Di Maio si arruola in Forza Italia? Un matrimonio contro la storia. Nessun pregiudizio, però...
Che senso avrebbe la presenza di Di Maio sotto al simbolo intestato con il nome – Berlusconi - di chi è stato la vittima sacrificale del giustizialismo grillino?
Di Maio si arruola in Forza Italia? Un matrimonio contro la storia...
Mancano poco meno di tre mesi al 28 febbraio 2025. La data non resterà negli annali della storia, ma segna la fine dell’incarico di inviato speciale UE per il Golfo Persico per Luigi Di Maio. C’è qualche motivo per scandire il conto alla rovescia? Sì, se è vera la vocina che sussurra il nuovo futuro dell’uomo politico che aveva sconfitta la povertà (la sua).
La vocina vorrebbe un Di Maio pronto ad arruolarsi in Forza Italia. E fin qui la sorpresa sarebbe modesta. Giggino, nonostante la sua giovane età, ha dimostrato di saper girovagare con spudoratezza un po’ in tutti gli schieramenti. Dopo essere sbocciato nel Movimento 5 Stelle, “enfant prodige” scelto da Beppe Grillo, forse quando il comico ha prevalso ancora sul politico, Di Maio ha dimostrato di sapersi far ben volere nientemeno che da Mario Draghi (che forse ne aveva sovrastimato il peso politico sulla via del Quirinale).
Luigi Di Maio dopo aver detto addio al Movimento 5 Stelle e aver fondato “Impegno Civico”, alle elezioni politiche del settembre 2022 si è presentato in coalizione con il centrosinistra. Il risultato non è stato degno delle aspettative: “Impegno Civico” con lo 0,6% non si è avvicinato alla soglia di sbarramento del 3%, mentre lo stesso ex ministro è stato sconfitto nel collegio uninominale di Napoli-Fuorigrotta dal pentastellato Sergio Costa.
Un fallimento dietro l’altro, a livello di consenso e di coerenza politica. Ciononostante, il Centro-sinistra lo celebra come statista. Dalla Farnesina ai nuovi orizzonti europei. Ma alla fine anche il Centro-Destra ha mostrato di apprezzare le doti dell’ex steward dello stadio Maradona di Napoli. Non solo per aver condiviso, lato Lega, una curiosa e non indimenticabile alleanza di governo, ma anche per aver “benedetto” l’incarico Ue, che è stato incardinato il primo giugno 2023, in piena legislatura meloniana.
Si sa che le vocine non sono notizie, finché non diventano fatti. Un Di Maio capace di corteggiare il suo successore alla Farnesina, Antonio Tajani, ci sta. Ma non dovrebbe far considerare ragionevole il reciproco. Se fosse vero che Forza Italia sta misurando le condizioni di un incrocio con il golden boy del M5s, dovremmo chiedere un piccolo time-out. Che senso avrebbe la presenza di Di Maio sotto al simbolo intestato con il nome – Berlusconi - di chi è stato la vittima sacrificale del giustizialismo grillino?
E che senso avrebbe considerare una risorsa politica colui che è stato l’artefice principale di uno storico spreco di risorse pubbliche: dal Reddito di Cittadinanza al Superbonus 110%? Insomma, uno dei principali rappresentanti della forza politica che ha scassato i conti dello Stato, potrebbe accasarsi nella “casa madre” del nuovo Centro-destra italiano?
Tra le tante promesse mancate da Di Maio e dai suoi accoliti c’è stata la riduzione dei costi della politica in proporzione alla riduzione dei parlamentari. Pochi giorni fa c’è chi ha fatto i conti, dimostrando che con il 36% di eletti in meno (oggi Palazzo Madama “ospita” solo 200 senatori) i costi del Senato sono stati uguali a quelli della stagione con 315 senatori: circa 500 milioni all’anno.
“La grande riforma voluta dal M5s per tagliare i costi della politica – spiega Franco Bechis - non ha fatto risparmiare agli italiani nemmeno un centesimo di euro, visto che anche la dotazione della Camera dei deputati è restata identica a prima nonostante analoga riduzione degli eletti”.
Il bilancio di dieci anni di lavoro politico italiano di Giggino non è entusiasmante. Per usare un eufemismo. I due anni di impegno internazionale? Non pervenuti. Sarebbe bene che le voci che vorrebbero Di Maio pronto a un nuovo porto sicuro fossero smentite sul nascere, soprattutto se il porto fosse quello di Forza Italia. Nessuna preclusione, nessun pregiudizio. Ma almeno si potrebbe commentare un problema di incompatibilità. Forse, alla soglia dei 40 anni per Di Maio potrebbe essere la volta buona per mettersi a lavorare, invece che usare la politica come la migliore occasione per guadagnare tanto senza saper fare nulla.