nove anni all’europarlamento, Fitto ha saputo conquistare tutti anche all'opposizione, con la sua competenza la capacità di saper trovare sempre un punto di contatto in ogni trattativa, anche quelle più serrate. Quello fatto con il Pnrr, che per alcuni versi appare come un mezzo miracolo, viste le premesse, ne è l’ennesima riprova. la stessa Von der Leyen avrebbe fatto capire a più riprese che il nome da Giorgia Meloni che voleva era proprio quello. così come le alte sfere della capitale belga da tempo puntano su di lui come naturale candidato italiano a sostituire Gentiloni.

Eppure, malgrado il centro destra, e Fitto in testa, nel 2019 avessero, convintamente appoggiato la scelta del candidato italiano, dalle parti del partito democratico sono cominciati i distinguo e le prese di distanza, di cui davvero non si capisce la ratio. E’ chiaro che se per primo il partito democratico italiano non appoggia convinto il proprio candidato, non ci si può attendere che lo facciano quelli spagnoli o francesi. Da tempo ci si lamenta che il nostro paese pecchi in spirito nazionalistico e fatichi a fare squadra, troppe volte i contrasti interni legittimi e in certi casi sacrosanti, vengono inevitabilmente trasferiti all'estero, cosa che invece non accade in altri paesi.  

Basti pensare appunto a quanto sta accadendo intorno alla spagnola Ribeira, candidata probabilmente ad occuparsi di green deal. I popolari europei si sarebbero opposti a questa nomina, temendo una nuova politica ideologica ed intransigente sulla scorta di quella, alla fine rivelatasi fallimentare, portata avanti da Frans Timmermans. Ma all’interno del gruppo proprio gli spagnoli, all’opposizione della Ribeira e di Sanchez in patria, in Europa cercano invece di fare fronte comune e sono ben attenti ad opporsi alla scelta del loro commissario. Per non parlare della Francia ipernazionalista, dove l'opposizione a Macron, rappresentata dai gollisti e Rassemblement si guardano bene dall’attaccare il candidato forte alla commissione Thierry Breton.

Mentre dalle parti del pd italiano si nota invece un approccio ben differente, di cui davvero non se ne capisce la ratio e il cui prodest. Perché malgrado alcune eccezioni, come quella del conterraneo di Fitto, Antonio Decaro, che ha fatto una sorta di endorsement del candidato italiano, per il resto è un susseguirsi di dichiarazioni piuttosto imbarazzante e poco chiare, che non dipendono tanto dal nome di Fitto, sul cui valore ormai davvero nessuno, nemmeno all’opposizione, avrebbe nulla da dire. Il fatto è quello di essere indecisi se seguire la propria maggioranza o appoggiare il proprio paese in una partita delicatissima come quella della scelta del candidato commissario.

Probabilmente alla fine si arriverà ad un compromesso, perché quelle portate avanti da socialisti e liberali sembrano le classiche schermaglie, tipiche del periodo che precede la formazione di qualsiasi governo, anche perché questo festo alla fine potrebbe anche avere l’effetto di avvicinare ancora di più Ecr e popolari, cosa che evidentemente certo non conviene né ai socialisti né tantomeno ai liberali. I popolari, infatti, sono il vero ago della bilancia, e saranno loro a dare alla fine le carte. E sono loro quindi la vera garanzia per Fitto, che per anni ha militato anche nelle loro file, e in definitiva forse considerano ancora come uno di loro.  Si vedrà ma difficile pensare ad un rivolgimento da parte della Von der Leyen di quelle che sembrano decisioni ormai prese,

Probabilmente ci sarà qualche compromesso, magari proprio sulla candidata spagnola Teresa Ribeira. Ma sullo sfondo resta il poco edificante spettacolo offerto dall'opposizione italiana, che sembra proprio non riuscire a fare almeno sulle grandi questioni internazionali, fronte comune con la maggioranza, in nome dell’interesse nazionale. Ecco allora che diventa un po' paradossale se si definisce da un lato la premier isolata (mentre il suo ruolo continua ad essere centrale, anche grazie alla estrema debolezza di Scholz e Macron), e dall’altro invece si cerca di giocare di sponda con gli alleati europei per cercare proprio di indebolirla.  Perché poi, misurando i fatti e i risultati ottenuti dalla premier in politica estera, queste accuse rischiano di ritorcersi contro chi le fa. È un po’ come nella celebre favola Esopo, quando la volpe che non riusciva a raggiungere il bel grappolo di uva, con una certa arroganza disprezza quello che non può ottenere.

 

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