Dopo-elezioni, ora la sfida è costruire il centro: decisivo per la vittoria

La pandemia e il governo Draghi hanno avuto l'effetto di sterilizzare le contrapposizioni delle ali estreme della politica, oltre alle scaramucce tra Lega e Pd

di Vincenzo Caccioppoli
Politica
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Clemente Mastella, vecchio leone della vecchia scuola politica della Dc, lo ha espressamente detto ai microfoni di Enrico Mentana, dopo la sofferta vittoria alle amministrative di Benevento, contro il pd di Letta (a cui ha giurato guerra senza confini). “La mia opinione è quella che va rilanciato il centro e spero che anche Calenda e Renzi facciano la loro parte a livello nazionale dove anche io posso contribuire. In tanti mi stanno chiamando e qualcosa si può fare, si può tradurre politicamente in atto questo entusiasmo che ha creato la mia vittoria qui a Benevento".

Ma questa opinione di uno degli ultimi vecchi politici della Dc rimasti sul proscenio della politica nostrana, è un pensiero che probabilmente si sta facendo largo in molti esponenti politici di diversi schieramenti, soprattutto alla luce del voto amministrativo, che ha sancito la vittoria del centrosinistra (guidato non a caso da un ex dc come Enrico Letta) ma anche un record di astensioni. Il vecchio sogno di costruire un grande contenitore che potesse riunire i moderati insomma è un progetto che sembra essere tornato in auge, dopo gli anni degli ismi.

La pandemia prima e soprattutto il governo Draghi dopo hanno avuto come effetto di sterilizzare le contrapposizioni delle ali estreme della politica, al di là delle scaramucce fra pd e Lega, che sono ormai più che di contorno che di sostanza. Il quadro che emerge alla luce del voto amministrativo è quello di un pd certamente rafforzato come partito, rivitalizzato dalla cura del moderato Letta, ma paradossalmente indebolito come leader di una coalizione che è ancora tutta da costruire, lavoro tutt’altro che semplice.

I cinque stelle, infatti, sono i veri sconfitti dal voto, e rischiano letteralmente di implodere. Conte, Fico e Di Maio che guidano ala governativa ed istituzionale non vedono altra alternativa ad una alleanza con il pd. Ma molti invece non mostrano uguale interesse per quella che appare, a maggior ragione dopo il disastroso risultato elettorale, come una sorta di annessione. Letta d’altra parte ha già detto che la sua funzione sarà quella di federare i vari cespugli che vanno da Renzi a Calenda e appunto a quel che resta dei cinque stelle per formare un'alleanza strategica contro il centrodestra.

Ma già il fatto che Calenda abbia avuto la forza di pretendere a Roma l'abiura da parte del candidato sindaco del Pd all’ingresso dei cinque stelle in giunta, la dice lunga sulla possibilità che questo progetto possa avere successo. Per non parlare poi di Matteo Renzi, che oltre ad avere una naturale idiosincrasia verso Grillo & C, sembra avere anche ormai un sottile e perverso godimento nel mettere i bastoni tra le ruote al suo vecchio partito. D’altra parte per Letta la via delle alleanze appare strettissima anche guardando ad una parte di Forza Italia, che difficilmente però potrebbe fare una simile giravolta a 360°, senza rischiare la definitiva scomparsa.

Renzi come al solito è quello che in questa situazione dà le carte nel campo del centrosinistra- dice uno dei deputati di Italia Viva più vicino al senatore di Rignano- perché è l’unico che ha un visione e sa come muoversi nei momenti delicati. Il governo Draghi è stato il suo colpo da maestro, perché il capolavoro è stato quello di accreditarsi come vero king maker di un nuovo futuro contenitore che possa contrapporsi a quella che considera come la vera rivale e cioè Giorgia Meloni”.

Insomma Renzi, grazie al governo Draghi, avrebbe tutto il tempo di tessere la sua tela per arrivare a quel ruolo di federatore delle forze di centro, antitetiche a Letta da una parte e Meloni dall’altra (singolare che da tempo Renzi non attacchi più Salvini uno dei suoi bersagli preferiti) che vanno da Calenda a Mastella, passando per Toti e per arrivare ad ampi spezzoni di Forza Italia perché no qualche deluso o ancora a lui fedele all’interno del Pd. La leader di Fratelli d’Italia non a caso dopo la sconfitta ha preso di petto la situazione e con grande responsabilità ha assunto l’onere di spiegarne i motivi e allo stesso tempo ha annunciato un prossimo vertice, assumendo ormai la veste di quella leadership del centrodestra da troppo tempo contesa con Matteo Salvini.

“La Meloni ora è padrona del suo destino, ha di fronte a sé due vie, una è quella di arroccarsi sulle idee sovraniste e populiste, che ha dimostrato di essere perdente la seconda e creare con il suo partito una calamita per tutte le anime conservatrici che ancora adesso rappresentano la maggioranza del paese”, dice un senatore di Forza Italia. Resterebbe la grande incognita Matteo Salvini, che è quello forse rimasto maggiormente scottato dal voto, per la sua posizione assai scomoda nel governo Draghi. Anche se paradossalmente forse la sua leadership all’interno della Lega esce ammaccata ma del tutto sconfitta da questa debacle del voto amministrativo. Questo perché anche i suoi presunti rivali nella Lega, Giorgetti e Zaia hanno registrato pesanti sconfitte dei loro candidati, a Varese, Torino e a Conegliano Veneto.

E il fatto che Giorgetti proprio da Torino a fianco al suo candidato Damilano, uscito pesantemente sconfitto da Lorusso, abbia parlato di sbaglio nella scelta dei candidati, lo pone per forza di cose sul banco degli imputati come e forse più del suo segretario. Ma il ruolo di fedele alleato di Draghi pone Salvini in una posizione di chiara debolezza nei confronti della Meloni da un lato e di Letta e Renzi dall’altro. Il suo ingresso nel governo per uno come lui è sicuramente più dannoso di quello che può essere per Letta.

La stessa leader di Fratelli d’Italia, potrebbe e dovrebbe cambiare forse leggermente strategia, come consigliato anche dal fido Crosetto, non più rafforzare solo il proprio partito ormai stabilmente primo partito italiano, ma guardare ad una sorta di Ecr italiano, che possa raccogliere tutte le forze conservatrici rimaste orfane in Forza Italia, Lega ma che in cinque stelle ed Italia viva. Un ipotetico centro sarebbe a questo punto pericoloso per Letta e il Pd perché rappresenterebbe un approdo più naturale per le forze che vorrebbe riunire.

Ecco allora che la vittoria delle amministrative potrebbe anche diventare nel tempo un vittoria di Pirro per il Pd e il suo segretario, che adesso sembrano ringalluzziti dall’esito e potrebbero essere tentati anche dal colpo di mano di votare Draghi e provare l’ebbrezza del voto anticipato. Ma si sa spesso gli azzardi in politica, come dimostrato recentemente anche dalla crisi al buio aperta da Salvini nell'ormai celebre estate del Papeete, possono riservare sorprese amarissime.