Filippo Rossi lancia la Buona Destra: "Draghi grande occasione per l'Italia"
FILIPPO ROSSI, "LA BUONA DESTRA" IL 18 SETTEMBRE MANIFESTAZIONE A ROMA
Il 18 Settembre manifestazione a Roma e a seguire assemblea fondativa a Novembre. 150 comitati, 5000 iscritti e un mantra imprescindibile; “Stati Uniti d’Europa”! A credere fermamente in questo progetto politico è Filippo Rossi, editore, esperto di comunicazione, “patron” di Caffeina Festival e Media, ex consigliere comunale a Viterbo, giornalista e scrittore. Figlio di un ufficiale dei granatieri, Rossi ha collaborato in precedenza con “Il Tempo” (cronaca), diretto il sito web “Fare Futuro” riconducibile all’ex Presidente della Camera Gianfranco Fini e curato un blog sia per il “Fatto Quotidiano” che per l’ ”Huffington post” di Mattia Feltri, ove attualmente scrive. Partito da giovanissimo nel Movimento Sociale Italiano, ha poi lavorato al fianco di Marcello Veneziani, Pietrangelo Buttafuoco e Luciano Lanna, oggi è aspramente critico contro quella che egli definisce senza mezzi termini “destra sovranista, un polpettone sovra rappresentata” e - dopo 15 anni di rilancio turistico del capoluogo della Tuscia, tramite la rassegna culturale dai grandi numeri qual è stata “Caffeina” (centinaia di ospiti illustri sui pachi e migliaia di presenze) - intende portare al cospetto degli elettori un nuovo soggetto partitico. E’ “La Buona Destra”, d’ispirazione gollista, “liberale, moderato, europeista”, che non si ferma al solo consenso, ma che “in questo vuoto d’offerta” pone come fulcro del dibattito un’Europa forte che diventi super potenza globale pronta a trattare temi complessi come il rilancio dell’economia, l’immigrazione e le delicate questioni internazionali; Afghanistan in primis! Ha concepito, unitamente a Lanna, “Fascisti Immaginari” e di recente il suo ultimo sforzo letterario (che è un po’ anche la “costituzione” della sua nuova creatura politica); “Dalla parte di Jekyll: Manifesto per una buona destra”. In questo colloquio a tutto tondo ci ha parlato di passato, presente e soprattutto futuro, di Italia, di Covid, di Draghi, della sua testata e del festival, del fallimento di una politica interna che non sa esprimere un leader, di amministrative romane, di tematiche fuori confine, di green pass, di Afghanistan e – ovviamente – dell’appuntamento settembrino in programma nella Capitale.
Filippo Rossi: "Draghi è una grande occasione per l’Italia, è indubbio però che se un sistema politico ha bisogno dei veri Draghi è un sistema fallimentare"
Giornalista, fondatore di Caffeina sia magazine che Festival, opinionista, ex consigliere comunale. Cosa la spinge sin da ragazzo ad impegnarsi per il sociale e la politica?
E’ una questione intanto familiare. Di solito nelle famiglie dove si cresce parlando spesso di politica si è inevitabilmente coinvolti da essa. Quasi un destino scritto nel mio dna culturale. Non solo la famiglia ma anche l’ambiente in generale che era intriso di discussioni politiche. Nasce tutto da lì. E a questo va aggiunto l’aspetto personale: non riesco a non pensare collettivamente.
Viterbese?
In realtà 50% viterbese e 50% romano. Sono nato a Trieste. Con un padre militare (granatieri) abbiamo fatto 16 trasferimenti, consideri che i nonni sono sparsi per tutta Italia. Diciamo che tra Roma e Viterbo sto a casa mia.
Il giornalismo. Ci parla di questa parte di sé? Passione? Lavoro? Entrambi? “Il Tempo”, il “Fatto quotidiano”, “Huffington post” etc. etc.
Ho iniziato come cronista al “Tempo” di Roma. Per il “Fatto” curavo un blog così come oggi faccio con l’Huffington post di Mattia Feltri. E’ uno spazio di opinioni. Tuttavia la principale attività da editore/giornalista è dentro la struttura di “Caffeina media”, quella la mia principale professione.
Caffeina Festival e Caffeina Magazine. Come nascono?
Sono l’ideatore di entrambi. Come tutte le cose, si evolvono gradualmente insieme agli amici osservando le tendenze della comunicazione. Caffeina Festival è nato per dare un contributo alla crescita della cultura e del turismo per la mia città. Speriamo torni ad essere una grande rassegna per il centro storico. L’idea di un evento a grosso richiamo ha tentato di dare un senso di vita al bellissimo borgo di San Pellegrino, ormai delocalizzato e privo di anima. Il Magazine invece è di circa 10 anni orsono, quando abbiamo capito che il futuro erano i social. E quindi abbiamo cominciato ad investire sulla pagina. Tra i due nasce prima il Festival e poi l’idea di nazionalizzarlo tramite canali e testate, ossia di nazionalizzare quell’esperienza e quel marchio attraverso i social.
Gli ultimi come sono andati?
