Giustizia: la riforma Cartabia è davvero "equilibrata" come dice Spataro?

La ‘Cartabia’, come il berlusconiano “processo breve”, interviene sugli effetti e non sulle cause

di Giacomo Costa
Politica
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L’articolo pubblicato su La Stampa del 12 Luglio dal Procuratore Armando Spataro merita la nostra più scrupolosa attenzione per la sua indipendenza di giudizio e fedeltà ai principi costituzionali, dimostrate in decenni di condotta competente e coraggiosa contro diversi nemici del nostro Stato. E che nel suo scritto contro ogni aspettativa egli si ponga a difesa della ‘riforma Cartabia’ deve non costernarci, ma rendere più tesa la nostra attenzione.

La ragione principale della nostra costernazione è che la ‘Cartabia’, come il berlusconiano “processo breve”, interviene sugli effetti e non sulle cause, e pare basato sulla credenza che con la mera promulgazione di “tempi brevi”, e cioè limiti alla durata dei processi in Appello e Cassazione, sia possibile ottenere il risultato desiderato, che è, ricorda Spataro, “la riduzione del 25% dei tempi della giustizia penale”.

Ma nessuno crede veramente a questa magia. Per i processi incompiuti è stata approntata l’improcedibilità, che agisce come una ripresa della prescrizione, e che se ne differenzierebbe solo se facesse salva la sentenza di primo grado, un’osservazione che manca nell’articolo del dott. Spataro. Il ripromesso taglio del 25% nella durata dei processi a quale percentuale di dichiarazioni di improcedibilità darebbe luogo? Il dott. Spataro non si pone esplicitamente questo problema, ma sembra ritenere che sarebbe una percentuale tollerabile.

Questo è forse ciò che ha capito anche il titolista del suo articolo, che ha coniato la formula riassuntiva di “giusto equilibrio tra processi rapidi e garanzie”, che forse significa “giusto equilibrio tra rapidità e improcedibilità”.

Ora, tra le cause della lunghezza dei processi, il dott. Spataro sorprendentemente non lo ricorda, c’è l’affollamento di quelli oltre il primo grado. E tra le cause di tale affollamento, vi sono “le manovre dilatorie degli avvocati per evitare le condanne dei loro più danarosi assistiti”, come dice, ma più in generale la circostanza che agli imputati conviene sempre inoltrarsi nei gradi successivi del processo.

Conveniva prima per tentare di ottenere l’assoluzione, e in mancanza di quella la prescrizione (se non ricordo male Berlusconi è otto volte prescritto) e converrà ora per ottenere l’improcedibilità, dato che con essa si intende cancellare la sentenza di primo grado. Questi istituti sono, se non accuratamente filtrati, cause del loro stesso abuso. Il dott. Spataro respinge con un certo sdegno queste considerazioni sostenendo che “è offensivo per l’intera classe forense generalizzare l’abuso mirato di strumenti dilatori, come per i giudici che non sappiano disinnescare tali strumenti”, ma io temo che questo argomento ignori la realtà così ben descritta nel suo libro La giustizia ingiusta, 2005, dal compianto Gerardo d’Ambrosio: il nostro c.p.p. mette nelle mani di un difensore abile e fantasioso infinite risorse dilatorie, pienamente legittime. E nello sterminato esercito dei nostri avvocati penalisti, non mancheranno quelli che sapranno servirsene con successo.

Altre cause sono “il deficit di organico (di magistrati e di personale amministrativo) e di strutture”, e ci si sarebbe potuti aspettare che un governo apolitico come l’attuale qui si concentrasse piuttosto che sull’impianto del processo penale: sull’“assestamento delle strutture informatiche e delle procedure digitali”, dei cui effetti sulla durata dei processi non sembrano esservi stime quantitative, ma che potrebbero essere rilevanti. Se lo fossero, la reintroduzione della prescrizione sarebbe accettabile, ma non più necessaria.

Uno slogan che circola, e che forse è stato rilanciato dalla Cartabia stessa, è che la sua ‘riforma’ ci viene richiesta dagli organi dell’Unione Europea, che invece si erano espressi con favore sulla legge Bonafede.

Anche il dott. Spataro riprende questo tema: “Quanto all’obiettivo della riduzione del 25% dei tempi della giustizia penale previsto con l’approvazione del PNRR, con la connessa aspettativa di beneficiare dei fondi europei, è chiaro che può essere conseguito solo con la preventiva fissazione e conoscenza dei tempi per concludere comunque un processo, come recentemente affermato anche in una sentenza della nostra Corte Costituzionale". 

Ma come abbiamo visto sopra “la preventiva fissazione” ottenuta producendo una legge che non affronti le cause e magari renda improcedibili il 25% dei processi non accontenterà nessuno. Ci renderebbe solo ridicoli in Europa e nel mondo. Un buon piano sull’“assestamento delle strutture informatiche e delle procedure digitali”, e magari il ridisegno delle circoscrizioni giudiziarie, potrebbe farlo.

Fin qui mi sono soffermato sui punti dell’articolo del dott. Spataro che suscitano perplessità. Su altri aspetti della ‘Cartabia’, l’idea berlusconiana che il p.m. “deve chiedere l’archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentono una ragionevole previsione di condanna”, e l’attribuzione al Parlamento di criteri che fissino le priorità nei reati da perseguire, egli esprime le critiche penetranti che ci si sarebbero aspettate da lui.