Governo, Meloni irritata per le liti Tajani-Salvini e le divisioni in FdI. Ritrovare l'unità o elezioni a inizio primavera. Inside
Ultimatum della premier: stop a scontri e sgambetti o...
Matteo Salvini - Giorgia Meloni - Antonio Tajani.
La premier sa che in Parlamento non ci sono i numeri per un altro esecutivo tecnico senza FdI e che il Presidente Sergio Mattarella, in caso di crisi, questa volta manderà subito il Paese alle urne
Così non si può andare avanti. E non si deve andare avanti. Il segnale che arriva da Palazzo Chigi agli alleati di governo ma anche a fette importanti di Fratelli d'Italia è netto e chiaro: basta liti sui giornali (e non solo) e sgambetti in Parlamento o, subito l'approvazione della Legge di Bilancio per il prossimo anno, già a gennaio Giorgia Meloni potrebbe lei stessa staccare la spina dell'esecutivo e mandare il Paese al voto presentandosi da sola e senza Forza Italia e Lega per chiedere agli italiani una sorta di pieni poteri.
D'altronde la premier sa perfettamente che in Parlamento non ci sono i numeri per un altro esecutivo tecnico senza FdI e che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in caso di crisi, questa volta manderà subito il Paese alle urne sciogliendo le Camere.
I contrasti nella maggioranza sono noti. Ultimi casi ieri con Forza Italia che ha mandato sotto il Centrodestra sulla conferma del taglio del canone Rai a 70 euro e poi la ritorsione della Lega che con l'astensione ha affossato un emendamento azzurro sulla sanità in Calabria. Guarda caso proprio la regione di Roberto Occhiuto che ha guidato la crociata interna alla maggioranza per fermare l'autonomia regionale differenziata.
E il tutto avviene mentre sulla manovra 2025 le visioni sono ancora diverse con Forza Italia che chiede di usare i soldi del concordato fiscale per ampliare la platea dei beneficiari del taglio dell'Irpef e il Carroccio che invece punta ad aiutare le partite Iva estendendo la Flat Tax. Senza dimenticare lo scontro che ancora ha lasciato scorie sulla tassazione degli extra-profitti delle banche, osteggiato dagli azzurri per evitare di colpire anche Mediolanum e quindi i Berlusconi.
E sempre in tema di istituti di credito anche l'Ops di Unicredit su BancoBpm fa litigare FI e Lega con gli azzurri che sono per il libero mercato e il partito di Matteo Salvini che vuole usare il Golden Power e la Banca d'Italia per fermare Orcel e far andare avanti il progetto di terzo polo bancario tutto italiano con la fusione tra BancoBpm e Monte dei Paschi di Siena risanato con fatica dallo Stato.
Il tutto con le divisioni internazionali sullo sfondo. La Commissione Ursula bis ha avuto il sì convinto di Forza Italia, l'ok di FdI solo perché Raffaele Fitto è vice-presidente esecutivo e il no secco della Lega insieme agli Patrioti Ue. Per non parlare delle differenze nella maggioranza sull'arrivo di Trump alla Casa Bianca e sul sostegno anche militare all'Ucraina che piace sempre meno alla Lega.
Ciliegina sulla torta la lite tutta interna al partito della presidente del Consiglio tra i ministri Crosetto e Giuli sulla conferma di Evelina Christillin al vertice della Fondazione del Museo Egizio di Torino.
A Palazzo Chigi quello che non vogliono assolutamente Meloni e Fazzolari è questo "spettacolo" di una maggioranza litigiosa e divisa che va avanti tra sospetti e ripicche in Parlamento. Quindi il segnale della Presidenza del Consiglio è forte: o si ritrova coesione e si va avanti uniti, escludendo l'ipotesi rimpasto tranne la sostituzione di Fitto e forse di Santanché (per motivi diametralmente opposti) oppure meglio ognuno per la propria strada ridando la parola ai cittadini.
In definitiva Meloni ha sempre detto che fa la premier per cambiare l'Italia e non per occupare una poltrona. Se si riesca a continuare a farlo con il programma del 2022 votato dai cittadini, trovando i giusti compromessi, bene, altrimenti tutti al voto a inizio primavera con Fratelli che da sola punterà almeno al 40%.
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