Covid permettendo il penultimo si è svolto a Santa Severa, in presenza, ma in versione molto ridotta. Un evento al giorno, completamente diverso da quello fatto nelle edizioni precedenti a Viterbo. L’ultimo è avvenuto a Palazzo Farnese di Caprarola, un luogo magico e ricco di storia. Sono venuti ospiti illustri, Cazzullo, Pelu’, De Gregori e molti altri. Ma l’obiettivo primario è tornare a Viterbo.
Quando parte la sua esperienza in politica?
Tutto parte nel mio essere da sempre nel mondo della destra italiana. Inizio a far politica da bambino quasi, a 14 anni a Roma. Non ho mai fatto politica partitica da tesserato, però, dall’adolescenza in poi, ho organizzato eventi e mi sono dedicato ai libri e alla cultura. Dal Movimento Sociale in poi. Come le dicevo, io iniziai al “Tempo” come cronista, poi ebbi delle esperienze nell’Italia settimanale con Veneziani prima e Buttafuoco dopo e nel 2003! insieme a Luciano Lanna abbiamo pubblicato “Fascisti immaginari”. Da quel momento è partito il mio impegno più politico contestualmente alla direzione del web “Fare Futuro”, collegato a Gianfranco Fini che, naturalmente, mi diede più visibilità.
Cosa questa destra di oggi non la convince?
La faccio semplice. E’ indubbio che ovunque esistono due destre. L’anomalia è solo italiana ove c’è questo grande polpettone a trazione sovranista. Basta andare oltre confine, in Francia per esempio ove ci troviamo una destra gollista avversaria alla Le Pen. Due destre sovraniste sono esageratamente rappresentate in Italia, stiamo parlando del 40%, il che vuol dire che qualcosa non funziona.
Quindi lei pensa ad una sorta di destra moderata liberale?
Certo, e aggiungerei categoricamente europeista. Senza una destra liberale il sovranismo prende il sopravvento, ma sui grandi temi non può sedersi al tavolo dei leader europei. C’è una destra nel vecchio continente che sogna gli Stati Uniti d’Europa e c’è un’altra destra che continua a pensare in funzione di nazioni autonome che però renderanno l’Europa sempre più debole. Se lei vede cosa è successo in Afghanistan capisce che l’Europa di oggi ha subito la scellerata scelta americana. Questo perché non ha la forza politica e quindi militare ed economica di prendere decisioni autonome. Io credo ad una destra europea che sappia costruire e non distruggere o pensare solo ai proprio piccoli interessi. Un grande paese come il nostro non può permettersi l’assenza di una destra liberale che guardi in modo inclusivo. Eppure oggi non c’è. Voglio provare a costruirla. Impresa ardua, ma la sfide non sono mai facili.
La “Buona Destra” dunque, il suo partito
Esatto. Il partito esiste da un anno, poi ovviamente ci siamo fermati per il Covid-19. Fermi gli eventi pubblici fermi i progetti che avevamo in essere. A oggi siamo ormai più di 150 comitati in tutta Italia con oltre 5000 iscritti e un’assemblea fondativa che si terrà a novembre a Roma. Il 18 settembre siamo in piazza, proprio nella Capitale, alle 15:00. Anzi, colgo l’occasione per invitare tutti coloro che vorranno venire ad ascoltarci per sentire cosa è veramente la “Buona Destra” e come si propone agli italiani. Vogliamo sancire l’inizio di qualcosa di nuovo. Dialogare come hanno fatto i gollisti in Francia e la destra moderata in Germania con il Cdu.
Perché allora tutto questo consenso a Lega e Fratelli d’Italia? Come se lo spiega?
E’ un vuoto di offerta. La politica è più offerta che domanda. Scelgono quel che c’è o votare quel che non c’è. La destra moderata liberale in Italia non esiste. Dobbiamo costruirla con fatica. Non dico che sia facile, ma il tentativo va fatto assolutamente. Senza un soggetto diverso i sondaggi sono drogati. Lo vediamo anche oggi. Poi c’è Forza Italia, nata con queste prerogative ma attualmente carente di leadership. Va riempito quel vuoto, basato sul liberismo e l’europeismo.
E’ quel che ha scritto anche sul libro “Dalla parte di Jekyll: Manifesto per una buona destra”?
Diciamo di sì. Il libro è il tentativo culturale di sancire quella differenza. 10 capitoli brevi, leggeri, godibili, nei quali ho cercato di spiegare quali sono le differenze tra la destra estrema e quella moderata. Non tanto un manifesto filosofico ma un resoconto giornalistico da cui è nata quest’avventura politica
Perché sostenete Calenda a Roma?
Quanti socialisti sono ancora oggi di Forza Italia? Forza Italia è nata anche grazie all’apporto culturale e filosofico di tanti socialisti, eppure si è posizionata sempre a destra. Non poniamo confini. Una destra liberale per poter crescere deve avere possibilità di scelta e non obblighi. Le faccio un esempio. La destra gollista ha scelto Macron in Francia e non la Le Pen. Macron è un socialista riformista. La scelta con Calenda è un po’ la stessa. Poi c’è l’essenza amministrativa del voto romano che esula dal discorso nazionale. A me l’offerta di Calenda sembra più strutturata dal punto di vista dei programmi, dei contenuti, rispetto alle altre.
