G7, i contenuti più significativi nelle chiacchierate informali

La vera novità di quest'anno è la presenza di Papa Francesco

di Enrico Passaro*
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G7 13 06 23
Politica

A Borgo Egnazia si ripete il rito del G7 tra fascino e bellezza del Sud. I Grandi delle democrazie occidentali tornano a vedersi in Italia dopo sette anni


 

Sono iniziati i lavori del G7 2024 a Borgo Egnazia in provincia di Brindisi. Ci si rivede in Italia dopo 7 anni. Per la verità si rivedono le cariche istituzionali, delle persone che ricoprivano gli incarichi di Capi di Stato o di Governo ne ritroviamo solo 2. L’ultima volta a Taormina, nel 2017, c’erano sì il Presidente Macron e il canadese Trudeau, ma tutti gli altri sono cambiati. Non ci sono più la tedesca Merkel (incredibile ma vero), lo statunitense Trump (per ora…), il giapponese Shinzo Abe (ahimè assassinato nel 2022), la britannica Teresa May (seconda donna primo ministro nel suo Paese dopo la Thatcher) e i due europei Donald Tusk (Consiglio Europeo) e Juncker (Commissione Europea), oltre naturalmente al nostro Paolo Gentiloni. Sono stati sostituiti rispettivamente da Olaf Scholz (Germania), Joe Biden (USA), Fumio Kiscida (Giappone), Rishi Sunak (Regno Unito), Charles Michel e Ursula von der Leyen (Istituzioni europee) e, naturalmente, Giorgia Meloni padrona di casa.

Le origini del G7 risalgono al 1975, anno del primo incontro tenuto a Rambouillet (Francia), al quale per la verità parteciparono in 6, escluso il Canada. Dal 1997 al 2013 si è trasformato in G8, con l’allargamento temporaneo alla Russia, per poi tornare nella formula a “7” dal 2014. L’Italia è stato Paese organizzatore per 7 volte: le prime due a Venezia, poi Napoli, Genova, l’Aquila, Taormina e ora Borgo Egnazia. Prima di questa edizione, Presidenti del Consiglio ospitanti sono stati Francesco Cossiga (Venezia 1980), Amintore Fanfani (Venezia 1987), Silvio Berlusconi (Napoli 1994, Genova 2001 e l’Aquila 2009), Paolo Gentiloni (Taormina 2017). Di ciascuno di questi momenti rimane un ricordo speciale: la bellezza infinita della città lagunare, il miracoloso maquillage del capoluogo partenopeo con le splendide immagini della Reggia di Caserta che ospitò la cena ufficiale, gli orrendi fatti di violenza di Genova, la repentina decisione di ospitare i leader mondiali a L’Aquila nell’immediato dopoterremoto, lo scenario naturale dell’affascinante Taormina.

Il cerimoniere che scrive ha ricordi delle edizioni dell’Aquila e di Taormina. Il primo passò alla storia per la repentina decisione di Berlusconi di trasferire il summit dalle previste spiagge della Maddalena alla città abruzzese disastrata dal terremoto. Il logo disegnava un’immagine di tartarughe marine in omaggio al mare della Sardegna, ma l’ambientazione reale era quella dei monti abruzzesi e delle rovine del capoluogo. Quel luogo di lutto, di funerali solenni per le vittime del sisma, di emergenza, di direzione operativa della protezione civile per gestire il dopoterremoto, divenne palcoscenico internazionale, con una palestra trasformata in una suggestiva sala plenaria per le riunioni dei leader, gli alloggi degli allievi della Scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza destinati all’ospitalità delle delegazioni, l’auditorium attrezzato come sala per le conferenze stampa e l’area dei servizi e degli uffici trasformata in sala stampa.

Nel recinto del vertice circolavano nelle macchinette elettriche in dotazione Nicolas Sarkozy, Gordon Brown, Dmitrij Medvedev, Barak Obama e la solita Angela Merkel, ma anche gli ospiti aggiunti, come Mubarak (senza nipote), lo spagnolo Zapatero, il turco Erdogan (anche lui oggi ancora ben saldo al suo posto) e il leader libico Gheddafi. Di quella edizione rimarranno impresse le visite dei leader fra le rovine del centro storico e in particolare l’immagine di Berlusconi e Obama davanti ai resti della prefettura della città.

