Dall'Economist parole al miele per Meloni: "Ha fatto bene al Sud". Poi l'attacco a sorpresa a Mario Draghi

Nel pezzo, il settimanale Uk elogia la premier per la gestione dei fondi del Pnrr. Ma non solo

di Vincenzo Caccioppoli
Giorgia Meloni
Politica

Sud Italia e Pnrr, Meloni elogiata dal settimanale britannico Economist. Mentre su Draghi...

Che l’autorevolissima bibbia della finanza anglosassone si occupi di Italia in maniera lusinghiera è sicuramente una notizia in sé. Ma che lo faccia per la seconda volta in pochi mesi assume i contorni della eccezionalità.

Qualche mese fa, il giornale economico inglese, di cui si ricorda ancora la storica copertina del 2001 in cui considerava Berlusconi inadatto a governare, aveva elogiato la premier Giorgia Meloni, con un lungo articolo in cui si spiegava, come avesse letteralmente smentito gli scettici, elogiandone la sua politica sia sul fronte economico che su quello della immigrazione clandestina.

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Adesso ecco un lungo reportage dal sud Italia, in cui si spiega come le mosse del governo italiano e i fondi del Pnrr abbiano portato benefici importanti per una parte del paese che da decenni soffre un ritardo competitivo importante con il resto del paese. Il giornale inglese ha avuto parole al miele per come sono stati fino ad ora gestiti i soldi del grande piano di resilienza e ripresa.

"Grande cambio di passo del Mezzogiorno a livello politico, amministrativo, economico, burocratico". A pagina 44 della rivista economica più importante al mondo si legge del grande cambio di passo del Mezzogiorno a livello politico, amministrativo, economico, burocratico. Una vera e propria rinascita, che secondo il giornale britannico è dovuto all’unione di due fattori: i fondi messi a disposizione dall’Unione europea per rimettere in carreggiata il Meridione nella più ampia strategia di riconnettere i territori in difficoltà e superare le ataviche divisioni tra i tanti Nord e i Sud europei; la capacità dell’esecutivo italiano di utilizzare quei fondi, di non sperperarli, di non sprecarli, di adoperarli in modo serio, concreto, celere.

E anche in questo contesto, il cambio di passo si è avuto con l’arrivo del Governo Meloni. “I fondi UE del nuovo fondo stanno andando alla costruzione di una nuova linea ferroviaria da Napoli a Bari e di un parco eolico al largo della Sicilia. Si stanno allestendo asili nido nel tentativo di aumentare il basso tasso di occupazione femminile, insieme a una debolezza dell'economia meridionale” si legge nel pezzo nell'edizione cartacea del settimanale.

Quello che lascia poi stupiti è che il giornale inglese, smentendo la vulgata comune arriva a criticare il governo Draghi (forse qualcuno in Italia lo considererà un reato di lesa maestà) per come ha gestito la programmazione del Pnrr (al contrario di quello invece fatto sotto il governo Meloni, sotto l’abilissima regia del ministro Fitto, ora commissario europeo in pectore).

Nel pezzo, infatti, si legge che per affrontare il problema legato al rischio di infiltrazioni mafiose nella gestione dei fondi, Draghi ha optato per assumere “circa mille persone per fornire assistenza tecnica alle autorità locali. Ma – obietta la rivista – ricevevano stipendi relativamente modesti e contratti triennali”. Tuttavia, il governo di Giorgia Meloni ha adottato una linea diversa.

Ha centralizzato – si legge – il processo decisionale, limitando il coinvolgimento degli enti locali, e ha speso una parte maggiore del denaro in sussidi volti a promuovere gli obiettivi del Recovery Fund, come rendere l’Europa più verde e più digitale.  Ciò richiede meno capacità tecnica e amministrativa.  E dovrebbe essere in grado di garantire che i soldi vengano spesi più velocemente”.

Il giornale inglese spiega come anche sul fronte spesa siano stati fatti dei passi avanti da gigante, anche se si manifesta ancora qualche dubbio sulla capacità di riuscire a spendere tutta la cifra entro il limite stabilito dalla commissione “E dovrebbe essere in grado di garantire che il denaro venga speso più velocemente. Bruxelles normalmente eroga denaro dal fondo solo quando è convinta che il paese in questione abbia realizzato le riforme e gli investimenti desiderati entro le scadenze stabilite. L'Italia ha fatto bene su questo fronte. Ma la sua sfida più grande, e non solo al Sud, è l'insistenza della Commissione sul fatto che gli stanziamenti debbano essere spesi entro la fine del 2026”.

Insomma, al di là di quello che si possa pensare sul governo Meloni, è indubbio che la grande attenzione mediatica che sta suscitando presso i più autorevoli giornali internazionali, è certamente una grande novità per un paese da troppo abituato a convivere con l'idea di essere sempre e comunque sotto esame, alla stregua di uno scolaro indisciplinato. Adesso invece, almeno formalmente, questa idea sembra essere venuta meno, con buona pace di quanto ancora si ostinano ad accusare la premier e il suo governo di essere isolati a livello internazionale.

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