Giordano Bruno Guerri e quella stoccata alla Meloni sullo spoil system

Lo storico ha detto in una recente intervista: "Se sostituisci un bravo avversario con un amico inetto ti giochi una fetta di credibilità"

Di Giuseppe Vatinno
Politica

Giordano Bruno Guerri punzecchia la Meloni

Giordano Bruno Guerri è uno dei pochi intellettuali collocato nell’area di destra. È nato nella rossissima Siena da una famiglia sostanzialmente proletaria che gli impartì una educazione cattolica, nonostante il nome che porta del frate domenicano non molto gradito in Oltretevere. La famiglia si trasferì a Milano dove lui si iscrisse a Lettere moderne alla Cattolica e siamo all’inizio degli anni ’70 dello scorso secolo, ancora con la rivolta studentesca del ’68 in atto ed in cui si manifestavano le prime avvisaglie di quello che poi sarebbe diventato il terrorismo, sia di destra che di sinistra.

Si mantenne agli studi come correttore di bozze prima alla Garzanti e poi alla Bompiani, redigendo un testo, “Norme grafiche e redazionali” ancora usato.  Nel 1974 si laureò con una tesi sul gerarca fascista Giuseppe Bottai che fu anche governatore di Roma e fondatore di una rivista apprezzata dallo stesso Mussolini, “Critica fascista” e poi del quindicinale “Primato” in cui si cimentarono le promesse intellettuali (dopo la guerra molti passarono al PCI) dell’epoca. Fu ministro dell’educazione nazionale imprimendo una forte impronta culturale sul regime fascista. Nel 1976 Guerri pubblica la sua tesi di laurea con il titolo “Giuseppe Bottai, un fascista critico” ed in seguito la biografia di Galeazzo Ciano, “L’arcitaliano. Vita di Curzio Malaparte” e infine un saggio su Italo Balbo. I quattro lavori costituiscono la cosiddetta quadrilogia fascista.

Altre biografie rilevanti sono state quelle su Gabriele D’Annunzio e Filippo Tommaso Marinetti. In gioventù vicino a posizioni radicali e liberali si è mostrato comunque uno spirito critico e non facilmente catalogabile. Nel 1985 il primo grande successo di Guerri con il libro “Povera santa, povero assassino. La vera storia di Santa Maria Goretti”. Direttore non giornalista di “Storia Illustrata” lo divenne proprio grazie alla direzione che gli valse da praticantato. Il suo successo fu clamoroso e portò la rivista da 60.000 a 150.000 copie facendogli ottenere il ruolo di direttore editoriale in Mondadori.

Interessato alla sintesi tra cultura umanista e scientifica diresse la prestigiosa Fondazione Bordoni dal 2003 al 2008. Fu direttore de “l’Indipendente” nel 2004 per poco più di un anno e fu sostituito per aver aperto la prima pagina con un aforisma considerato indelicato anche se vero: “Nessun cazzo è duro come la vita”. Dal 1984 collabora con “Il Giornale” come opinionista. Dal 2008 è presidente e poi anche direttore generale della Fondazione Vittoriale degli Italiani che è la casa do Gabriele D’Annunzio a Gardone Riviera. Rinnovato dall’allora ministro Franceschini fino al 2021. Ora ha un terzo mandato che scade nel 2026. Nel 2022 il Vittoriale ha superato i 260.000 visitatori, 19.000 in meno del 2019, anno record, ma 100.000 in più del 2021, chiaro segno di robusta ripresa.

“La Verità” l’ha intervistato e GBG si è tolto qualche sassolino dalle scarpe, ma sempre con garbo e ironia. Infatti, dopo la vittoria del centro – destra e dati i suoi studi storici sul fascismo, era stato dato come possibile ministro della Cultura, nomina poi svanita all’ultimo momento. Il suo giudizio sull’attuale governo è interlocutorio:  “Due mesi sono pochi, eppure leggo già molti giudizi taglienti. All'inizio un governo, per di più nato nelle condizioni che sappiamo, si deve organizzare com' è capitato a tutti gli esecutivi. La mia prima sensazione è positiva, Giorgia Meloni mi sembra solida ed essenziale. D'altra parte ravviso la tendenza a un conservatorismo che non mi piace”.

Alla domanda su un possibile ritorno del fascismo con la Meloni risponde: "Il fascismo è un fenomeno storico morto e sepolto. Credo che nessuno ai vertici di Fratelli d'Italia lo rimpianga. Piuttosto, ci potrebbe essere un ritorno al conservatorismo di Dio, patria e famiglia che non è una formula propria del fascismo, ma tipica anche dei governi democristiani. Personalmente penso che converrebbe puntare energie e risorse in altre direzioni".

E poi quella che è stata vista come una punzecchiatura sulla qualità della classe dirigente del governo sull’occupazione dei posti chiave: "L’esempio americano di spoil system è limpido e nessuno si scandalizza. Piuttosto deve esserci attenzione affinché vengano scelti uomini di qualità perché se sostituisci un bravo avversario con un amico inetto ti giochi una fetta di credibilità". Insomma, un discorso equilibrato, come è nello stile di Guerri, ma che non risparmia avvertimenti e critiche sulla gestione del potere da parte della Meloni.
 

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