Elezioni Torino, come perdere le elezioni e vivere felici

Facciamo il punto...

di Francesco Signor
Politica
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Tra biciclettate con picnic annullate, chiacchierate ai mercati rionali, cazzeggi al Salone del Libro e confronti tra candidati noiosi come la Palombelli, la campagna elettorale torinese corre, corre, corre come la locomotiva di Guccini. 

Del resto, come diceva il buon vecchio Franklin Pierce Adams, alle elezioni la maggior parte delle persone vota sempre contro qualcuno e mai per qualcuno. Intanto, qualche giorno fa al Teatro Colosseo di Torino, si sono incontrati i tre baldi candidati, Paolo Damilano, Stefano Lo Russo e Valentina Sganga, sotto l’occhio vigile del direttore della Stampa Massimo Giannini. Sono andati tutti giù di fioretto e questo non deve aver appassionato granché la platea appisolata.

Tanto per dire, al candidato del Centrodestra Damilano avrei chiesto almeno un commento sull’accusa sollevata da Igor Boni, presidente dei Radicali Italiani, riguardo il suo presunto conflitto di interessi da cinquanta milioni di euro di fatturato. Una questione che riguarda le concessioni per l'imbottigliamento delle acque minerali, il principale business della sua famiglia, che vengono rilasciate proprio dalla Città Metropolitana di cui potrebbe diventare sindaco. Oppure se, avendo ottenuto l'appoggio del Popolo della Famiglia, celebrerà le unioni civili tra omosessuali. O, ancora, se è vero che nei gazebo del partito della Meloni che lo sostiene bazzichino gli esponenti di Casapound.

Tutte domande che ho provato a fargli, in queste settimane, senza però ricevere risposta. E mica voglio fare polemica. Ora, se mi dicessero che nei banchetti di Stefano Lo Russo sono presenti dei seguaci dei rettiliani, una domanda mi verrebbe voglia di fargliela. E cosa fa Paolo Damilano per depistarmi? Se ne esce con una sagace battuta gastronomica spiazza tutto: "Gli immigrati che vengono a Torino, se si integrano, sono i primi ad assaggiare Barolo e tartufo". A parte che manco i torinesi più indigeni possono permettersi di mettere a tavola quei due lì con i prezzi che hanno, ma non è questo il punto. Sono parole che mi indignano, mi spiace ma devo dirlo: per quale dannata ragione, in nome di tutti gli chef stellati piemontesi, discriminare in questo modo la Bagna càuda?

Comunque, non sarà questo che costerà le elezioni a Damilano. Secondo me, molto peggio ha fatto Matteo Salvini che ha strombazzato su Radio 24 la sua previsione: “a Torino vincerà Damilano”. Ecco proprio quello che ci voleva per dargli il colpo di grazia. Come è noto ai più, Salvini non imbrocca una previsione da quando ha perso i denti da latte. In confronto Fassino è Nostradamus.

Ma non è finita qui. A un altro confronto al Cinema Massimo, organizzato il 15 settembre scorso dall’Agis, l'Agenzia Generale dello Spettacolo, Damilano e Sganga non si sono presentati, mandando chi ne fa le veci. L’unico presente è stato Stefano Lo Russo che ha fatto il suo, dopo essere stato preso a badilate di incoraggiamento a mezzo stampa da Sergio Chiamparino nei giorni precedenti: “Lo Russo è più bravo, ma metta maggior calore nelle idee”.

È giusto dire che in quei del cinematografo si parlava di cultura e, probabilmente, questo spiega l’assenza degli altri due principali candidati, visto che, si sa, la cultura non porta voti. Per carità ognuno può interpretare la scelta come vuole. Dal canto mio, mi limito a riportare il commento legittimamente caustico e piccato di Gabriele Ferraris, già caporedattore de La Stampa e oggi collaboratore di Corriere Torino, sul suo blog Gabo su Torino: “Resta il fastidio per la latitanza di Damilano e di Sganga: non è per mancanza di fiducia, ma prima di dare un voto a qualcuno, gradirei almeno sentire dalla sua viva voce che cosa pensa sui temi che mi stanno a cuore. No intermediari. Se manco ti degni di parlarmi adesso che ti serve il mio voto, che cosa farai da sindaco? Verrai a pisciarmi il cane sulla porta di casa?”.

L’unica notizia positiva è il ritorno di Paolo Verri che si è candidato alle Comunali per Torino Domani di Francesco Tresso. È indiscutibilmente uno dei più brillanti manager culturali italiani con un passato all’Associazione Italiana Editori (dove inventa e realizza con Paolo Taggi la trasmissione “Per un pugno di libri”), poi al Salone Internazionale del Libro di Torino (dove è stato il più giovane direttore della manifestazione), quindi alla direzione di Torino Internazionale e del Comitato Italia 150, fino a diventare Direttore Generale della Fondazione Matera-Basilicata 2019 (dopo aver curato nel 2014 la regia per la designazione di Matera a Capitale Europea della Cultura per il 2019).

Tanto per far capire subito che non è uno da chiacchiere e distintivo ha subito promosso un appello per portare a Torino il Festival dell’Economia di Tito Boeri e Giuseppe Laterza che ha recentemente ricevuto il benservito dalla giunta provinciale trentina in quota Lega. Insomma, è uno che ne sa e, proprio per questo motivo, negli ultimi anni si è ben tenuto alla larga da questa città.

Stamattina apprendo via Whatsapp che Paolo Damilano ha avuto un lieve malore e su indicazione dei medici ha sospeso la campagna elettorale per 24 ore. Ovviamente io non c’entro nulla. Ci auguriamo tutti di rivederlo presto in splendida forma per le vie della città.