Monti e la democrazia, pericoloso solo pensare di limitare l'informazione

Dopo Monti in tv è pericoloso anche solo pensare di limitare la “somministrazione” dell’informazione. E Monti fu nominato da Napolitano pro-soppressione libertà

Di Pietro Mancini
Politica
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Democrazia: "l'autocensura” della grande maggioranza dei media, di fatto, è già praticata

Mario Monti, 78 anni, in TV, forse, non ha invocato il Minculpop, di mussoliniana memoria. Tuttavia, sono apparse inquietanti le frasi, pronunciate, senza il solito Loden, dall’attempato prof. nel silenzio gelido dei conduttori di “In onda” su “La 7”. Alcuni hanno osservato che la “autocensura” della grande maggioranza dei media, di fatto, è già praticata. E Giorgia Meloni ha chiesto: “Cosa sarebbe successo se una dichiarazione, simile a quella di Monti, fosse stata fatta da un esponente di destra?”.

L’Italia del 2021 attraversa, certo, una fase drammatica, a causa della pandemia e delle deboli risposte della politica democratica, sostituita da una personalità, Mario Draghi, stimata, ma non eletta dal popolo, nelle gabine. Ma porre dei limiti all’ informazione e al pluralismo, “perché occorre dare un messaggio”, acuirebbe le tensioni sociali. E attenzione ai precedenti del 1921. Al Quirinale, certo, oggi, c’è un democratico, silenzioso ma vigile, Mattarella, e non un Re travicello, come Vittorio Emanuele III, che nulla face per fermare l’avvento del fascismo.

Ma non può non suscitare preoccupazione che chi, come Monti, sempre considerato un esponente liberale, invoca “modalità meno democratiche nella somministrazione dell'informazione” sia una cosiddetta “riserva della Repubblica”, nominata senatore a vita il 9 novembre 2011 e dal 16 novembre 2011 fino al 28 aprile 2013 Presidente del Consiglio. La nomina fu firmata, in piena bufera economica, dall’allora Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, i cui capi, nel vecchio PCI, i Togliatti, i Cossutta e c. avallarono, in quanto organici al PCUS, provvedimenti per limitare, o sopprimere, la libertà dell’informazione.

E lo stesso “Re Giorgio”, allora responsabile della commissione meridionale del Comitato centrale del Pci, dal 2006 al 2015 Presidente della Repubblica (nonché grande architetto degli ultimi governi), scrisse, su “L’Unità”, nel 1956, che “l’intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma ha rafforzato la pace nel mondo”. La pace ci fu, sicuramente. Ma, come scrisse Indro Montanelli a proposito della Grecia, dopo la conquista romana, fu una pace da cimitero…