Europee, la partita della vita per i due Matteo nazionali

Due senatori accomunati dalla bruciante e dirompente ascesa e dall'altrettanto travolgente declino

di Daniele Marchetti
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Elezioni europee

Ci siamo. La volata è lanciata ed a giocarsi la maglia del futuro sono soprattutto due dei tanti protagonisti politici scesi in campo per queste elezioni europee che molti individuano come decisive: l’indomito Capitano Salvini e il più compassato conferenziere Matteo Renzi.

Due senatori accomunati dalla bruciante e dirompente ascesa e dall'altrettanto travolgente declino. Due comunicatori sopraffini, dall’esagerazione facile, esuberanti e briosi che si trovano, per ragioni diverse, ad un bivio: l’uno, il lumbard, rischia di perdere la leadership del partito. L’altro che il partito se l’è giocato da un bel po’, rischia di essere tagliato fuori da ogni partita politica.

Dunque, una elezione per due destini! Colpisce molto come la coppia del momento: il vice-premier Matteo Salvini ed il generale Roberto Vannacci, simbolo della cavalcata leghista al Parlamento europeo 2024, sia sempre circondata da un vuoto surreale, assolutamente estraneo alla tradizione lumbard dove la corsa elettorale (qualunque essa fosse) era di tutti: parlamentari, Presidenti di regione, Sindaci ed uno stuolo di amministratori.

È forse la prima volta nella storia trentennale della Lega che un importantissimo pezzo di partito e segnatamente la Liga Veneta (degli Zaia, dei Fedriga), osteggia in modo aperto e tanto fragoroso una candidatura proposta dalla segreteria nazionale.

La solitudine, resa palese dai palchi della chiusura della campagna elettorale, appare la cifra del valore politico interno ai lumbard che riveste questa cruciale tornata elettorale. Ma appare anche la misera cifra politica di un’opposizione interna remissiva, timorosa senza un vero leader e senza reali aspettative se non quelle del passo falso del Capitano.

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Poi c’è l’altra solitudine; quella di Matteo Renzi gran cerimoniere della caduta del secondo governo Conte (il governo giallo-rosso), dell’insediamento del primo governo Draghi, dell’elezione -in extremis- del Mattarella bis ed oggi costretto a candidarsi al Parlamento europeo per tentare di poter ancora dire qualche parola in Italia dove Italia Viva è fuori da tutti i giochi. Fuori dalla partita del premierato visto che i voti dei renziani non saranno sufficienti ad evitare il referendum (sempre che la riforma veda la luce). Fuori dalla partita della riforma della Giustizia che la maggioranza, per la buona accoglienza che essa sembra riscuotere nel corpo elettorale, certamente vorrà rivendicare come propria. Fuori dall’ambizione di poter costituire, da una posizione di forza, la quarta gamba della maggioranza Meloni.

Una situazione assai compromessa che Matteo Renzi tenta di riacciuffare per i capelli cercando di tornare ad essere l’ago della bilancia per la costituzione della maggioranza che sosterrà la nuova Commissione europea. E c’è da scommettere che qualora questo scenario si potesse anche solo ipotizzare ogni problema sul colore politico della nuova maggioranza e sulla presidenza della Commissione svanirebbero d’un botto.

Infine potrebbe materializzarsi la scialuppa Mario Draghi che da presidente della commissione o del consiglio europeo, potrebbe dare a Renzi una gran mano per entrare in maggioranza (sebbene non da ago della bilancia) e tentare di avere un posto di rilievo (commissario europeo?). In fondo l’ex Mister-BCE deve proprio all’ex Sindaco di Firenze il suo approdo a Palazzo Chigi e la riconoscenza a certi livelli è d’obbligo. Dunque per i due Mattei nazionali, le europee 2024 saranno un bel banco di prova. E, come si dice,: “agli elettori l’ardua sentenza”!