M5S, Di Maio-Conte: la rottura è definitiva. Nessuna chance di pace

Di Maio riconquisterà il M5S o farà un suo partito? Tutte le opzioni aperte. Inside

Di Alberto Maggi
Luigi Di Maio
Politica
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M5S, che cosa pensa Di Maio dopo lo scontro con Conte

Nessuna possibilità di riconciliazione. Il messaggio che arriva dall'entourage di Luigi Di Maio, all'indomani dello scontro durissimo con Giuseppe Conte, è chiaro. Chiarissimo. Il ministro degli Esteri è ormai convinto, sicuro, che l'ex premier voglia far cadere il governo Draghi e, di conseguenza, sta attaccando a testa il ministro degli Esteri, usando anche ma non solo il tema del doppio mandato che verrà messo ai voti della base con la premessa "la politica non si fa di professione".

Il titolare della Farnesina, il cui telefono squilla continuamente durante il giorno (e non solo per impegni istituzionali legati al suo dicastero), si è preso una pausa di riflessione. Al momento ogni decisione - sia il tentativo di scalare e riconquistare il Movimento sia lo strappo e la creazione di un nuovo partito - sono congelate. Qualche settimana per valutare e capire bene i prossimi passi da compiere. La riserva, comunque, verrà sciolta entro la fine del mese di agosto. Anche perché in ogni caso, comunque vada a finire, serve tempo per preparare bene le elezioni politiche del 2023.

Una cosa però è certa. Come spiegano fonti vicine al ministro degli Esteri, Di Maio non si morderà la lingua, non starà zitto e continuerà a denunciare quella che ritiene una deriva sbagliata e poco democratica del Movimento targato Conte. Con queste premesse, l'estate sarà davvero bollente, almeno per i 5 Stelle, e non solo a causa del clima africano. Fino al redde rationem finale. Politicamente, Di Maio ritiene un grave errore far cadere in questo momento l'esecutivo, come ha detto ieri "non possiamo inseguire Salvini".

E sulla guerra in Ucraina, come ha ribadito anche questa mattina da Castellammare di Stabia, non bisogna assolutamente mettere in discussione le alleanze internazionali, la Nato prima fra tutte, come accadrebbe con una risoluzione in Aula quando il 21 giugno arriverà Draghi che chieda lo stop all'invio di armi a Kiev. In quell'occasione, se Conte dovesse scegliere la linea dello strappo totale con Palazzo Chigi, i tempi della resa dei conti potrebbero subire una brusca accelerazione.

Sul tema delle alleanze, poi, per Di Maio è fondamentale costruire da subito un'intesa con il Pd di Enrico Letta, stabile e programmatica. E non capisce i dubbi e i distinguo di Conte. Il tutto con Beppe Grillo - che domenica scorsa non ha nemmeno votato nella sua Genova per andare in Sardegna - che di fatto ha abbandonato il Movimento. Anche se la difesa a spada tratta del vincolo del doppio mandato ("Non privarsi della regola", ha scritto questa mattina sul suo blog) fa capire che, nonostante le lite e le incomprensioni del passato, Grillo alla fine si schiererà con Conte.

Ma Di Maio è già oltre. Emblematiche le parole di stamattina: "Sulla storia del secondo mandato, il Movimento oggi non sta guardando al 2050 ma sta guardando indietro, si sta radicalizzando. Che senso ha cambiare la regola del secondo mandato: invito gli iscritti a votare secondo i principi fondamentali. Questa è una forza politica che, in coerenza con quello che sta succedendo, si sta radicalizzando all'indietro".