Convertiti d'Italia sul carro della Meloni: Concita De Gregorio, Giannini e...

Ecco il "rosario della conversione" dopo la vittoria di Giorgia Meloni alle elezioni...

Di Giuseppe Vatinno
Concita De Gregorio
Politica

Convertiti d'Italia e il carro del vincitore di Giorgia Meloni

Si sa che lo sport nazionale italiano è quello della salita sul carro del vincitore e così c’era da aspettarsi che il fenomeno si replicasse anche dopo le ultime elezioni e così è stato.

Il corpaccione mollo della cosiddetta intellighenzia di sinistra si è cominciato a muovere, in verità addirittura in fase di sondaggi, quando era ormai chiaro che la sinistra avrebbe perso è anche pesantemente.

La vittoria rende affascinanti e così è stato anche questa volta.

Vediamo chi ha cominciato a fare i distinguo o che ha recitato proprio il rosario della conversione.

La prima, forse per solidarietà femminile, è stata Concita De Gregorio la bionda pisana radical chic ha avuto un ripensamento critico: «Non vi ricordate di chi stiamo parlando, non sapevate che ha cominciato a quindici anni nel Fronte della Gioventù? Lei è di destra. Certo, che ha fatto un discorso di destra. Impeccabile, tuttavia. Convinto, competente, appassionato, libero, sincero. Avercene, si dice a Roma: avercene a sinistra di presenze di questo calibro da opporre, eventualmente, alle sue ragioni con la forza della ragione». Niente male per l’ex direttore dell’Unità, cominciamo a riutilizzare termini che sembrano desueti ma che appunto i recenti fatti linguistici hanno riportato in auge.

Subito dopo si è agganciato il filosofo Massimo Cacciari che addirittura ha criticato la Meloni per non essere stata troppo determinata nel rivendicare il suo essere di destra. E così si è espresso: “Ha messo in fila la lista delle cose che ogni governo precedente avrebbe dovuto fare, che qualche volta ha promesso di fare, e che nessuno è mai riuscito a realizzare”.


 

Ma se l’uscita della Concita è stata spiazzante non lo è molto questa di Cacciari sul piano ideologico perché il filosofo è uno studioso di Martin Heidegger e di Friedrich Nietzsche intellettuali di destra, solo che questo la sinistra, di cui ha fatto parte essendo anche è stato deputato e sindaco di Venezia, non lo ha mai capito.

Diverso ancora il caso di Giuliano Ferrara che l’ha buttata sul lirico, seppur confuso: “Ma chi è questa zingara andalusa donna madre cristiana che risultava minacciosa per le minoranze identitarie, intrattabile per le varie sinistre, centro di alleanze dubbie, ora che al governo si dice pronta a ogni sacrificio politico in nome della guerra europea all'autocrate del Cremlino e al ricordo, perfino al ricordo, dei totalitarismi del XX secolo, a partire dal cedimento al razzismo del Terzo Reich? Avrebbe potuto fare di quell'Aula sorda e grigia un bivacco per i suoi simboli, invece sembrava la presidente del Consiglio scelta dagli elettori». Ma Ferrara, ricordiamolo, di conversioni ne ha fatte parecchie da quando passò dal comunismo al liberalismo di Forza Italia di cui fu anche ministro. Tuttavia l’ex spia prezzolata della Cia – per sua stessa ammissione - non rinuncia a qualche assonanza quando sente la necessità di richiamare Benito Mussolini nel cosiddetto discorso del bivacco: «Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli:potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto.»

Un altro sinistro storico convertito è Michele Serra che ha dichiarato tutta la sua galante ammirazione: “Giorgia Meloni ha fatto un discorso fieramente di destra (e questo era ovvio) e di un livello politico più che dignitoso (e questo non era altrettanto ovvio)”. Poi ha proseguito, ponendo il suo bianco destriero al servizio della sua donzella, in un altro articolo: “Ognuno chiami dunque Giorgia Meloni come considera giusto, il presidente o la presidente. Io non ho mezzo dubbio, è la presidente del Consiglio, ma mi auguro che nessuno si prenda la briga di dare direttive nel merito”.

Non possiamo dimenticare invece uno dei più lesti neoconvertiti, Massimo Giannini direttore de La Stampa che ha addirittura bruciato tutti e il 2 ottobre, ancor prima della nomina ufficiale, ha detto proprio ospite di Concita De Gregorio: “La prova che Giorgia Meloni dopo la vittoria alle elezioni del 25 settembre si stia muovendo bene nei panni della probabile futura premier lo si nota anche dagli elogi che arrivano dall'altra parte della barricata. Il suo è stato un silenzio che ho apprezzato, ha dimostrato di tenere presenti i giganteschi problemi di questo Paese".

Massimo Giannini
 

Poi ci sono le “bambine di Giorgia Meloni”.

In testa Alessia Morani, trombata alle ultime elezioni, che in un rigurgito di femminismo sadomaso acido cinguetta: “Sono lontana anni luce politicamente e culturalmente da Giorgia Meloni, ma vedere tutti quei maschi dietro di lei con quelle espressioni tra il fastidio e l’imbarazzo dà una certa soddisfazione. Questa immagine cambia la storia del nostro Paese. Finalmente una donna che “guida”.

Ps: guardate le espressioni dei singoli». Acidina anche la già dimenticata Chiara Geloni, ex portavoce di Bersani: “Ma basta con questa storia della prima donna. È molto di più della prima donna a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni. È una donna con un curriculum di partito e di origini familiari modeste che a 45 anni arriva a Palazzo Chigi. È una che arriva a fare la presidente del Consiglio partendo dall’organizzazione giovanile del suo partito. È tutto quello che non siamo a sinistra”.

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