Germania: effetto Spd, la sinistra rilancia il proporzionale

Intervista di Affari a Fornaro (Leu): "La legge elettorale torni in testa all'agenda". Un blocco liberale in Italia? "Renzi e Calenda non sono federatori"

di Paola Alagia
Federico Fornaro
Lapresse
Politica
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La Spd primo partito, crescono i Verdi – anche se meno dei pronostici della vigilia -, ma la sinistra radicale (la Linke) esce a pezzi da questa tornata elettorale in Germania. Che lezione se ne può trarre in Italia? Affaritaliani.it ne ha parlato con Federico Fornaro, capogruppo di Leu alla Camera. Intervistato dal nostro giornale, il deputato di Liberi e uguali dice subito: “Senza fare forzature, da queste elezioni emerge che un’alleanza progressista in Italia che si fondi sulla valorizzazione del lavoro, la lotta alla precarizzazione e uno sforzo per la transizione ecologica può essere realmente competitiva con una destra sovranista come la nostra”.  In Germania, però, c’è anche un blocco liberale abbastanza forte tant’è che l’editorialista Stefano Folli su Repubblica, guardando alla Penisola pensa che un ruolo simile potrebbe essere svolto da Italia viva se si fondesse con altre formazioni di area come +Europa o Azione di Carlo Calenda. Tesi che Fornaro invece non condivide: “Per federare - taglia corto - serve un federatore e né Renzi e né Calenda mi pare abbiano tra le tante doti politiche, anche questa”.

Fornaro, partiamo proprio dalla pesante sconfitta della Linke. Come se la spiega?
Si tratta di una sconfitta chiara e netta. Con il 4,9% quasi dimezza il 9,2% del 2017. Tra l’altro, in un quadro di tenuta dell’affluenza che addirittura cresce di uno 0,4.  Non si può quindi dire che ci sono stati elettori in fuga verso l’astensione. E’ evidente che esce rafforzato l’approccio più gradualista di una sinistra socialdemocratica rappresentata dalla Spd che qualcuno, anche in Italia, aveva già dato troppo presto per morto.

Probabile che ci sia stato un travaso di voti dalla Linke alla Spd. Non le pare?
E’ presto per dirlo. Bisogna aspettare analisi più raffinate. Credo comunque che occorrerà anche valutare da dove siano arrivati i voti in aumento dei Verdi. Al momento quello che possiamo dire è che ci sono due vincitori sul campo: la Spd - che torna alle dimensioni del 2013, dopo aver toccato il fondo nel 2017 – e appunto i Verdi. Di contro la Linke subisce una doppia sconfitta. Non raggiunge lo sbarramento e potrà entrare in Parlamento solo grazie alla vittoria in tre collegi uninominali, ma senza poter costituire un gruppo parlamentare. Si tratta di un handicap molto significativo.

La Cdu/Csu comunque è la seconda formazione.
I cristiano-democratici in realtà sono i grandi sconfitti, soprattutto se leggiamo i risultati in sequenza: erano al 41,5 nel 2013, al 33 nel 2017 e ora si fermano al 24,1. Oggettivamente, pagano il prezzo più alto della grande coalizione.

Che lezione può trarre l’Italia?
Sarei cauto su questo, ma per una ragione molto semplice: ogni nazione ha la sua storia. La Germania è un altro paese, i partiti lì sono costituzionalizzati, strutturati e finanziati. Ecco, fatta questa premessa, una prima lezione è che abbiamo bisogno di partiti veri e non personali.

E la seconda?
Che la socialdemocrazia, data per morta, grazie alla sua gradualità ha mostrato vitalità. In sintesi: una sinistra socialdemocratica di cambiamento e attenta alla questione ambientale vince.

Un po’ il profilo del cantiere per il 2023 che vi vede impegnati insieme a Pd ed M5s?
Senza fare forzature, da queste elezioni emerge che un’alleanza progressista in Italia, fondata sulla valorizzazione del lavoro, la lotta alla precarizzazione e l’impegno sulla transizione ecologica può essere competitiva con una destra sovranista come la nostra.

Non è un po’ esagerata l’esultanza, soprattutto del Pd, di fronte all’affermazione della Spd, dal momento che i liberali sono dietro l’angolo?
Credo sia giusto dare un giudizio rispetto al fatto che la Spd sia tornata ad essere il primo partito tedesco. Detto questo, poi, è chiaro che le alleanze si costruiranno in Parlamento. Allo stato attuale, il leader Spd parte con un vantaggio, ma se altri troveranno la quadra per una maggioranza, potrebbero superarlo.

In quest’ultimo caso i liberali della Fdp potrebbero avere un peso importante. Non proprio una situazione auspicabile per l’Italia, visto il loro orientamento rigorista.
Il risultato delle elezioni in Germania pone un tema di cambio di paradigma. In generale, è impensabile che i cristiano democratici propongano una stagione di totale austerità. Rispetto alle politiche europee, poi, tra i partiti tedeschi c’è molta più assonanza di quel che si vede. E’ chiaro, comunque, che se cancelliere fosse socialdemocratico l’approccio sarebbe diverso. Ma è davvero prematuro parlarne.

Guardando sempre all’Italia, il nodo legge elettorale resta. E di sbocchi non se ne vedono all’orizzonte.
Non c’è dubbio che la riforma del sistema di voto debba tornare in testa all’agenda politica. Il taglio dei parlamentari deve essere accompagnato da una legge elettorale proporzionale. Lo ripetiamo da quando col Pd iniziammo questa campagna. Poi, i proporzionali possono contenere dei correttivi per la stabilità e uno di questi è il premio di maggioranza. Ma bisogna ricordare anche quanto ha sentenziato la Corte costituzionale e cioè che il livello di alterazione della proporzionalità deve essere contenuto.

E quindi?
Dunque, se non si trovasse un’intesa su un proporzionale classico con sbarramento al 4% si potrebbe studiare un premio, evitando che possa portare una determinata coalizione a livelli tali da consentirle di modificare la Costituzione in solitudine.  Così come bisogna tenere presente la forte richiesta di soluzioni in grado di consentire ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti e non di trovarsi di fronte a liste bloccate. Sono tutte questioni da non richiudere in un cassetto. Partendo da un presupposto.

Quale?
Che l’accoppiata taglio dei parlamentari e Rosatellum porta a una compressione inaccettabile della rappresentanza politica e territoriale.