Decaro ed Emiliano in Antimafia. Centrosinistra come l'asilo Mariuccia
Il Pd vuole convocare anche il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi
Martedì prossimo sarà decisa la data
Siamo rimasti al balletto delle ricostruzioni e delle smentite delle smentite delle smentite, in una sospetta ricorsività che metterebbe in difficoltà anche un logico matematico come Gödel.
Tutto nasce dal comizio di sabato scorso del sindaco di Bari Antonio Decaro che -sentitosi vittima di lesa maestà per un possibile scioglimento del suo comune per in filtrazioni mafiose dopo l’arresto di 130 persone- ha “chiamato la piazza” - che ha reagito con 10.000 persone poi testimoni attonite di quanto sarebbe successo.
E così in una giornata calda e solare come solo Bari può offrire la piazza ha risposto, peccato che si sia trattato di un boomerang.
Infatti durante il comizio è intervenuto il padre politico di Decaro e cioè l’”amico fraterno” Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, che presagli affettuosamente la mano, ha raccontato un terribile “aneddoto” di diversi anni prima quando Decaro allora assessore, minacciato in piazza da una “cosa dura”, forse un dito o una pistola piantata nella schiena è scappato a cercare protezione dal suo sindaco, appunto Emiliano, che l’ha portato dalla sorella di un boss di Bari Vecchia.
Emiliano voleva forse dare di sé una immagine del mister Wolf, che nel film Pulp Fiction del grande Quentin Tarantino, “risolve problemi” ma l’effetto è stato disastroso perché non sembra un buon modo di procedere per un sindaco - magistrato (è ancora in carica) quello di andare a parlare direttamente con la sorella di un boss, sebbene incensurata.
In questi casi infatti si va dalle competenti autorità e si denuncia il fatto invece di cercare di mettere a posto le cose da soli.
In serata di sabato la solidità ultradecennale del duo era già incrinata perché Decaro aveva smentito l’”amico fraterno” dicendo che lui le sorelle dei boss non le frequenta e non le aveva mai frequentate.
Imbarazzo, sudori freddi, incredulità.
Ma Emiliano ha le spalle larghe (in tutti i sensi, essendo un omone) e quindi non solo non ha smentito la sua versione ma ha detto che era Decaro che non si ricordava bene. Al che Decaro ha detto che si ricordava benissimo e Emiliano ha cominciato a prendere sentieri laterali, dando confuse spiegazioni alternative, dicendo che forse Decaro era venuto con lui dalla sorella ma poi lo avevano chiamato un attimino e lui si era distratto per proprietà sincroniche proprio, guarda caso, nel momento esatto in cui la sorella del boss faceva capolino.
Insomma ce ne era abbastanza perché si muovesse la commissione antimafia parlamentare e bicamerale.
E così è stato.
Ieri si è radunato l’ufficio di presidenza guidato da Chiara Colosimo (FdI). La richiesta è stata del centrodestra ma Italia Viva di Matteo Renzi si è subito aggregata.
Il centrosinistra, in piena sindrome da asilo Mariuccia, ha detto che se si convoca il duo pugliese allora si deve convocare anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Peccato che Piantedosi abbia fatto solo il suo dovere che gli prescrive la legge della Repubblica italiana e cioè abbia incominciato il procedimento di valutazione per verificare la possibilità di sciogliere il comune di Bari per infiltrazioni mafiose, visto il controllo che i clan esercitavano sulla municipalizzata barese Amtab, peraltro in amministrazione giudiziaria.
Ora cosa accadrà?
Si deve aspettare un nuovo ufficio di presidenza previsto solo dopo Pasqua e cioè martedì prossimo, quando sarà stilato un calendario delle audizioni.
Per la cronaca, in un Paese alla rovescia come l’Italia, la segretaria Elly Schlein è corsa subito a blindare Decaro con una candidatura alle prossime Europee, per “premiarlo”.