Barack Obama e Silvio Berlusconi a L'Aquila nel 2009

Dalla distruzione aquilana si passò sette anni dopo allo splendore mediterraneo di Taormina, con una foto ufficiale scattata all’interno del teatro greco. Nell’occasione il borgo storico del centro etneo fu praticamente messo sotto sequestro dall’organizzazione e dalle esigenze di sicurezza. Tutta la cittadinanza fu dotata di badge, molti esercizi commerciali preferirono chiudere nei giorni dell’invasione, ma fu una grande festa di accoglienza e partecipazione. La scelta siciliana nasceva dalla volontà governativa (idea di Renzi realizzata da Gentiloni) di esporre al mondo una grande capacità organizzativa e ricettiva, oltre alla straordinaria bellezza, impiantata in un piccolo comune del Mezzogiorno. Per significare che il Sud sa stare al passo coi tempi, sa presentarsi sui principali scenari del pianeta, sa ammaliare il mondo con il suo fascino, la profondità culturale, i meravigliosi paesaggi. Pensate all’immagine delle Frecce Tricolori che risalgono dal mare e sfrecciano vicinissime alla collina taorminese, e tutti i leader col naso all’insù ad ammirare lo spettacolo dalle terrazze dell’Hotel San Domenico, sede del vertice.

Oggi, sette anni dopo, il G7 è tornato nel Sud d’Italia, fra gli ulivi e le masserie pugliesi. La tradizionale foto di famiglia è passata dagli scorci di panorama proiettati nel blu profondo del mare e la severa sagoma dell’Etna ad un più semplice sfondo di alberelli ed un solido tronco di ulivo, in uno scenario altrettanto suggestivo. In questi giorni è in corso un incalzante programma tra i grandi del mondo di turno, con riunioni plenarie intorno a un tavolo tondo ricoperto di rustica essenza pregiata, pranzi e cene ufficiali (una è offerta tradizionalmente dal Presidente della Repubblica), gran lavorio per gli sherpa, incontri bilaterali nelle pause, foto ufficiali e incontri con la stampa. Fra i leader, sorrisi e pacche sulle spalle per dimostrare che si è grandi amici e foto, tante foto improvvisate, per arricchire il book delle relazioni. I contenuti più significativi emergeranno nelle chiacchierate apparentemente informali, più che nei bilaterali e nelle sedute plenarie ingessate e cronometrate. Tra un aperitivo e una battuta ci si apparta per pochi minuti e si affronta a quattr’occhi un argomento importante e delicato, alla ricerca di un’intesa su cui poi le diplomazie si metteranno al lavoro. Non mancano i temi scottanti, dalle guerre in corso (è arrivato anche Zelensky), al cambiamento climatico, in uno scenario indubbiamente condizionato dal recente voto europeo e dalle aspettative intorno alle prossime votazioni sparse per il mondo, tra cui primeggia quella per eleggere il futuro Presidente degli Stati Uniti.

Ma la grande novità di quest’anno è che il 14 giugno sarà ricordato come una data storica nelle agende del G7, perché per la prima volta partecipa papa Francesco. Nell’arco di circa 8 ore il pontefice ha in programma un intervento nella sessione comune e una decina di incontri bilaterali. La volontà degli organizzatori è quella di coinvolgerlo sul tema dell’intelligenza artificiale, ma certamente gli argomenti che più stanno a cuore a Sua Santità sono quelli della pace e della povertà. Siamo certi che con il suo stile inequivocabile non ricorrerà ad inutili e diplomatici giri di parole con i suoi interlocutori.

Oltre quindi che per la presenza del papa, forse di questo G7 di Borgo Egnazia si ricorderà soprattutto l’ambientazione tipica del nostro Mezzogiorno che si conquisterà il suo spazio da protagonista. Niente a che vedere con i tanti capannoni anonimi e improvvisati nei quali negli altri Paesi hanno onorato in passato l’impegno di ospitare eventi analoghi. E allora non vorrà sembrare partigianeria se, su 50 edizioni di questo tipo di vertice multilaterale, è difficile riscontrare altrettanta bellezza ed emozione, pari a quelle prodotte nel nostro bello Stivale.

*già responsabile dell'Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le Onorificenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri che ha visto sfilare a Palazzo Chigi ben sette premier, da Silvio Berlusconi a Mario Draghi, passando per Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte.