Elezioni 25 settembre: ecco perché l'incubo pareggio è reale...

Elezioni 25 settembre. Lo spettro dell’astensionismo. E se non vincesse nessuno?

Di Massimo Falcioni
Politica
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Elezioni 25 settembre 2022: attenti all'astensionismo

Da qui al 25 settembre saranno due mesi infuocati non solo per la gran calura ma per lo scontro politico già iniziato senza quartiere fra i partiti o quel che dei partiti è rimasto. Una campagna elettorale non con la gente e fra la gente nelle piazze e nei luoghi di lavoro e di villeggiatura ma nei salotti tv e sulle praterie dei social con lo spettro del nemico temuto da tutti: l’astensionismo dalle urne. Dopo la caduta del governo Draghi, ennesimo esempio di mala gestione della politica che ha aumentato il senso di confusione e distanza tra popolo e palazzo, permane nel Paese un disprezzo contro questi partiti e contro questo Parlamento, con frange minoritarie di aficionados ideologizzati o solo legati al potere pronti ad azzuffarsi mediaticamente fra loro  e a fare azzuffare le ultime brigate di fan in una campagna elettorale fra intimi, alla guisa di una guerriglia spinta dagli slogan incentrati sulle invettive e sulle promesse. Così non sarà facile far varcare agli italiani la porta dei seggi, far trionfare la ragione sul fanatismo e l’interesse generale su quelli di gruppo e di fazione.

Elezioni 25 settembre: i voti centristi

Sarà questo, convincere gli elettori a votare, il primo degli obiettivi di tutti i partiti, insieme a quello della conquista dei “voti centristi”, decisivi per la vittoria  fra i due schieramenti di centrodestra e di centrosinistra.

Schieramenti con leadership per lo più logorate e privi di linea politica continuando a battere (in vario modo e con l’eccezione della Meloni) sul chiodo fisso di essere stati loro e solo loro, ieri, i veri sostenitori di Draghi, e oggi, ancora draghiani senza più Draghi. I sondaggi danno vincente la coalizione di centrodestra rispetto a quella di centrosinistra.

Elezioni 25 settembre: rischio che non vinca nessuno

Tuttavia, dopo la dissoluzione del governo Draghi, esemplare nella modalità e nella sostanza politica “su come non si deve fare” politica, c’è da mettere nel conto qualsiasi finale: anche che alle urne del 25 settembre non vinca (politicamente) nessuno, di fatto con un pareggio. Gli italiani non hanno mai voluto che a governare il Paese fossero le ali più estreme, di destra o di sinistra. Oggi, con i partiti privi di ideologia e di identità e con leadership sbiadite, tutto è più sfumato. Tuttavia, specie nel centrodestra con Fratelli d’Italia (dato come primo partito assoluto) può pesare negativamente, anche a livello europeo e mondiale, la prospettiva di un governo nazionale guidato da un esponente di quello che fu il partito erede del fascismo e magari con il rientro come ministro “pesante” dello stesso Berlusconi. D’altronde, non stanno meglio sull’altro fronte, quello del centrosinistra, una baraonda di partitini da salotto con pochi voti e di poche idee tenuta insieme con lo scotch del potere dal Partito democratico, “orfano” dell’inaffidabile e cotto M5S.

Il  cosiddetto “fronte repubblicano” con riferimento a Draghi (con il diretto interessato tutt’altro che consenziente…) è adesso l’unica linea su cui pare attestarsi Letta per contrastare il centrodestra. Dunque, un quadro generale tutt’altro che esaltante per un nuovo parlamento e un nuovo governo che hanno il compito di non fare precipitare il Paese nel tunnel di una crisi politica, economica, sociale senza ritorno. Dalle urne del 25 settembre potrebbe uscir fuori un’altra ipotesi, quella della terza via, cioè di un sostanziale pareggio (politico oltre che aritmetico) fra le due coalizioni. A quel punto riparte la manfrina dei giri al Colle con l’unico sbocco possibile, ancora quello del “governo del Presidente”. Ma “bruciato Draghi”, il nuovo Draghi dov’è?. E la pandemia, la guerra, l’inflazione, il Pnrr, il ruolo dell’Italia nella Ue e nel mondo? Occhio, perché è un attimo uscire da “questa Europa” e da questo Occidente imperfetti e a zig-zag e imbucare il tunnel verso il buco nero dei progetti imperiali di Putin e di Dugin della Terza Roma e dell’Eurasia.