Impegni futuri?
L’impegno esiste ed è attivo. Due nostri iscritti sono nella lista di Calenda per Roma. Ci siamo. Con la nostra identità di uomini di destra moderata, noi ci siamo!
Tema immigrazione? Come vi ponete?
Tema complesso. Il fenomeno migratorio è molto complesso, non si può bypassare con un blocco navale come va farneticando la Meloni. Prendiamo la vicenda Afganistan, è più complicata di come la si pensi. I flussi migratori vanno gestiti con compostezza e umanità. Io credo che fino a quando non avremo un’Europa politicamente forte, superpotenza globale per intenderci, non riusciremo a vincere questa battaglia. Salvarli tutti non significa accoglierli tutti. L’umanità del salvataggio in mare non c’entra niente con i porti aperti. In millenni di civiltà europea che ci portiamo dietro un uomo in mare si salva sempre. Questa Europa non ha gli strumenti per prendere decisioni su questi temi forti perché non è uno stato federale. Il nocciolo è tutto qui. I flussi migratori esistono da sempre e sempre esisteranno. 200 mila ragazzi italiani all’anno emigrano in altri paesi. Anche noi italiani, come vede, facciamo parte di un flusso migratorio. Non è con l’egoismo che si risolvono i problemi. Non dimentichiamoci che i tedeschi hanno accolto un milione di siriani. Hanno fatto lo loro parte. Tutti la dobbiamo fare. Francia, Germania, Olanda, sono tutte nazioni più multietniche di noi. Ecco che il racconto sovranista non funziona. Berlino (altro esempio) è una città oggettivamente multietnica, sicuramente più di Roma. D’altronde la geografia italiana non si può cambiare. Siamo una penisola che si affaccia sul Mediterraneo e verso l’Africa del Nord. Porta d’ingresso è un conto, poi però molti non rimangono come vogliono farci credere alcuni politici anti immigrazione. Se ne vanno verso il centro e il nord Europa. Debbono essere prese decisioni strategiche affinché l’Italia sia più ricca, più produttiva. Serve un piano Europeo per i popoli in difficoltà, serve l’Europa unita!
Parliamo di Covid-19. Vaccini e green pass?
Vaccino assolutamente sì, idem dicasi del green pass. Questo “green” è un buon compromesso. Poi c’è chi si lamenta dei controlli nei luoghi di ristoro o altro. La solita minoranza rumorosa del Paese. I documenti servono per tutto ormai, anche per una bevanda ai minorenni al bar. Eppure nessuno si è mai lamentato. Negli hotel chiedono il documento, per affittare una macchina o un motorino lo stesso. E’ strumentale come polemica. Sono convinto che la maggioranza dei ristoratori lo fanno senza recriminare. Il green pass è uno mezzo di libertà e lavoro e la destra di governo, invece di scimmiottare decisioni così importanti, deve dimostrare coerenza e affidabilità e non soffiare continuamente sul vento dell’insoddisfazione. La verità sa qual è? Il problema non è green pass sì green pass no, questo i politici devono capirlo, è che stiamo vivendo in un mondo post americano. L’America non sarà più al centro di tutto. Altro che green pass. E lo ripeto fino alla noia. Ecco che devono entrare in campo gli Stati Uniti d’Europa, anche per ridurre lo strapotere cinese. A questo deve pensare la politica vera, sempre se è lungimirante, ma non mi sembra.
E Draghi? Come lo considera questo Premier?
Draghi è una grande occasione per l’Italia. Un’occasione di qualità umana e professionale. Draghi sì, certamente, però è indubbio che se un sistema politico ha bisogno dei veri Draghi è un sistema fallimentare. La Merkel è un politico. Noi non riusciamo ad esprimere un leader. Questa è la grave malattia italiana. Noi ci dobbiamo affidare ai Ciampi, ai Monti, ai Draghi. Affondiamo in un populismo trasversale, non si riesce a prendere decisioni strategiche per paura. Si rincorre solo il consenso ma una volta preso non si è in grado di decidere autonomamente, soprattutto nelle emergenze. Non dobbiamo seguire come assetati l’opinione pubblica, come peraltro ha fatto Biden negli Usa. Le persone scelgono i propri governanti ma poi i governanti debbono decidere e governare, talvolta senza guardare al consenso o al tornaconto personale.
D. Afghanistan?
Popolo occupato, illuso e tradito. Gli Stati Uniti se ne sono andati, ma il problema ora è il nostro. L’Europa non era negli accordi con i Talebani, adesso sarà costretta ad esserci. Gli Usa hanno commesso un errore imperdonabile. Se vuoi fare una guerra infinita per combattere il terrorismo non invadi una nazione. Fai un’operazione di polizia militare internazionale mirata, ma non entri nelle istituzione di un Paese per vendicare l’11 settembre e uccidere Bin Landen. E una volta fatto non puoi di certo permetterti di tornare sui tuoi passi. La storia non funziona così, alla ‘Scusate, arrivederci e grazie”