“Chiamatemi il presidente Meloni”, Boldrini critica e i social la deridono

Ironia social su Laura Boldrini e la critica al premier Meloni per la manca declinazione dell'articolo "il" che precede "presidente"

Politica

Laura Boldrini contro Giorgia Meloni perchè si farà chiamare "il presidente"

Giorgia Meloni è il presidente o la presidente del Consiglio? Una questione che tiene sulle spine tutta Italia. La diretta interessata ha sciolto la riserva e ha comunicato che preferisce essere definita “il presidente”, ma a Laura Boldrini, deputata del Partito democratico, non sta bene.

“La prima donna premier si fa chiamare al maschile, il presidente. Cosa le impedisce di rivendicare nella lingua il suo primato? La Treccani dice che i ruoli vanno declinati. Affermare il femminile è troppo per la leader di FDI, partito che già nel nome dimentica le Sorelle?”, ha sottolineato l’ex presidente della Camera suscitando l’ironia social degli utenti.

Chiara Geloni, vicina a Pierluigi Bersani, scherza: “Cambiamo l’inno nazionale!”, il giornalista Rai Roberto Vicaretti scrive: “Non è che ora riesce fuori la roba della Matria al posto della Patria, vero?”. Per l’utente Paolo Bertolucci non è la cosa principale da far notare al neo capo (o capa?) del governo perché “oltre 100.000 aziende chiuse e vi perdete in queste quisquilie… Tutti voti regalati a dx!”.

Gaetano Ricciardi cinguetta: “Un'opposizione durissima, irremovibile”, Mattia Franza ci va giù un po’ più duro: “Fai pace con te stessa. Qui fuori c’è gente che non arriva a fine mese e del maschile o femminile non gliene importa un emerito c..”. la pagina Twitter “Il solito sbronzo” ammette: “Io voto a sinistra, mannaggia a me, ma quando leggo queste stronzate non mi stupisco che al governo ci si la destra”.

Ambrogio Lazzari chiede: “Un'altra legislatura ad affrontare questioni di lana caprina?”. Rosatea suggerisce: “Un consiglio spassionato, signora Boldrini: dedicatevi a questioni un pochino più serie, fate opposizione su faccende rilevanti, o le cose andranno ancora peggio per il PD”.

 

Palermo, Varchi (FdI): "Chiamatemi vicesindaco o non firmo gli atti"

Si accende a Palermo lo 'scontro' sul linguaggio di genere fra il segretario generale del Comune di Palermo, Raimondo Liotta, e la deputata nazionale di Fratelli d'Italia e vicesindaco, Carolina Varchi. Dopo la questione sollevata dal burocrate con una direttiva inviata agli uffici di Palazzo delle Aquile in cui si invitata a declinare al femminile ogni carica se rivestita da una donna, arriva a stretto giro di posta la presa di posizione di Varchi. "Chiedo con riferimento alle funzioni ricoperte pro tempore dalla odierna scrivente, che si continui a utilizzare la locuzione 'il vicesindaco' e 'l’assessore', diversamente non sarà sottoscritto alcun atto", scrive in un nota trasmessa a tutti gli uffici comunali l'esponente di Fratelli d'Italia.

Varchi, infatti, sottolinea il proprio "disinteresse" alla modifica della desinenza, ritenendo che "iniziative simili distolgano l’attenzione da un’autentica difesa di diritti e prerogative delle donne che certamente non sono riconducibili all’utilizzo di una vocale in luogo di un’altra, ma che richiedono interventi incisivi in materia di sostegno al lavoro femminile, alla parità salariale, alla famiglia (anche mediante l’erogazione di servizi per l’infanzia), al contrasto di ogni violenza di genere, solo per citarne alcuni in un elenco che non ha pretesa di esaustività ma di sola esemplificazione". Ecco perché secondo il vicesindaco di Palermo "soltanto se e quando ogni battaglia per l’affermazione completa e compiuta delle pari opportunità sarà vinta, si potrà tornare a dibattere su questioni squisitamente lessicali che nulla tolgono e nulla aggiungono all’affermazione dei diritti delle donne".

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