Elezioni, Pd vincitore solitario. Il M5s ormai è una costola dei dem
L’alleanza strutturale con i Cinquestelle avvantaggia il Nazareno ed è una strada obbligata per Conte. Il voto riporta in pista il bipolarismo
C’è un vincitore solitario di questa tornata elettorale ed è il Pd di Enrico Letta. Un Pd che conquista al primo turno Milano, Bologna e Napoli. Ma non è il solo dato che emerge plasticamente dai seggi. L’altro, speculare, è quello che riguarda il M5s, che da solo non tocca palla e alleato con i dem spesso ne diventa una stampella. Anche a Napoli, per esempio, è poco sopra il 10 per cento ed è lontano anni luce dalle percentuali raccolte alle politiche del 2018. Per il partito guidato da Giuseppe Conte, dunque, l’alleanza strutturale con il Nazareno diventa quasi una strada obbligata. La sfida di palazzo San Giacomo docet. Ma la stessa lezione arriva pure da Bologna, malgrado percentuali non proprio lusinghiere. Mentre Milano e Torino, con un Movimento così poco competitivo, suonano come un campanello d’allarme. E se questo non bastasse c’è la sfida Capitale. Qui la battaglia in solitaria combattuta da Virginia Raggi non ha pagato. Si dirà che pure il Pd con Roberto Gualtieri non ha sfondato al primo turno e bisognerà attendere i ballottaggi. All’ombra del Colosseo, però, a insidiare l’ex ministro dell’Economia c’è stato anche Carlo Calenda che comunque ha drenato parte dei voti.
Proprio i ballottaggi però a questo punto saranno la prova del fuoco per una futuribile alleanza strutturale Pd-M5s. Cosa faranno gli elettori grillini a Roma al secondo turno? E, soprattutto, c’è da aspettarsi qualche presa di posizione netta da parte del leader Conte che non era pensabile arrivasse in vista del voto di ieri e oggi? Un dilemma che si ripropone su Torino, viste le acredini con il Pd che si sono sedimentate nei cinque anni di governo della città da parte di Chiara Appendino.
Una cosa è certa: alla fine della fiera, soprattutto dopo aver incassato anche la vittoria alle suppletive di Siena, chi non ha nulla da temere è proprio Enrico Letta. Il cantiere per il 2023, di cui è sponsor insieme a Conte, a questo punto, dovrebbe essere in discesa e soprattutto a trazione Nazareno. Certo, quest’affermazione del Pd potrebbe riattizzare il desiderio di elezioni anticipate mai sopito nella sinistra dem. Il partito del voto, spedendo Draghi al Quirinale e mettendo in sicurezza la pensione per i parlamentari, potrebbe tornare a farsi sentire. Sia Letta che Conte, in realtà, ne trarrebbero giovamento, guidando due forze politiche senza controllare fino in fondo le proprie truppe nelle Camere. Ma nel corpaccione del Pd pesa pure la corrente di Base riformista, capeggiata da Lorenzo Guerini e Luca Lotti, che si è subito affrettata a sottolineare la necessità di andare avanti con l’agenda Draghi. Senza contare, poi, che le resistenze maggiori di fronte a un simile scenario si annidano soprattutto nel M5s: pesa il taglio dei parlamentari che sul partito di maggioranza relativa avrebbe l’effetto più forte e pesa il nodo mai sciolto del vincolo del doppio mandato.
Prima di proiettarsi così avanti, tuttavia, il M5s dovrà elaborale i risultati di queste amministrative. Avranno gioco facile tutti gli sponsor, da Roberto Fico a Stefano Patuanelli e Roberta Lombardi, con Conte in testa, dell’alleanza con il Pd. Ma non mancherà neppure chi addebiterà le responsabilità delle sconfitte inanellate alla decisione di sostenere l'attuale esecutivo. Gli strali di Alessandro Di Battista, sebbene sia fuori dal Movimento, si faranno sentire e peseranno.
Queste elezioni però sono significative anche perché segnano un ritorno a quel bipolarismo che le passate amministrative avevano archiviato. C’erano stati l’exploit del M5s a Roma e Torino con Raggi e Appendino e la vittoria di De Magistris a Napoli. Un voto alternativo a centrodestra e centrosinistra di cui non c’è più traccia oggi. Le prove nella Capitale e sotto la Mole, infatti, sono una sorta di nemesi per i Cinque stelle. Pure Calenda, poi, fuori dai classici schieramenti e nonostante il buon risultato, non è il De Magistris che conquistò palazzo San Giacomo cinque anni fa.
Calenda, però, merita una riflessione a parte. Un’affermazione a due cifre per l’ex ministro dello Sviluppo economico rappresenta infatti un bottino spendibile in un prossimo futuro. Una sorta di boomerang per Italia viva che pure lo ha sostenuto nella corsa al Campidoglio. Almeno nell’ottica di un rassemblement di centro, perché l'ex titolare del Mise rischia di scalzare Renzi da una ipotetica leadership in quest’area.
Quali sono stati infine gli effetti del Governo Draghi sul voto? Come per Forza Italia nel centrodestra, anche per il Pd nel centrosinistra non si è registrato nessun contraccolpo per l’adesione all’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce. A conferma che il Partito democratico è percepito e anche accettato come partito della stabilità.