Crisi di governo, dalla congiura dei migliori al capriccio dei perdenti
E' da autolesionisti, in questa fase storica, rinunciare a Draghi per un capriccio d’estate non tanto diverso dal Papeete salviniano, anzi forse peggio
Crisi di governo, Draghi non ha nulla da dimostrare a costoro e non è certo il tipo che si lascia invischiare nei giochi fra i partiti: per questo si è fatto da parte
Quando Mario Draghi diventò capo del governo parlammo della congiura dei migliori. Per la prima volta dopo molti anni l’Italia vantava un primo ministro stimato e conosciuto in tutto il mondo. Un premier stralegittimo perché votato dal Parlamento e non un impostore come i dementi della democrazia lamentarono. Venivamo dalle esperienze dei governi di Giuseppe Conte che non aveva lo standing e il background di Mister Draghi, Conte era infatti un perfetto sconosciuto che per uno strano gioco del destino si è trovato a fare il capo del governo, non per meriti, non per militanza nei 5 Stelle in erba.
Ma si sa che l’appetito vien mangiando e Conte, dopo la sua defenestrazione dal governo, è diventato il leader dei 5 Stelle e ha covato la sua vendetta facendo mancare la fiducia a Draghi, così dalla congiura dei migliori che Conte aveva subito siamo passati al capriccio dei perdenti che Conte ha promosso.
Si perché il signor Giuseppi (come lo avevo bollato Trump) è stato sconfitto, prima politicamente, poi mettendosi alla guida di un movimento dimezzato in via di estinzione e senza alcuna possibilità di incidere dopo le prossime elezioni. Un capriccio, quello di Conte, tipo quello degli scolari invidiosi dei compagni più bravi che si sono guadagnati sul campo onori e riconoscimenti.
Calenda aveva ragione da vendere sui 5 Stelle e stupisce che il PD continui ancora oggi a inseguire un movimento che non ha più nulla da dire e che ricorderemo solo per alcune battaglie simboliche, ma i paesi non si governano sbraitando e accarezzando il pelo agli scontenti.
Questo non riguarda solo i 5 Stelle ma tutti i partiti (incluse frange del PD e di Forza Italia), pensiamo al caso dei tassisti e dei balneari, categorie che stanno impropriamente beneficiando dello status quo (a spese dello Stato, perché dove non c’è concorrenza non c’è sviluppo) e che nessuno ha il coraggio di prendere di petto.
E’ giusto che la politica faccia il suo corso, è legittimo che i partiti si organizzino per guadagnare consenso anche facendo cadere un governo, però abbiamo anche il sacrosanto diritto di urlare al mondo che è da veri autolesionisti in questa fase storica rinunciare a Draghi per un capriccio d’estate non tanto diverso dal Papeete salviniano, anzi forse peggio.
Draghi non ha nulla da dimostrare a costoro (il suo cv vale ben più della somma dei cv dei suoi interlocutori politici) e non è certo il tipo che si lascia invischiare nei giochi fra i partiti, per questo si è fatto da parte da solo pur a fronte di un fatto nemmeno così grave (la non fiducia dei piccoli indiani pentastellati). Forse ora lo imploreranno di tornare, ma il dado è tratto, se accettasse detterebbe lui le condizioni, altrimenti buone elezioni a tutti.
Intano, carenza di gas e materie prime, guerra in corso, inflazione, nuovo patto di stabilità, scudo anti spread, fondi del PNRR, sono solo alcuni dei temi che grazie al signor Giuseppi resteranno congelati nel nostro dibattito politico con possibilità per l’Italia di incidere zero qualora proseguisse questo stato di crisi. Complimenti.