Meloni spera nei dazi Usa e nel boom della destra in Germania. Solo così sarà lei la leader Ue

Santanchè pronta a saltare se... Caramanna al Turismo

Di Alberto Maggi
Politica

Le mosse della premier tra politica interna e internazionale

Giorgia Meloni aspetta. Aspetta pazientemente tre eventi chiave per il futuro suo e soprattutto del suo ruolo da presidente del Consiglio sia in Italia, politica interna, sia all'estero, politica internazionale e soprattutto europea.

Il primo punto per la premier e leader di Fratelli d'Italia è l'attesa di quanto accadrà alla ministra del Turismo Daniela Santanchè sull'inchiesta sull'Inps, in caso di un secondo rinvio a giudizio - considerato nel partito "più grave" di quello sulla vicenda Visibilia - verrà chiesto immediatamente un passo indietro e quindi le dimissioni da membro del governo. Una sorta di sospiro di sollievo da parte di Meloni che non gradisce affatto il profondo e forte malumore nel suo stesso partito per il "caso Santanchè". Sul sostituto non ci sono dubbi.

Tutti assicurano che sia già pronto, e stia già studiando da ministro, il responsabile Turismo di Fratelli d'Italia Gianluca Caramanna. Quindi nessun rimpasto ma una rapida sostituzione come quella tra Sangiuliano e Giuli alla Cultura.

Ma i fronti che interessano maggiormente la premier, che non sono certo il caso Almasri all'indomani dell'informativa dei ministri Nordio e Piantedosi in Parlamento, sono sostanzialmente due: i probabili dazi degli Stati Uniti di Donald Trump all'Unione europea e le elezioni in Germania del prossimo 23 febbraio. Sul fronte delle cosiddette tariffe e della guerra commerciale paradossalmente la premier si augura che il tycoon tiri dritto e imponga davvero i dazi contro Bruxelles e il Vecchio Continente.

Il motivo? Semplice. In questo modo lei, Meloni, unica presente il 20 gennaio all'inaugurazione del nuovo presidente Usa a Washington potrebbe svolgere in pieno il ruolo di pontiere tra le due sponde dell'oceano atlantico. Nessun altro, certo non Emmanuel Macron o il dimissionario Olaf Scholz, potrebbero svolgere il ruolo di ricucire i rapporti Ue-Usa. In tutto ciò, i dazi Usa, darebbero una forza enorme a Meloni perché Ursula von der Leyen, consapevole degli ottimi rapporti della premier con Trump, si rivolgerebbe proprio al nostro capo del governo per trattare e mediare con la Casa Bianca.

L'altro grande dossier è quanto accadrà in Germania. A Palazzo Chigi la speranza è che Friedrich Merz, leader dei cristiano-democratici della Cdu-Csu, sicuro vincitore delle elezioni per il Bundestag, non abbia i numeri per governare con i social-democratici dell'Spd del cancelliere uscente Scholz, dato nei sondaggi in caduta libera. L'obiettivo di FdI e della sua leader è che a Berlino i conservatori siano costretti ad aprire, oborto collo, all'estrema destra dell'Afd che (almeno lo sperano nel partito della premier) quasi certamente risulterà essere il secondo partito in Germania dietro proprio la Cdu-Csu, considerando anche che mettere insieme un governissimo cristiano-democratici, Spd e Verdi sarà praticamente impossibile.

L'ingresso, eventuale e tutto da verificare, dell'estrema destra al governo in Germania darebbe alla presidente del Consiglio la forza di poter giocare il suo ruolo a Bruxelles in quanto Fratelli d'Italia, membro principale dei Conservatori Riformisti di ECR, non ha nulla a che fare con il gruppo di estrema destra al quale appartiene Afd al Parlamento europeo (che è ancora più a destra perfino dei Patrioti di Lega e Marine Le Pen). E quindi Meloni, in questo scenario a Berlino, sarebbe di nuovo in prima fila anche in Europa per non far prevalere troppo le istanze della destra tedesca e per rassicurare i partner europei. Ruolo che solo una leader di destra, moderata e con un governo stabile, può svolgere e non certo altri come le sinistre o i liberali di Macron.

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